Con più di un’ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia, il palco dell’Assemblea Generale ha ospitato il premier italiano Giuseppe Conte intorno alle 8 di sera, in un’aula ormai quasi vuota. Decisamente un altro spettacolo rispetto a quando, questa mattina, ha parlato il presidente Donald Trump, poche ore prima che arrivasse l’annuncio dell’apertura del processo di impeachment da parte della Speaker della Camera, Nancy Pelosi.
Ad ogni modo, se lo scorso anno Conte aveva cercato di mantenere una posizione intermedia tra il sovranismo invocato dal presidente USA e il multilateralismo strenuamente difeso da Guterres, quest’anno il suo discorso ha conferito particolare rilievo ad un multilateralismo che sia “efficace”, nel quadro del “ruolo insostituibile dell’ONU”. Multilateralismo, dunque, che abbia come stella polare il rispetto della persona e che corrisponda all’idea di “umanesimo inclusivo” tanto caro al Presidente del Consiglio. Non solo: altro punto carissimo a Guterres al centro dell’intervento del Premier, l’impegno per l’ambiente e per il clima, rispetto al quale l’Italia si pone in prima linea e punta a un ruolo di leadership globale.
Il discorso non ha però dimenticato il tema per eccellenza caro a Donald Trump: la necessità di contrastare l’immigrazione clandestina, anche con una ferma politica di rimpatri. Proprio in proposito, in mattinata il presidente USA si era rivolto dal palco dell’Assemblea Generale ai migranti intenzionati a oltrepassare il confine meridionale, facendo loro capire che non c’è spazio, per loro, in America. Conte, inoltre, ha espresso apprezzamento per la conferenza sulla libertà religiosa organizzata e presieduta proprio da Trump il giorno del Climate Summit, a cui il tycoon ha fatto solo una brevissima comparsata.
Di seguito, il video e il testo integrale del discorso del Premier.
Signor Presidente, care colleghe Delegate e Delegati, Signore e Signori,
la Settimana Ministeriale ci pone di fronte a una grande sfida: credere ed investire nel multilateralismo e nel ruolo insostituibile dell’ONU.
Alcuni mesi fa il Segretario Generale usò l’espressione “A world of trouble” per descrivere l’ampiezza e la complessità delle sfide con cui siamo oggi chiamati a confrontarci. Cambiamenti climatici, conflitti armati, diritti umani, diseguaglianze, dispute commerciali.
Questo nostro dibattito ha a oggetto temi di grande respiro: la lotta alla povertà, l’educazione di qualità come fonte di promozione personale e di opportunità sociale, l’azione sul fronte della tutela dell’ambiente.
Temi, questi, tutti uniti dal filo rosso dell’inclusione, con l’essere umano al centro dell’azione politica di questa Organizzazione e di ogni suo Stato membro. Un “umanesimo inclusivo” – espressione a cui amo spesso far riferimento – che, con il riconoscimento di pari dignità a ciascun individuo, è la vera conquista della modernità.
L’Italia invoca e sostiene apertamente un multilateralismo efficace, perché solo un’azione collettiva e coordinata può porre le premesse per offrire soluzioni adeguate alle molteplici sfide.
Il multilateralismo efficace deve nutrirsi di una concezione dei rapporti internazionali fondata sulla cooperazione, sulla trasparenza e sul principio di uguaglianza fra gli Stati e deve mirare a correggere gli aspetti disfunzionali della globalizzazione.
Ma la fonte ispiratrice, la stella polare che deve guidare questo multilateralismo è il rispetto della persona, a partire dal riconoscimento della sua dignità, personale e sociale. Senza questo fondamento il multilateralismo diventa una mera tecnica operativa, che può rivelarsi senz’altro utile, ma che non può pretendere di orientare solide scelte di valore.
*Questo umanesimo è la cifra distintiva del governo da me presieduto. Il nostro obiettivo è promuovere una democrazia autenticamente ‘umana’*.
Delle volte assumiamo i nostri sistemi democratici come basati esclusivamente su rapporti tra maggioranze e minoranze. Ci dimentichiamo che dietro questa formula, dietro questi numeri ci sono rapporti tra esseri umani. Se riusciremo ad attribuire a questi rapporti il significato di un confronto tra donne e uomini, allora i nostri sistemi di governo conserveranno un volto umano e non scoloriranno in sistemi autoritari.
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nell’illustrazione di Antonella Martino
Sono questi i principi – insieme a quelli fondamentali scolpiti nella Carta Costituzionale italiana – che abbiamo a cuore quando immaginiamo la società del domani.
