Il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Sudan, Babacar Cisse, insieme ai capi locali dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’UNHCR, il Programma alimentare mondiale (WFP), il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, l’UNICEF e il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), si sono incontrati per valutare la situazione nei campi profughi del Paese. Il Tigray si trova nel nord dell’Etiopia e gli scontri sono scoppiati all’inizio di questo mese a seguito della denunciata presa di potere di una base militare, spingendo il Primo Ministro Abiy Ahmed a lanciare un’offensiva il 4 novembre.
Secondo il portavoce delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric, circa 4.000 persone al giorno stanno fuggendo in Sudan, e molte famiglie e bambini dormono all’aperto. Il gruppo delle Nazioni Unite, con il governo del Sudan, sta lavorando per garantire che le persone non rimangano nei centri di accoglienza per più di due giorni prima di essere trasferite in strutture più adeguate nei campi profughi. La missione ha visitato l’Hamdayet Reception Center, che ospita quasi 16.000 persone, e a Um Raquba camp, che attualmente ospita 4.440 rifugiati etiopi. Il campo può ospitare 10.000 persone, mentre il centro di accoglienza viene ampliato per ospitarne di più. L’ONU sta anche individuando siti ulteriori in modo che i rifugiati possano allontanarsi dal confine e ricevere aiuti e servizi essenziali. Ma Dujarric ha affermato che la preoccupazione principale ora è l’igiene, e pertanto è necessario concentrandosi sul tentativo di prevenire la diffusione del coronavirus.

Pochi giorni fa, anche vicesegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi di emergenza, Mark Lowcock, aveva espresso la sua preoccupazione “per l’evoluzione della situazione umanitaria” e l’UNHCR ha anche lanciato un appello di raccolta fondi di emergenza.
Henrietta Fore, Direttrice Esecutiva dell’UNICEF, ha rilasciato un messaggio riguardo alla crisi di rifugiati etiopi, durante il briefing del 19 Novembre, affermando che “Da quando il conflitto armato è scoppiato nella regione del Tigray in Etiopia all’inizio di questo mese, quasi 30.000 persone hanno cercato rifugio nel vicino Sudan. L’UNICEF stima che circa 12.000 bambini – alcuni dei quali senza genitori o parenti – siano tra coloro che trovano rifugio nei campi e nei centri di registrazione e sono a rischio”. Le condizioni per questi bambini sono estremamente dure. L’UNICEF sta lavorando con gli altri partner per fornire con urgenza il supporto salvavita necessario, inclusi servizi sanitari, nutrizionali, idrici, igienico-sanitari. Con più di 200.000 persone che ci si aspetta attraverseranno il confine nei prossimi giorni e settimane, un ulteriore supporto è fondamentale per soddisfare le crescenti esigenze. Inoltre, all’interno della regione del Tigray, l’accesso limitato ed il continuo blackout delle comunicazioni hanno messo in difficoltà circa 2,3 milioni di bambini bisognosi di assistenza umanitaria.

Henrietta Fore ha specificato che “anche prima dell’attuale escalation, almeno 54.000 bambini vivevano nei campi profughi della regione e 36.000 erano sfollati interni a causa di disastri naturali e violenza armata. Altre migliaia di persone sono state sfollate nelle ultime settimane. “Siamo particolarmente allarmati dai tassi di malnutrizione nella regione. La malnutrizione è aumentata di un terzo tra il 2019 e il 2020, in gran parte a causa dell’infestazione di locuste del deserto e del COVID-19. Sono preoccupata per il fatto che, senza un accesso umanitario sostenuto, molti più bambini saranno a rischio poiché le forniture di cure per la malnutrizione nella regione dureranno solo fino a dicembre. Tutte le parti in conflitto dovrebbero astenersi dall’uso di armi esplosive in aree popolate e dovrebbero proteggere le infrastrutture civili essenziali come scuole, strutture sanitarie e impianti idrici e igienico-sanitari” ha detto la Direttrice Esecutiva dell’UNICEF Fore.
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