A parlare di “effetto farfalla” fu il fisico Edward Lorenz. Per descrivere la dipendenza degli eventi nella teoria del caos, Lorenz disse che, in un sistema, piccole variazioni nelle condizioni iniziali di un evento (come appunto il battito d’ali di una farfalla) potevano produrre grandi variazioni sui risultati a lungo termine (un uragano dall’altra parte del pianeta).
Quanto sta avvenendo in questi giorni nel canale di Suez dimostra che aveva ragione.
La Ever Given è una nave portacontainer con 220.000 tonnellate di stazza, lunga un quarto di miglio e larga 59 metri, con 16 metri di profondità sotto la linea di galleggiamento. Può trasportare quasi 20.000 container anche se, per governarla, bastano una ventina di persone. É una delle navi più grandi e moderne del mondo. Eppure, martedì scorso, la Ever Given si è arenata sul fondale sabbioso del Canale di Suez a causa pare di un evento banale, una folata di vento. Un incidente che ha generato una serie di effetti a catena impressionanti. La nave si è intraversata incagliandosi sul fondale del Canale di Suez e bloccando il passaggio che consente il transito di merci, materie prime, semilavorati, gas e petrolio tra Europa e Asia. Un traffico che, nel 2019, ha visto passare attraverso questa stretta lingua di mare evitando di circumnavigare l’Africa oltre 19.000 navi, con quasi 1,25 miliardi di tonnellate di merci. Il commercio internazionale dipende ormai dal trasporto via mare di merci, semilavorati e materie prime. Come molte altre promesse ambientaliste, il famoso “km zero” si è rivelato una mera chimera: la stragrande maggioranza dei beni (e delle fonti energetiche) necessari ai mercati e agli abitanti dei paesi sviluppati o in via di sviluppo viaggiano avanti e indietro per i mari di tutto il pianeta. Viaggi che “devono” essere sempre più veloci e brevi (per tenere bassi i costi generali). Meno strada si fa, meglio è (sia in termini di costi di trasporto che di tempi).
Per questo motivo, oggi il Canale di Suez è un passaggio strategico: il 12% del commercio marittimo mondiale passa attraverso la lunga striscia di mare che unisce Oceano Indiano e Mar Mediterraneo. Ed è per questo che l’impossibilità di viaggiare lungo questa “autostrada del mare” potrebbe avere conseguenze globali. Rimorchiatori e draghe stanno lavorando alacremente per spostare la nave incagliata sui banchi di sabbia del Canale. Ma l’operazione potrebbe richiedere settimane: “Anche se crediamo e speriamo che la situazione si risolva a breve, ci sono alcuni rischi di rottura della nave”, ha scritto ieri Marko Kolanovic di JPMorgan. “In questo caso, il canale resterebbe bloccato per un lungo periodo di tempo, il che potrebbe comportare interruzioni significative del commercio globale, tariffe di spedizione alle stelle, ulteriore aumento delle materie prime energetiche e un aumento dell’inflazione globale”. C’è anche chi ha parlato di un aumento del rischio di attacchi agli impianti petroliferi a causa della maggiore vulnerabilità della catena di approvvigionamento energetico e delle tensioni regionali. Un duro colpo per la catena di approvvigionamento globale dopo un 2020 caratterizzato da ritardi, carenze e riduzioni dei prezzi a causa della pandemia di coronavirus. I ritardi delle spedizioni potrebbero ritardare gli ordini online cresciuti esponenzialmente durante la pandemia. Potrebbero verificarsi ritardi nella fornitura di ricambi per il settore dell’elettronica. E problemi nel rifornire alcune catene alimentari e per le scorte di energia. Di conseguenza anche i prezzi del gas potrebbero aumentare. “Il blocco dei container del Canale di Suez potrebbe colpire le catene di approvvigionamento globali e aumentare i prezzi data la domanda repressa”, hanno detto gli analisti di JPMorgan in una nota di ricerca giovedì.
In attesa che si liberi il passaggio, alcune navi avrebbero deciso di utilizzare rotte diverse, ma questo comporterebbe tempi di viaggio più lunghi e ulteriori ritardi. Secondo Peter Sands, chief shipping analyst presso l’associazione di armatori Bimco, le compagnie stanno ancora aspettando la riapertura del canale, “ma si stanno lentamente spostando verso il secondo piano di emergenza se il ritardo dovesse prolungarsi per altri quattro o cinque giorni”. C’è sempre il rischio che la nave incagliata si rompa: in questo caso, il canale sarebbe bloccato per un lungo, lunghissimo periodo di tempo. Cosa che comporterebbe interruzioni significative del commercio globale, tariffe di spedizione alle stelle, ulteriore aumento delle materie prime energetiche e un aumento dell’inflazione globale. Ritardi e maggiori costi di trasporto che potrebbero far aumentare i tempi di spedizione anche del 30%.
