L’offensiva del governo di Ankara nel nord della Siria è giunta al terzo giorno: le vittime sarebbero già centinaia tra le milizie e i civili curdi, mentre decine di migliaia di residenti sono in fuga dagli attacchi turchi.
Con l’improvviso annuncio del ritiro delle truppe americane dalla zona – lunedì mattina il tweet: “È tempo di finirla con queste guerre ridicole e riportare i soldati a casa” – il presidente Donald Trump ha dato il via libera all’invasione turca nel Kurdistan siriano.
La Turchia ha assicurato che l’operazione “Sorgente di Pace” si limiterà a colpire i “terroristi” curdi e ha giustificato l’uso della forza in base all’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, secondo il principio della legittima difesa dall’attacco armato.
Dal Palazzo di Vetro intanto tutto tace: rispetto a quanto previsto, il Consiglio di Sicurezza di venerdì mattina si è tenuto a porte chiuse e i delegati hanno risposto in maniera evasiva alle domande dei cronisti presenti. C’è chi ha dichiarato che l’argomento non è stato discusso, chi ha spiegato che “ci stiamo lavorando” e chi ha rimandato il dibattito a lunedì, a quasi una settimana dall’inizio delle ostilità
Nella giornata di giovedì, l’ambasciatrice USA alle Nazioni Unite Kelly Craft aveva dichiarato con imbarazzo alla stampa che, Trump tiene a chiarire, gli Stati Uniti non hanno in alcun modo appoggiato l’operazione e che la Turchia è responsabile di proteggere la popolazione curda e le minoranze religiose, di evitare una crisi umanitaria e di gestire i prigionieri dell’ISIS nelle carceri (Craft ha poi lasciato il podio senza parlare con i giornalisti).
Mentre nell’amministrazione americana le poche voci di dissenso hanno abbandonato la barca che affonda sullo scoglio dell’impeachment, il Congresso starebbe valutando in queste ore l’ipotesi di sanzioni contro l’alleato NATO.
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