La Corte penale internazionale, CPI-ICC, ha autorizzato oggi l’ apertura di un’indagine su presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nel contesto del conflitto armato in Afghanistan, anche da parte delle forze militari e di intelligence statunitensi. “Il pubblico ministero è autorizzato ad avviare indagini in merito a presunti crimini commessi sul territorio dell’Afghanistan nel periodo dal 1° maggio 2003”, ha dichiarato il giudice Piotr Hofmański.
Gli Stati Uniti d’America avevano iniziato ad attaccare i talebani accusandoli di aiutare Osama Bin Laden, responsabile dell’attacco del settembre 2001 alle torri gemelle. Una guerra durata 18 anni e che ha causato finora oltre 100.000 vittime civili con oltre 35.000 morti tra i quali migliaia e migliaia di bambini ogni anno (e questo solo dal 2009, da quando le Nazioni Unite hanno iniziato a documentare sistematicamente il numero di morti tra i civili). A questo si aggiungono almeno 2.300 morti tra i soldati statunitensi.
Diversi i presidenti che si sono succeduti alla Casa Bianca in tutto questo tempo. Alcuni si sono vantati di aver vinto la guerra (come George W. Bush). Altri hanno promesso di porre definitivamente fine alla guerra (come Barack Obama). Ma nessuno ha mai mantenuto le promesse fatte agli americani e al mondo intero. Neanche l’uccisione di Osama Bin Laden per mano di un commando degli USA era bastato a calmare la voglia di “fare la guerra”. Almeno fino a qualche giorno fa quando a Doha, in Qatar, gli Stati Uniti d’America e i Talebani hanno firmato un accordo (quasi un armistizio). Molti hanno visto questa manovra come legata più a motivazioni politiche a stelle strisce e alle elezioni in corso che ad una reale voglia di scrivere la parola fine su questa guerra.
Ma della guerra in Afghanistan si parlerà ancora a lungo. A deciderlo è stata la CPI che ha avviato una procedura nei confronti degli USA: l’ufficio del procuratore capo Fatou Bensouda ha stabilito che esiste una base ragionevole per ritenere che membri delle forze armate degli Stati Uniti d’America e della Central Intelligence Agency avrebbero commesso crimini di guerra in strutture di detenzione segreta in Afghanistan e in altri paesi (i “siti neri” della CIA in Polonia, Lituania e Romania), in particolare tra il periodo 2003-2004. Ma non basta. Secondo la CPI esisterebbe anche una base ragionevole per ritenere che pure i talebani (in particolare la rete Haqqani) hanno commesso crimini contro l’umanità e crimini di guerra. E lo stesso per le forze di sicurezza nazionale afgane.
Dura la reazione del segretario di stato americano Mike Pompeo che definito l’iniziativa della CPI “un’azione davvero mozzafiato di un’istituzione politica non responsabile, mascherata da organo giuridico”. “È tanto più avventato che questa sentenza arrivi pochi giorni dopo che gli Stati Uniti hanno firmato uno storico accordo di pace sull’Afghanistan – la migliore possibilità di pace in una generazione”, ha dichiarato Pompeo.

In realtà lo scontro tra CPI e Pompeo non è iniziato oggi: era già iniziato già lo scorso anno quando quest’ultimo aveva dichiarato che gli Stati Uniti avrebbero abrogato o negato i visti al personale della Corte Penale Internazionale incaricato di indagare sulla guerra in Afghanistan. “Siamo determinati a proteggere il personale militare e civile americano e alleato dal vivere nel timore di azioni penali ingiuste per le azioni intraprese per difendere la nostra grande nazione”, aveva dichiarato Pompeo.
In realtà, la stessa CPI, lo scorso anno, aveva negato l’autorizzazione a procedere a causa di una “mancanza di collaborazione ricevuta dal procuratore e che rischia di diventare più scarsa nel caso in cui un’indagine fosse autorizzata”. E solo oggi ha deciso di procedere.
Decisione giusta, invece, secondo l’ACLU l’American Civil Liberties Union’s Human Rights Program, che rappresenta Khaled El Masri, Suleiman Salim e Mohamed Ben Soud, detenuti e torturati in Afghanistan. “Questa decisione conferma lo stato di diritto e dà speranza alle migliaia di vittime in cerca di responsabilità quando i tribunali e le autorità nazionali li hanno falliti” ha dichiarato il direttore dell’ACLU, Jamil Dakwar, “questa decisione rappresenta una pietra miliare significativa che rafforza l’indipendenza dell’ICC di fronte alle tattiche di bullismo dell’amministrazione Trump”. E ha aggiunto: “È tempo che gli autori di reati siano ritenuti responsabili di crimini di guerra ben documentati che perseguitano i sopravvissuti e le famiglie delle vittime fino ad oggi”.
In realtà, sin dall’inizio, l’attacco degli USA all’Afghanistan aveva sollevato critiche dal momento che gli USA avevano deciso di attaccare uno stato sovrano senza attendere alcuna decisione da parte delle Nazioni Unite (e senza dichiarare guerra).