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September 24, 2020
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Tra gli USA e la Cina ancora scintille per il Covid19 al Consiglio di Sicurezza ONU

L'ambasciatrice americana Kelly Craft ribadisce le accuse: "sono disgustata". L'ambasciatore cinese Jun: "incolpare gli altri non risolverà i vostri problemi”

Alessandra LoierobyAlessandra Loiero
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A sinistra l'ambasciatrice degli Stati Uniti all'ONU Kelly Craft, a destra l'ambasciatore cinese all'ONU Zhang Jun

Time: 4 mins read

Doveva essere un briefing di alto livello sulla governance globale post-Covid19, e invece, la riunione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, oggi, è diventata l’ennesimo teatro di battibecchi e scontri tra Cina e Stati Uniti.

Nella settimana della 75° Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, martedì, aveva accusato la Cina per la reticenza sulla pandemia, e prima di introdurre il presidente cinese Xi Jinping, l’ambasciatore alle Nazioni Unite Zhang Jun aveva rigettato tali accuse.

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Kelly Craft

Oggi, nuovamente, l’ambasciatrice degli Stati Uniti Kelly Craft, le ha ribadite e riprendendo le parole del presidente Trump ha detto: “la nazione responsabile che ha scatenato questa piaga nel mondo è la Cina. La decisione di nascondere le origini di questo virus e minimizzarne il pericolo ha trasformato un’epidemia locale in una pandemia globale”. “Quelle azioni costano centinaia di migliaia di vite in tutto il mondo”.

Si è subito definita disgustata, e aggredendo i membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha detto: “Sento vergogna per ciascuno di voi”. Mi vergogno davvero di questo Consiglio”.

Poi, con aggressività ha accusato nuovamente l’Organizzazione mondiale della sanità, definendola “corrotta”. La sua “reputazione è a brandelli, dopo che l’OMS ha supportato la campagna cinese a mentire al mondo. Ad oggi, gli scienziati non hanno ancora una comprensione completa delle origini, delle caratteristiche e della diffusione del virus”.

La mancanza di trasparenza e responsabilità sono i motivi per cui il presidente Trump ha deciso il ritiro degli Stati Uniti dall’OMS. “Continueremo a chiedere la riforma di tale organizzazione mentre spostiamo le nostre risorse per sostenere altri partner più credibili”.

L’ambasciatrice Kelly Craft ha anche approfittato della riunione di alto livello per rinfacciare “gli implacabili sforzi” degli USA per combattere Covid-19, “sia in patria che all’estero”. “Ad oggi, abbiamo stanziato più di 20 miliardi di dollari a beneficio della risposta internazionale, compresi impegni per lo sviluppo di vaccini, terapie e infrastrutture mediche”. “Questo finanziamento”, sottolinea, “fornito da generosi contribuenti americani, sta salvando vite in oltre 120 paesi in tutto il mondo”. “Gli Stati Uniti hanno contribuito con più di 900 milioni di dollari alla risposta delle Nazioni Unite”, e poi scredita le misere cifre degli altri paesi, “permettetemi di citarne solo alcuni: Niger, $4,6 milioni, Sud Africa, $8,4 milioni, Indonesia, $5 milioni, Vietnam, $9,5 milioni, Tunisia, $600.000”.

Nell’incontro al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’ambasciatore cinese Zhang Jun non ha perso l’occasione per respingere nuovamente le accuse americane. Puntando più che a sostenere la superiorità della Cina, a screditare gli Stati Uniti nel suo abile discorso diplomatico, ha più volte lodato l’implacabile Dragone sotto la guida del Partito Comunista Cinese, seppur mai esprimendolo apertamente.

Giocando sul consenso generale dei membri del Consiglio in favore del multilateralismo e della cooperazione, l’ambasciatore cinese Zhang Jun ha detto che gli Stati Uniti “emettono suoni in contrasto con l’atmosfera della riunione”. Ha definito alcuni politici statunitensi “ossessionati dall’attaccare gli altri”. “Gli Stati Uniti hanno diffuso disinformazioni politiche, creando scontro e divisione”.

L’ambasciatore cinese ribadisce che con questi approcci, “non si può sconfiggere il virus”, e sottolinea come “sotto la guida del Partito Comunista Cinese, il popolo cinese si è unito nella lotta contro il virus”, mentre gli Stati Uniti hanno fallito nel gestire Covid-19. “E’ totalmente colpa loro” afferma.

Poi fa parlare i numeri per sottolineare la grande differenza tra le due potenze: “Gli Stati Uniti hanno quasi 7 milioni di casi confermati e oltre 200.000 decessi”.

Di nuovo, trova occasione per confrontarsi con la potenza americana, ridicolizzandola: “Con le tecnologie e i sistemi medici più avanzati al mondo, perché gli Stati Uniti si sono rivelati le vittime?” E rincara la dose: “molti paesi colpiti dalla pandemia nello stesso periodo hanno già contenuto il virus, perché gli Stati Uniti non sono riusciti a farlo?”

cina-usa-onu-un-guerra-freddaE prosegue: “Prima di puntare il dito sugli altri, forse i politici statunitensi dovrebbero dare risposte oneste a queste domande”. “Gli Stati Uniti dovrebbero capire che incolpare gli altri non risolverà i loro problemi”.

La Cina sottolinea come gli Stati Uniti siano sempre più isolati dalla comunità internazionale. “È ora di svegliarsi! Quello che gli Stati Uniti devono fare è fermare la manipolazione politica, smettere di etichettare o politicizzare il virus”.

Poi un tentativo di dare agli USA una lezione di umiltà: “Per essere un buon leader, bisogna dare l’esempio… Per essere un buon leader, bisogna promuovere la cooperazione internazionale, bisogna rispettare, unire tutti e valorizzare la buona fede e l’uguaglianza, piuttosto che imporre con forza sanzioni, creare divisioni e intimidire gli altri”.

Infine, con l’atteggiamento di chi non vuole ‘una guerra fredda o calda’, ha detta di Xi, l’ambasciatore cinese Zhang Jun ha concluso con una frase da diplomatico paludato: “Ci auguriamo che gli Stati Uniti, in quanto paese più potente del mondo, tornino sulla retta via del rispetto reciproco e della cooperazione”.

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Alessandra Loiero

Alessandra Loiero

Laureata all’Università Cattolica di Milano interfacoltà di Scienze Politiche e Sociali e Scienze Linguistiche e Letterature Straniere. Per la Voce di New York si occupa di Nazioni Unite e Politica Estera. Attualmente frequenta il corso di specializzazione in Geopolitica presso la Scuola di Limes. Alessandra earned an interdisciplinary degree from the Catholic University in Milan, in the faculties of Political and Social Sciences and Linguistic Sciences. Her work for La Voce di New York deals with the United Nations and Foreign Policy. She is currently attending a postgraduate course in Geopolitics at the Limes School.

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