Fayez al-Sarraj (a capo del Consiglio di Presidenza ed Primo Ministro del Governo di Accordo Nazionale – GNA) e Aguila Saleh Issa (Presidente della Camera dei Rappresentanti nella Libia orientale) hanno annunciato un cessate il fuoco in tutta la Libia il 21 agosto scorso. La mossa è stata accolta con favore da molti Paesi, e per il primo ministro di Tripoli, implicherebbe la smilitarizzazione della città costiera di Sirte e della base aerea di al-Jufra.
Stephanie Williams, il capo della Missione UNSMIL delle Nazioni Unite in Libia, mercoledì 2 settembre, ha dunque esortato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a premere per un immediato allentamento delle tensioni e un ritorno ai negoziati. “La Libia è ad una svolta decisiva. Il vostro sostegno, non solo a parole, ma soprattutto in azione, determinerà se il paese cadrà nuovamente nel caos o progredirà verso un futuro più prospero” ha detto rivolendosi ai membri del Consiglio di Sicurezza.

Un bambino corre tra i detriti e le macerie nel centro di Bengasi, in Libia.
Le ingerenze in Libia
La situazione di stallo continua intorno alla città di Sirte, mettendo a repentaglio la vita dei suoi 130.000 abitanti e le infrastrutture petrolifere del paese, “che costituiscono la sua linfa vitale economica”. Mentre le linee del fronte sono rimaste relativamente tranquille da giugno, paesi stranieri continuano a fornire armi e attrezzature all’Esercito nazionale libico (LNA), o forze armate arabe libiche, guidate dal generale Khalifa Haftar e le forze controllate dal GNA riconosciuto a livello internazionale. Stephanie Williams ha lamentato che la continua presenza di mercenari e agenti stranieri, “costituisce un’allarmante violazione della sovranità della Libia”, ma non solo, è anche “una palese violazione dell’embargo sulle armi delle Nazioni Unite e degli impegni assunti dai partecipanti alla Conferenza di Berlino”.
Il Segretario dell’ONU Antonio Guterres, già a luglio aveva denunciato le ingerenze straniere in Libia.
Covid-19 in Libia
“L’instabilità è ulteriormente aggravata da condizioni socioeconomiche degradate, che alimentano disordini popolari e minacciano la fragile calma necessaria per far avanzare le discussioni politiche e sulla sicurezza”. La pandemia COVID-19 sembra andare fuori controllo e provoca un effetto destabilizzante sulla popolazione. “Il numero di casi confermati è più che raddoppiato nelle ultime due settimane, con 15.156 casi e 250 decessi registrati al 1 ° settembre”. Stephanie Williams, capo di UNSMIL, fa notare che la gestione della pandemia è limitata dalla frammentazione delle istituzioni del settore sanitario, dall’estrema carenza di forniture mediche e di lavoratori, oltre che dalla carenza di fondi.

I migranti e rifugiati
“Le Nazioni Unite e i nostri partner sono in prima linea nel supportare le autorità nazionali, attraverso la fornitura di forniture sanitarie e dispositivi di protezione individuale” ha assicurato. “Dall’inizio dell’anno le organizzazioni umanitarie hanno raggiunto più di 243.000 persone con assistenza.
“Sono preoccupata per il fatto che migranti, rifugiati e richiedenti asilo continuano a tentare di attraversare il Mediterraneo, con un grande rischio per le loro vite”. Il 17 agosto, un’imbarcazione che trasportava 80 persone è affondata, provocando la morte di 45 persone, di cui 5 bambini. “Più di 7.000 migranti e rifugiati hanno tentato questa traversata quest’anno, più di 300 dei quali sono morti” ha riportato Stephanie Williams, capo della Missione UNSMIL delle Nazioni Unite.
“La Libia non può essere considerata un porto sicuro per lo sbarco. Molti migranti e rifugiati che sono stati intercettati in mare sono stati rimpatriati in Libia e posti in detenzione. Al 21 agosto, quasi 2.400 migranti e rifugiati si trovano nei centri di detenzione ufficiali in Libia, dove sono regolarmente soggetti a gravi violazioni dei diritti umani. Molti altri si trovano in siti non ufficiali a cui l’ONU non ha accesso”.

