Sono forti le dichiarazioni al Palazzo di Vetro dell’ONU del Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, che ha accusato gli alleati europei di “schierarsi con gli ayatollah” dopo che si sono rifiutati di sostenere Trump a imporre nuovamente sanzioni contro l’Iran.
Giovedì il governo del primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, in una dichiarazione congiunta con Francia e Germania, ha affermato che gli Stati Uniti non possono utilizzare misure “snapback” per reimporre le sanzioni, poiché non fanno più parte dell’accordo nucleare. Per questo, il segretario di Stato americano Mike Pompeo è andato su tutte le furie: “Nessun paese tranne gli Stati Uniti ha avuto il coraggio di proporre una risoluzione. Hanno scelto di schierarsi con gli ayatollah”, ha affermato.

L’ambasciatore iraniano all’ONU, Majid Takht-Ravanchi, ha affermato che il tentativo degli Stati Uniti “è illegittimo”, “gli Stati Uniti vogliono creare un diritto auto-arrogato che non esiste”, poiché non sono più un Paese “partecipante” all’accordo. Secondo l’Iran la mossa americana è solo un tentativo di tornare sui suoi passi, poiché ha fallito nella sua idea di provocare un cambio di regime nella Repubblica islamica.
Secondo l’amministrazione Trump, Teheran avrebbe violato i termini dell’accordo JCPoA del 2015, noto come accordo sul nucleare iraniano. È un accordo internazionale sull’energia nucleare in Iran, raggiunto tra l’Iran, i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti) più la Germania e l’Unione europea.
In base all’accordo, l’Iran ha accettato limiti alla sua attività nucleare per i successivi 13 anni e ha garantito di arricchire l’uranio solo al 3,67%. In cambio, del rispetto dei suoi impegni, Regno Unito, Francia, Germania, Russia e Cina hanno revocato le sanzioni economiche contro l’Iran imposte dagli USA, dall’UE e dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, a causa del suo programma nucleare.

La centrale nucleare di Busher in Iran
L’8 maggio 2018 l’amministrazione Trump, ha annunciato unilateralmente l’uscita degli USA dall’accordo, rilanciando le sanzioni economiche contro l’Iran al fine di indurre il regime a cessare la propria attività in Siria, dove sostiene il governo di Bashar al-Assad, costruendo anche basi missilistiche, ritenute un pericolo da Israele; in Libano dove fornisce supporto militare alla milizia terroristica sciita Hezbollah; in Yemen dove sostiene l’opposizione nella guerra civile.
Le azioni americane sono state fortemente criticate dall’UE in quanto l’Iran non aveva mai violato i termini dell’accordo, ma a seguito dell’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani in un raid statunitense ordinato dal presidente americano Donald Trump, e a seguito dell’inefficacia dell’UE nel contrastare le sanzioni americane, il 5 gennaio 2020, l’Iran ha annunciato che avrebbe ripreso l’arricchimento dell’uranio in base alle sue esigenze tecniche, senza tener più conto delle restrizioni.
Il 5 agosto scorso, il Segretario di Stato USA, Mike Pompeo, aveva dichiarato che gli Stati Uniti erano pronti a presentare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una risoluzione contro l’Iran riguardante l’estensione dell’embargo sulle armi, in scadenza il 18 ottobre prossimo. Nel caso in cui l’embargo non fosse stato esteso, Washington aveva minacciato di imporre ulteriori sanzioni, ai sensi di quel procedimento concordato con il patto del 2015, in cui gli Stati Uniti risultano essere ancora tra i partecipanti, nonostante si siano ritirati. La scorsa settimana l’ONU ha bocciato la mozione USA. Indignata la reazione di Pompeo che ha affermato: “l’incapacità di agire con decisione in difesa della pace e della sicurezza internazionale è imperdonabile”. Il rischio è che dalla fine dell’embargo, l’Iran potrebbe avere nuovamente la possibilità di vendere, trasferire o ricevere armi convenzionali da altri Paesi, incluse Russia e Cina; e potrebbe essergli consentito di acquistare sistemi di armi avanzate, come aerei da combattimento e carri armati.
Durante la conferenza all’ONU, Mike Pompeo, rispondendo alla domanda della giornalista dell’ANSA Valeria Robecco (minuto 7.30), fa riferimento ad un documento del Dipartimento di Stato dell’amministrazione Obama, che gli avevano mandato quando era ancora un membro del Congresso nel 2015. Questo documento giustificherebbe la sua attuale posizione. Il Segretario di Stato americano Pompeo ha spiegato che la risoluzione 2231 è completamente indipendente dal JCPoA, e ha consigliato di leggere i paragrafi da 10 a 12. In quel documento, del 19 novembre 2015, c’era scritto che nel PACG (Piano d’azione congiunto globale) e nel suo allegato c’erano esplicitati tutti gli impegni presi dall’Iran e che avrebbe dovuto rispettare nei confronti degli Stati Uniti. Se l’Iran avesse rotto questi impegni, gli Stati Uniti avrebbero potuto revocare sia le sanzioni unilaterali che quelle dell’ONU. Mike Pompeo sottolinea che la risoluzione 2231 dà a ciascuno degli stati partecipanti il diritto di eseguire snapback. “So che russi e cinesi cercheranno di offuscare quanto scritto, usando le loro tattiche di disinformazione… Nessuna risoluzione può essere modificata unilateralmente da alcun paese, né dall’Iran, né dalla Russia, né dalla Cina, né dagli Stati Uniti. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza possono essere modificate solo da successive risoluzioni”. Mike Pompeo assicura: “Queste risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite torneranno in vigore tra 31 giorni e gli Stati Uniti le applicheranno con vigore”.

Per gli Stati Uniti, l’Iran rappresenta una minaccia, poiché destabilizza la regione.
Dopo l’ennesimo “no” da parte degli alleati, Pompeo ha dichiarato: “L’America non si unirà a questo fallimento della leadership”. “L’America non si placherà. L’America guiderà”.

Soltanto l’Ambasciatore di Israele presso le Nazioni Unite, Gilad Erdan, sembra voler preservare il suo indissolubile legame con gli USA. Erdan e Pompeo, si sono incontrati venerdì 21 agosto. Anche l’Ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Kelly Kraft, e l’inviato speciale degli Stati Uniti per l’Iran, Brian Hook, hanno partecipato all’importante incontro.
L’ambasciatore Erdan ha espresso il pieno sostegno di Israele all’ONU per ripristinare le sanzioni internazionali contro il regime iraniano. Erdan ha osservato che “invece di imporre all’Iran sanzioni paralizzanti che freneranno le ambizioni omicide del regime, il Consiglio di Sicurezza sta fuggendo dalla sua missione e dal suo mandato, e sta aprendo la strada a un Iran nucleare che minaccerà l’intera comunità globale. L’UE deve abbandonare il sostegno che, in effetti, sta prestando agli ayatollah in Iran. Israele è saldamente con gli Stati Uniti e farà tutto il possibile per aiutare il governo degli Stati Uniti a fermare le attività e le aspirazioni maligne dell’Iran”.