In Italia abbiamo inaugurato una nuova stagione riformatrice, che punta a costruire un futuro sostenibile per tutti coloro che verranno dopo di noi.
È un progetto che mette al centro le soluzioni che migliorano la qualità di vita dei cittadini e che rispondono alle urgenze che assillano la nostra società. È un percorso che si rafforza grazie ad alcune misure di inclusione sociale e di sostegno al lavoro di qualità già adottate e che continueremo a portare avanti ed attuare con la massima determinazione.
Volgendo lo sguardo ad un contesto internazionale, la nostra strategia per affrontare le “cause profonde” che innescano i processi di destabilizzazione deve essere ambiziosa.
A quattro anni dall’adozione dell’Agenda 2030 dobbiamo ora accelerare e intensificare la realizzazione dei Sustainable Development Goals (SDG), mettendo a fuoco le più efficaci politiche di medio e lungo periodo.
L’Italia è concretamente impegnata nell’attuazione di questi obiettivi. Lo fa con il suo settore privato, con le sue imprese leader. Lo fa con la propria società civile, forte di un’originale sensibilità, capacità di aggregazione e di proposta su questi temi.
Il Governo appena insediatosi ha fra le sue priorità quella di dare vita a un “Green New Deal” per riorientare l’intero sistema produttivo verso uno sviluppo sostenibile e incentivare i comportamenti socialmente responsabili dei vari attori economici.
Quanto al fenomeno dei cambiamenti climatici, concordiamo pienamente sull’esigenza di una azione globale per rispondere a questa sfida, che ha trovato eco nel “Climate action Summit” di ieri.
È di queste ore la notizia, riportata dalla stampa, di un ghiacciaio sul versante italiano del Monte Bianco, la vetta più alta e maestosa dell’arco alpino, che rischia di crollare. È un allarme che non può lasciarci indifferenti, nell’illusione che non ci riguardi o che sia qualcosa di lontano nel tempo o nello spazio. Piuttosto deve scuoterci e mobilitarci.
Per questo continueremo a seguire e incoraggiare la mobilitazione dei cittadini e dei giovani – io stesso ho incontrato alcuni di loro a Roma qualche mese fa -, perché consapevoli dell’impatto sproporzionato che i cambiamenti climatici hanno sulle generazioni presenti e future.
L’Accordo di Parigi è un punto di partenza essenziale. Dobbiamo essere consci del dovere morale e politico di consegnare ai nostri figli un pianeta nelle migliori condizioni possibili.
L’Italia, grazie anche al primato che vanta nel campo delle energie rinnovabili, è in prima linea nel contrasto al cambiamento climatico.
L’Italia ha già centrato gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per il 2020 nell’Unione europea. Entro la fine del prossimo anno, siamo impegnati ad elaborare una strategia per la “neutralità climatica” entro il 2050.
Non faremo mancare il nostro contributo alla Presidenza cilena della COP25 e siamo particolarmente lieti del partenariato avviato con il Regno Unito in vista della COP26, di cui ospiteremo in Italia la riunione preparatoria e significativi eventi, fra cui uno dedicato proprio ai giovani.
Siamo però consapevoli che tutto questo non basta. Occorre perseguire un radicale cambio di paradigma culturale. *Per questo vogliamo inserire la protezione dell’ambiente e della biodiversità, e lo sviluppo sostenibile, direttamente tra i principi fondamentali della nostra Costituzione*.
Farlo significa porre a fondamento del nostro patto sociale una nuova concezione dei rapporti tra noi e le generazioni future. Significa abbandonare la logica proprietaria che ci induce a credere che possediamo in esclusiva questo pianeta, quando invece lo abbiamo ricevuto in custodia per poi affidarlo alle generazioni che verranno.
L’altra grande sfida che mette alla prova la capacità di reazione e la solidarietà della Comunità internazionale è l’epocale fenomeno migratorio.
Nel rispetto della sovranità nazionale, esso esige una condivisione degli oneri e delle responsabilità tra tutti i Paesi, siano essi di origine, di transito o di destinazione. Un obiettivo, questo, a cui ci stiamo avvicinando e che va concretizzandosi, proprio in questi giorni, in un meccanismo automatico di redistribuzione dei migranti tra vari paesi europei. *Siamo oggettivamente vicini ad una svolta, al passaggio da una gestione emergenziale del fenomeno migratorio ad una strutturale fondata su un partenariato tra Stati*.
Palazzo d Vetro delle Nazioni Unite, 24 settembre 2019: l’incontro tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres (Foto ONU/ Ariana Lindquist)
La migrazione, lo sappiamo, ha cause profonde, che rendono necessario associare azioni immediate a una prospettiva e una visione di lungo periodo. È dunque alla rimozione di queste cause profonde che dobbiamo lavorare.