“La Libia si avvicina al completo collasso dopo oltre 9 anni di conflitto”
Dal 2011, dopo la caduta del regime e la morte del dittatore Muammar Gheddafi, la Libia vive in un grande clima di instabilità interna e non è mai riuscita ad effettuare una transizione democratica. Il governo di Fayez al-Sarraj rappresenta l’unico esecutivo riconosciuto dalle Nazioni Unite e a sopportare il peso di questa sofferenza sono i civili.
Il dilagare della pandemia, le ingerenze straniere e la fuga dei civili sono elementi che stanno producendo un terreno fertile per disordini sociali in tutto il paese. Lo status quo è insostenibile. In Libia si verifica un incitamento all’odio e alla violenza, alle volte suscitata dai media stranieri, che “sembra progettata per dividere ulteriormente i libici, aumentare la polarizzazione e lacerare il tessuto sociale del paese a scapito di una soluzione libica”.
Per questo “l’UNSMIL accoglie con favore la nomina da parte dell’Alto Commissario per i diritti umani dei tre membri della Missione di accertamento dei fatti indipendente sulla Libia. Non vediamo l’ora di collaborare con loro e di assisterli nell’adempimento della loro missione”.
“La democrazia deve essere protetta”
“A Ghat, il 18 agosto, l’affluenza relativamente alta registrata nelle elezioni municipali, nonostante i vincoli legati al COVID-19, hanno dimostrato la determinazione dei libici a esercitare i loro diritti per eleggere i loro rappresentanti”.
“È fondamentale che usiate la vostra influenza per convincere tutte le parti che ora è il momento di moderarsi”, ha detto Stephanie Williams, capo della Missione UNSMIL delle Nazioni Unite in Libia.

Le posizioni dei membri del Consiglio di Sicurezza
I membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno accolto con favore la dichiarazione del 21 agosto del Primo Ministro libico e Presidente della Camera dei Rappresentanti che chiede il cessate il fuoco, la smilitarizzazione, la ripresa delle operazioni nel settore petrolifero e il ritorno ai colloqui politici guidati dalle Nazioni Unite.
“Queste dichiarazioni libiche rappresentano la speranza del popolo libico” ha detto l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU Kelly Craft.
“Ci opponiamo a qualsiasi schema che pretenda di dividere la Libia, occuparla o imporre una soluzione politica esterna ai libici”. “Per essere chiari,” ha continuato l’ambasciatrice americana Kelly Craft “gli Stati Uniti si oppongono a tutte le interferenze militari straniere in Libia”. “Non c’è posto per mercenari stranieri” e poi attacca, “incluso il gruppo delegato del ministero della Difesa russo Wagner, che sta combattendo a fianco e a sostegno delle forze dell’LNA”.
L’ambasciatore della Federazione Russa, Vassily Nebenzia, ha respinto qualsiasi accusa di interferenza russa, affermando: “Non un solo militare russo è attualmente in Libia”.
Kelly Craft, ambasciatrice americana, si è poi detta sbalordita dalle “fosse comuni a Tarhouna” e ha accolto con favore le nomine di tre membri della missione d’inchiesta in Libia che aiuteranno a trovare coloro che hanno commesso violazioni e abusi dei diritti umani.
Ha poi concluso, affermando che “gli Stati Uniti credono che il processo di pace avrà successo nel paese, ma solo quando le parti esterne al conflitto smetteranno di alimentare il conflitto e sosterranno il processo di pace guidato dalle Nazioni Unite”.
L’ambasciatore del Regno Unito Jonathan Allen ha affermato che “la situazione in Libia è una delle più difficili che questo Consiglio di Sicurezza abbia mai affrontato” e “noi abbiamo fallito”, ha detto. Jonathan Allen ha poi sottolineato l’importanza della revoca totale del blocco petrolifero, in vigore da gennaio.
Anche l’ambasciatore francese alle Nazioni Unite Nicolas De Riviere, ha riconosciuto che le dichiarazioni del 21 agosto di Fayez Sarraj e Aguila Saleh costituiscono un passo positivo. “Chiediamo agli attori libici e internazionali di fare tutto il possibile in questa direzione, cessando le ostilità e impegnandosi in buona fede a sostenere questi sviluppi” ha continuato. “Le forze straniere devono ritirarsi dalla Libia. Queste ingerenze non sono accettabili e a questo proposito condanniamo le interferenze e le violazioni dell’embargo sulle armi”.
La Francia invita inoltre le parti a proseguire i loro sforzi per consentire la ripresa al più presto possibile della produzione di petrolio e l’allocazione trasparente dei ricavi.
L’ambasciatore francese ha poi precisato che sono passati quasi sei mesi da quando Ghassan Salamé si è dimesso, e “il posto vacante della mediazione delle Nazioni Unite non può durare più a lungo”.

