Su Mario Paciolla ancora nessuna verità. Il 33enne napoletano, cooperante della Missione di Verifica delle Nazioni Unite in Colombia, era stato trovato impiccato lo scorso 15 luglio nel suo appartamento a San Vicente del Caguán, Bogotà.
Un mese fa La Voce di New York ha chiesto le conclusioni dell’indagine interna avviata dalle Nazioni Unite, ma il portavoce del Segretario Generale, Stéphane Dujarric, aveva risposto che l’ONU stava “lavorando con le autorità italiane e colombiane” “per rendere le informazioni disponibili”. Una risposta che continua rimanere vaga ancora oggi. Un silenzio che sa di “omertà”, abbiamo precisato, ponendo nuovamente la medesima domanda. Ma anche di fronte a questa scossa, l’ONU ha ripetuto il suo copione. Quando insistendo abbiamo chiesto di rispondere sulla chiusura della loro indagine almeno con un semplice, “sì o no”, il portavoce ha affermato “magari potessi rispondere in questo modo alle domande che mi fanno; il briefing sarebbe molto più breve…”. Alla fine ha affermato: “La nostra collaborazione con le autorità italiane e colombiane sta continuando”.
A più di sette mesi dalla morte di Paciolla, viene da chiedersi: la famiglia avrà mai giustizia? Pochi giorni fa, Il Manifesto ha riportato le parole di Anna Motta, la mamma del volontario: “Mario è stato ucciso quattro ore dopo aver fatto un biglietto di ritorno in Italia. Lui stava scappando dalla Colombia perché probabilmente è stato testimone di qualcosa che non andava bene”.
Il giovane stava progettando la sua fuga da San Vicente del Caguán e avrebbe voluto portare con sé anche Ilaria Izzo, la sua ex fidanzata, ma lei non voleva lasciare il paese sudamericano. Ascoltata dalle autorità, la Izzo ha raccontato l’ossessione di Mario: “Nelle ultime telefonate piangeva, temeva di essere intercettato e pedinato”. La sera prima di morire le aveva confessato che lei era stata “la donna della sua vita”.

Il profondo stato di agitazione del cooperante ONU era stato confermato anche dalla giornalista e amica, Claudia Julieta Duque con un servizio su El Espectador. Nella sua lettera-articolo, la reporter colombiana ha descritto il rapporto “travagliato” tra Mario e i suoi superiori della Missione ONU, spiegando che per lui non era più sicuro restare.
Nelle indagini delle autorità colombiane però, la sua morte è stata descritta come un suicidio. Ad ottobre, la rivista Semana ha pubblicato l’esito dell’autopsia effettuata dai medici colombiani, confermando l’ipotesi che Mario si sarebbe tolto la vita impiccandosi nella sua casa.
La procura di Roma ha invece aperto un’indagine per omicidio. Sono diversi i sospetti che metterebbero in discussione la perizia colombiana, a partire dalle superficiali ferite da taglio riportate sui polsi, al debole solco sul collo lasciato dal cappio. Sotto esame anche il comportamento di Christian Leonardo Thompson Garzón, responsabile della sicurezza della Missione ONU in Colombia, che per primo aveva ritrovato il corpo senza vita di Mario, ordinando di ripulire l’abitazione in ore cruciali per l’indagine.