*Al contempo, però, non possiamo transigere nell’assicurare un sistema di rimpatri rigoroso ed efficace per gli immigrati irregolari*.
L’Italia non si è mai tirata indietro. Continuiamo ad essere impegnati in programmi di reinsediamento, corridoi umanitari ed evacuazioni d’emergenza. *Ma oggi l’Italia non è più sola e l’Unione europea ha l’occasione di fare la sua parte senza ulteriore indugio, in modo serio e risolutivo*.
Signor Presidente,
L’Italia conduce a livello internazionale un’azione convinta e incisiva in materia di promozione dei diritti umani, basata sui principi di universalità, indivisibilità e interdipendenza dei diritti e delle libertà fondamentali, che devono essere riconosciuti e garantiti ad ogni individuo, senza distinzione e senza attenuazioni.
Ho molto apprezzato l’iniziativa promossa ieri dal Presidente Trump sulla libertà religiosa, tema su cui l’Italia è da sempre fortemente impegnata.
Quale membro del Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite per il triennio 2019-2021, il lavoro dell’Italia è all’insegna del motto “Human Rights for Peace”.
Contribuiamo con orgoglio al peacekeeping onusiano, fornendo le nostre migliori Forze e le migliori tecnologie.
La prevenzione dei conflitti e, più in generale, di ogni crisi dovrebbe essere la priorità politica di ciascuno di noi e, ovviamente, delle Nazioni Unite, create proprio per “salvare le generazioni future dal flagello della guerra”.
Dobbiamo ricorrere in maniera più sistematica agli strumenti di soluzione pacifica delle controversie a nostra disposizione, a partire dalla mediazione, e coinvolgere in questo sforzo tutti i settori della società, incluse donne e giovani. Valorizziamo le iniziative di mediazione anche attraverso il sostegno al Network delle Donne Mediatrici del Mediterraneo, che abbiamo lanciato nel 2017.
Mi piace ricordare un’iniziativa italiana, concepita in un piccolo borgo della Toscana, Rondine. Da oltre trent’anni, centinaia di giovani anche coinvolti nel medesimo conflitto su fronti opposti sono stati invitati a convivere e a sperimentare un dialogo quotidiano, divenendo nei fatti “messaggeri” di pace.
È innanzitutto e soprattutto nel “Mediterraneo allargato” che sosteniamo la necessità di lavorare a soluzioni politiche. Tra le priorità strategiche per l’Italia rientra proprio la stabilizzazione promossa dall’ONU per assicurare condizioni propizie allo sviluppo di una regione cui la nostra sicurezza e prosperità sono strettamente legate.
A quasi nove anni dalla caduta di Muammar Gheddafi, la nazione libica non ha ancora la chance di vivere in pace e di prosperare. Per la Comunità internazionale è giunto il momento di rilanciare l’impegno verso una Libia pacificata, unita, indipendente e democratica.
*Tutti dobbiamo agire a sostegno della Missione di Sostegno ONU (UNSMIL) e degli sforzi del Rappresentante Speciale del Segretario Generale, Ghassan Salamé*.
*Raggiungere un cessate-il-fuoco credibile non è che un primo passo urgente e necessario per riavviare un dialogo politico inclusivo tra tutte le parti libiche*, unico strumento per raggiungere una soluzione durevole.
Per questo è cruciale che tutti gli Stati Membri delle Nazioni Unite si conformino all’obbligo di rispettare ed attuare l’embargo di armi verso la Libia, prevenendo un’ulteriore escalation del conflitto.
Una soluzione durevole dovrà passare anche attraverso un compromesso per assicurare l’equa distribuzione e impiego delle ricchezze della Libia a beneficio dell’intera nazione.
Dopo la Conferenza di Palermo, l’Italia ha continuato a lavorare per favorire un’azione coesa della comunità internazionale. Vanno in questa direzione le iniziative che stiamo sviluppando insieme alla Francia, alla Germania e agli altri partner, anche in vista di una Conferenza internazionale sulla Libia.
L’Italia apprezza il lavoro svolto in Libia dalle articolazioni delle Nazioni Unite che operano a favore dei migranti vulnerabili e dei rifugiati. Cionondimeno, sulla base della nostra conoscenza sul terreno, auspico una maggiore e più incisiva presenza delle stesse.