Ghassan Salamé era l’inviato ONU per la Libia e nemmeno lui era riuscito a portare ordine nel paese. Salamé sarebbe stato vittima di “doppi giochi e tradimenti” da parte del Consiglio di Sicurezza, e dopo aver abdicato al suo ruolo, ha accusato le Nazioni Unite di non essere più in grado di svolgere il ruolo per cui sono state create. L’ex presidente tedesco del Consiglio di Sicurezza Christoph Heusgen gli aveva dato ragione, ma sosteneva che le Nazioni Unite non potevano rimanere con le mani in mano. Anche l’ambasciatore della Libia Taher Al-Sunni, stanco dei doppi giochi, aveva precedentemente affermato che è difficile fidarsi delle intenzioni della comunità internazionale, poiché “il Consiglio di Sicurezza è diventato solo un’arena di argomenti e dichiarazioni vuote”.
Nicolas De Riviere ha poi concluso affermando che “per consentire alle Nazioni Unite di svolgere pienamente il loro ruolo in Libia”, la Francia sostiene il Regno Unito, che “attualmente sta negoziando un ambizioso rinnovo di un anno del mandato UNSMIL”.
L’incontro con Luigi Di Maio
Intanto il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, martedì 1 settembre, è volato in Libia accompagnato dal sottosegretario Manlio Di Stefano. Diversi i dossier sul tavolo, tra cui i progetti annunciati nell’accordo firmato nel 2008 tra Gheddafi e l’allora Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, che riguardavano l’aeroporto internazionale della capitale e la cosiddetta “autostrada per la pace”, che non sono mai state completate a causa della fine del regime del dittatore.
L’Italia sostiene il processo politico in corso di una pace duratura, poiché qualora la Libia piombasse in una nuova sanguinosa guerra produrrebbe ancora più flussi migratori verso le coste italiane.
Nell’incontro si è discusso anche della cooperazione economica tra i due paesi, poiché per Di Maio la Libia è un attore importante e cruciale per l’Italia per far fiorire gli scambi commerciali nel Mediterraneo, ma è fondamentale anche per i rischi legati al terrorismo, a cui la Libia è collegata. Si è parlato di opportunità, scambi economici e investimenti per le imprese italiane, dove potrebbero fare la differenza investendo nell’edilizia, energia e tecnologia, consentendo anche lo sviluppo sociale del paese. L’obiettivo sarebbe quello di portare il Made in Italy nel mondo, partendo dai paesi più vicini.
Al-Sarraj ha affermato che “le imprese italiane sono le benvenute”.
La voce di Abdou Abarry del Niger
Durante la conferenza stampa di martedì 1 settembre, in occasione della nomina dell’ambasciatore Abdou Abarry del Niger come nuovo presidente del Consiglio di Sicurezza per il mese di settembre, il direttore di La Voce di New York, Stefano Vaccara, gli ha chiesto cosa cercherà di fare per la Libia durante questo mese, considerato che il suo è un paese confinante (video sotto al minuto 40.50)
L’ambasciatore Abdou Abarry ha risposto che la situazione in Libia “ è diventata molto complessa”. “La Libia è un paese con donne, uomini e bambini che soffrono”, non hanno accesso al sistema sanitario, e i bambini non lo hanno nemmeno all’istruzione; questo viola diritti umani di base. Inoltre l’embargo sulle armi non viene rispettato e la presenza di mercenari in Libia ha alimentato la confusione con i paesi vicini, ma ora gli abitanti della Libia non vogliono più la guerra, ma chiedono solo la pace. L’inviato speciale ha lasciato la Libia a marzo, in coincidenza con l’inizio del COVID-19. Sono in corso intense consultazioni in seno al Consiglio di Sicurezza per consentire la nomina di un nuovo inviato che possa contribuire a promuovere un processo politico e forgiare il consenso internazionale. “La questione non può essere risolta senza un contesto multilaterale”, ha detto.