Ma non basta. Tra il 5% e il 10% di tutto il petrolio trasportato via mare passa attraverso il canale di Suez. Secondo alcune stime, l’incidente avrebbe già interrotto il transito di una decina di petroliere che trasportavano 13 milioni di barili di petrolio. Ogni nave dirottata avrà un ritardo di circa 15 giorni sulla propria tabella di marcia. L’incidente della Ever Given ha avuto conseguenze immediate anche sul prezzo del petrolio: appena diffusa la notizia del blocco del canale di Suez, il prezzo del petrolio è schizzato in alto e i contratti future a un mese del benchmark internazionale Brent Crude hanno fatto registrare il più grande guadagno di un giorno in quasi un anno chiudendo a $64,41. Con ripercussioni a catena in diversi settori: alcune delle navi trasportano carburante per gli aerei, con conseguenze rilevanti per il trasporto aereo già in crisi a causa della pandemia! Anche il prezzo dell’elettricità potrebbe risentirne. Il canale è punto di transito di circa l′8% del gas naturale liquefatto (GNL) globale: un’interruzione prolungata potrebbe influire anche sul mercato europeo.
“L’impatto immediato dei ritardi nel canale si concentrerà sul commercio europeo – asiatico, aggiungendo ritardi alle catene di approvvigionamento già interrotte che interessano le forniture di petrolio e prodotti raffinati”, ha scritto mercoledì in una nota al cliente Joanna Konings, economista senior di ING.
A beneficiare da questa situazione potrebbero essere le navi di trasporto asiatiche, che, nonostante i costi più elevati potrebbero riuscire a strappare tariffe più elevate per i trasporti. Secondo gli analisti di Bank of America: “Una chiusura di Suez di poche settimane sarebbe molto positiva per le tariffe di nolo – rimuovendo efficacemente l’offerta aggiungendo il 20-30% alla distanza di navigazione via Capo di Buona Speranza”.
L’incidente potrebbe avere effetti geopolitici rilevanti. I rischi e le vulnerabilità dell’area cresceranno. Il blocco del Canale di Suez potrebbe causare un aumento del rischio di attacchi contro petroliere e infrastrutture energetiche nel Golfo Persico e nel Mar Rosso.
Uno scenario che dimostra la fragilità della rete di trasporti su cui si basano gli scambi a livello mondiale. Una prova di una vulnerabilità peraltro già nota. A confermarlo i ricercatori dell’Università di Plymouth: “Il 90% del commercio mondiale viene trasportato via mare. Come consumatori, raramente pensiamo molto a come le cose che acquistiamo si fanno strada attraverso il pianeta e nelle nostre case. Fino a quando un incidente come il recente incaglio di un’enorme nave portacontainer, la Ever Given, nel Canale di Suez non mette in luce le debolezze di questo sistema globale”. Glie sperti di sicurezza marittima “spesso simulano incidenti come quello della Ever Given per comprendere le probabili conseguenze a lungo e breve termine. Questo evento è quasi identico a qualcosa di cui abbiamo discusso nell’ultimo mese, poiché rappresenta uno scenario quasi peggiore per il Canale di Suez e per gli effetti a catena sul commercio globale”.
Studi che dovrebbero servire a prevenire il ripetersi di tali eventi. Il canale di Suez è uno dei corsi d’acqua più importanti del mondo e collega il Mar Mediterraneo con il Mar Rosso e le rotte marittime verso l’Asia. Aperto nel 1869, dal 2014 ha subito interventi rilevanti per aumentarne la capacità giornaliera da 49 a 97 navi entro il 2023. Nel 2015, sono stati completati i lavori di espansione del canale per consentire il passaggio di navi come l’Ever Given che si è arenata poco più a sud della nuova porzione del canale. Elemento critico è l’irregolarità delle sponde del canale: se l’incidente fosse avvenuto solo pochi chilometri più in basso, verso il porto di Suez, dove finisce lo stretto, la nave si sarebbe incagliata non su sabbia ma su un fondale roccioso che avrebbe potuto causare danni ben più gravi allo scafo e rendere più difficili le operazioni di salvataggio.
Le navi che attraversano il Canale di Suez sono obbligate a utilizzare piloti egiziani per navigare nel tratto. Al momento dell’incidente a bordo della nave si trovavano due piloti dell’autorità del canale egiziano. Secondo le prime ricostruzioni, l’incidente potrebbe essere stato causato da una raffica di vento che avrebbe trasformato i container sul ponte in una vela e spinto la nave fuori rotta, ha detto Jamil Sayegh, un ex capitano e specialista di diritto marittimo con esperienza nella navigazione del canale: “La forza generata dal vento avrebbe involontariamente alterato la direzione della nave”.
Una semplice folata di vento che avrebbe causato un danno stimato in 9,6 miliardi di dollari al giorno (è questo il valore del traffico marittimo bloccato al canale di Suez). É questa la stima del danno fondata sui “rozzi calcoli” somma del valore del traffico diretto al Mediterraneo (5,1 miliardi di dollari al giorno) e di quello destinato all’Asia (4,5 miliardi) da Lloyd’s List, specializzata in notizie relative alla navigazione.
Un danno miliardario causato dal battito d’ali di una farfalla…