Signor Presidente,
L’Italia è ben consapevole della centralità delle sfide che si pongono nel continente africano. Vogliamo giocare un ruolo di alto profilo sul piano bilaterale: le numerose visite che ho effettuato in Africa negli ultimi mesi confermano la mia attenzione per quest’area del mondo.
Intendiamo favorire anche un maggiore e più coordinato coinvolgimento dell’Unione Europea, nella consapevolezza del rapporto strategico tra Europa e Africa.
Puntiamo dunque a realizzare in concreto, e non solo con “annunci”, un Partenariato nuovo, fondato su condizioni paritarie.
È questo, ad esempio, lo spirito con cui stiamo realizzando in Ghana un progetto pilota per promuovere lo sviluppo socio-economico del Paese, che unisce gli sforzi di diversi partner europei e di un’azienda d’eccellenza italiana nel settore energetico.
La vocazione mediterranea dell’Italia comporta inevitabilmente un forte impegno per far fronte alle crisi del Sahel. Non dobbiamo al contempo dimenticare l’assoluta rilevanza strategica che riveste il Corno d’Africa, epicentro di sfide ed opportunità, dove è iniziato in tempi recenti un processo di cambiamento: in particolare la riconciliazione tra Etiopia ed Eritrea e la nascita di un governo di transizione a guida civile in Sudan.
Come membro fondatore dell’Unione Europea e della NATO, l’Italia segue con preoccupazione il progressivo disgregamento degli strumenti che per decenni hanno contribuito alla stabilità strategica, in Europa e nel mondo.
Siamo fermamente convinti che si debba dare nuova vita al dialogo strategico fra i principali attori internazionali.
Una soluzione pacifica e sostenibile al conflitto in Ucraina, che auspichiamo fortemente, potrebbe contribuire anche a rilanciare il progetto di un’architettura di sicurezza continentale. Siamo incoraggiati dai segnali di distensione fra la nuova dirigenza ucraina e le autorità russe, che speriamo possano preludere all’avvio di una nuova stagione.
L’Italia intende inoltre rilanciare l’azione nazionale ed europea nei Balcani Occidentali, in linea con il tradizionale ruolo svolto a favore della stabilizzazione di tale regione.
Le nuove e crescenti minacce alla sicurezza internazionale richiedono un impegno multilaterale per il disarmo e la non-proliferazione. L’Italia promuove l’adesione universale e la piena attuazione dei regimi di non proliferazione nucleare, biologica e chimica.
Il Joint Comprehensive Plan of Action con l’Iran continua a rappresentare un elemento chiave dell’architettura globale di non proliferazione. Facciamo appello all’Iran affinché ritorni al pieno adempimento dei suoi obblighi ai sensi del JCPoA. È interesse di tutta la Comunità internazionale che ciò avvenga, anche attraverso il mantenimento di opportuni canali di dialogo con Teheran.
Obiettivo comune inoltre dovrebbe essere allo stesso tempo la riduzione delle tensioni nella regione del Golfo, dove è forte il rischio di escalation. Riteniamo che sia interesse non solo italiano, ma collettivo, assicurare la libertà di navigazione, tenendo presenti anche le sue importanti ricadute sull’economia globale.
Signor Presidente,
Le Nazioni Unite, ed i principi ispiratori della Carta, costituiscono l’unico punto di riferimento capace di guidare l’umanità nel rispondere alle nuove, sempre più complesse sfide per la Comunità Internazionale.
Dobbiamo garantire che l’Organizzazione possa compiere al meglio il proprio mandato.
*Tra i piani di riforma, sosteniamo l’impegno del Segretario Generale in favore dell’empowerment delle donne e delle bambine e il raggiungimento della parità di genere, anche come strumento per rafforzare l’efficienza dell’Organizzazione.
Nel programma del mio governo è sottolineato il chiaro obiettivo di perseguire la parità di genere. *Non possiamo consentire una grave ingiustiIa: che le donne, a parità di prestazioni lavorative, vengano retribuite con una remunerazione inferiore q quella degli uomini*.
Dobbiamo far convergere i nostri sforzi anche sul processo di riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, rendendolo più democratico, efficace e rappresentativo dell’intera membership dell’Onu.
Signor Presidente, Signore e signori delegati,
Sono tante le sfide a cui siamo chiamati come decisori politici.
Potremo avere successo se avremo determinazione, coraggio e visione. Se non cadremo nell’errore di agire inseguendo un facile consenso a breve termine, ma dimostreremo di saper immaginare il futuro e di saperlo costruire per lasciarlo ai nostri figli e ai nostri nipoti. La loro voce si fa ogni giorno sempre più forte. Il dovere di noi governanti è ascoltarla e riuscire a tradurla in atti concreti.
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