È la prima cosa che ha fatto sapere ai giornalisti Giuseppe Conte all’ONU nel giorno del Climate Action Summit: “buone” le anticipazioni giunte dalla riunione di Malta tra i ministri degli Interni, dove “si sta discutendo un meccanismo automatico di redistribuzione dei migranti, perché l’Italia non sia lasciata sola”. La conferma è giunta poco dopo, quando il ministro dell’Interno di Malta, Farrugia, ha annunciato la stesura di un “documento comune” tra quattro Stati – Italia, Malta, Francia e Germania –, che sarà discusso l’8 ottobre al Consiglio Affari Interni.
Intesa salutata con favore dai membri del Governo, definita invece “una sòla” dall’ex titolare del Viminale Matteo Salvini. Non sarà stato un caso che sia Conte che il ministro degli Esteri Di Maio, da New York, abbiano tenuto a specificare ai giornalisti che l’accordo, di per sé, non basta, e soprattutto che non mette in discussione l’approccio restrittivo dell’Esecutivo nei confronti dell’immigrazione. Il documento, insomma, non è ancora la soluzione definitiva, ma di certo “un passaggio significativo”, per usare le parole del Premier. Soprattutto, perché riguarda non soltanto coloro che hanno diritto alla protezione internazionale, ma, più in generale, tutti i migranti. Altro punto fondamentale, l’introduzione di un meccanismo di rotazione dei porti di sbarco. “Quello che voglio garantire a tutti i cittadini italiani è che non accetteremo nessun meccanismo che possa risultare incentivante per nuovi arrivi”, ha però specificato Conte. Confermata, insomma, la linea del rigore, pur, ha detto, nel rispetto dei trattati internazionali, con un focus particolare sul contrasto di traffici illeciti e su un “più efficace meccanismo di rimpatrio”, auspicabilmente gestito a livello europeo.
Una linea del tutto condivisa dal ministro Di Maio, che dal Palazzo di Vetro ha espresso apprezzamento per il lavoro del ministro Lamorgese. Il capo politico del Movimento Cinque Stelle ha però aggiunto che “la redistribuzione dei migranti non è la soluzione del fenomeno migratorio”, obiettivo perseguibile solo con un “blocco delle partenze” attuabile grazie alla stabilizzazione della Libia. Proprio di Libia, ha annunciato il titolare della Farnesina, si parlerà all’ONU venerdì in un incontro co-presieduto da Italia e Francia.
Entrambi gli esponenti dell’Esecutivo hanno risposto a distanza alle critiche di Salvini, ricordando – come peraltro diversi osservatori da tempo facevano notare – che molti degli sbarchi avvenuti negli ultimi mesi non riguardavano le imbarcazioni delle “famigerate” ONG contro cui si sono concentrati gli sforzi dell’ex Ministro (e quindi del Governo di cui faceva parte), ma barchini che passavano ben più inosservati. Conte, peraltro, si è tolto anche qualche sassolino dalla scarpa: “In passato, tenevamo alcune persone in mare per settimane, e poi abbiamo avuto una redistribuzione affidata alle mie telefonate del fine settimana, mie e del ministro Moavero”.
Ad ogni modo, la linea del Governo, espressa da New York, è di rassicurazione rispetto a quell’alta percentuale di italiani che continuano a supportare l’ex ministro Salvini, e che, a giudicare dai sondaggi, si mostrano critici verso il nuovo Esecutivo. Ma intanto, a intesa raggiunta, l’assegnazione del porto di Messina alla Ocean Viking ha offerto al capo della Lega l’occasione di tuonare contro il “Governo del tradimento” che “apre le porte a un’altra ong”.
Uno dei nervi che resta scoperto riguarda il destino degli accordi negoziati dall’allora governo Gentiloni, che “appaltano” a caro prezzo alla Guardia Costiera libica il compito di riportare i migranti in Libia. Accordi che, intendiamoci, il Conte bis non sembra minimamente intenzionato a mettere in discussione, nonostante sia ormai innegabile che il Paese nordafricano non è da considerarsi un porto sicuro. Lo ha ammesso tra le righe lo stesso Di Maio, rispondendo alla domanda un giornalista: “Credo che siamo tutti coscienti di quale sia la situazione critica in Libia”, ha dichiarato. “Ma l’Italia non rinuncia”, ha aggiunto, “a riconoscere il governo legittimo di Sarraj come governo appoggiato dalle Nazioni Unite, ma allo stesso tempo riconosciamo come interlocutore la Cirenaica” e tutte le autorità sul territorio.
Eppure, a deporre a sfavore di quegli accordi è soprattutto la recente pubblicazione di un clamoroso rapporto ONU, che attesta ciò che diverse inchieste giornalistiche avevano già svelato: “La Guardia costiera libica trasferisce migranti in centri di detenzione non ufficiali”, dove si pensa che funzionari del Governo si rendano corresponsabili del traffico di migranti. Dopo, naturalmente, averli esposti alle torture tante volte documentate dalla stampa e dalle organizzazioni internazionali. Ne abbiamo chiesto conto al presidente Conte, il quale, però, ha preferito glissare. “Negli incontri, anche di ieri con Ghassan Salamé, e di oggi con Guterres, solleciterò tanto, e l’ho fatto anche con il premier libico Sarraj… L’ho detto sempre e ho raccomandato: bisogna assolutamente lavorare per migliorare le condizioni di vita dei migranti, coloro che sono nei centri di protezione, ma sarebbe più corretto parlare di centri di detenzione. Ho anche dichiarato loro, e lo confermerò, che l’Italia è disponibile a interventi insieme all’Unione Europea, perché ci sono delle condizioni di vita che non sono accettabili”. Soprattutto, ha aggiunto il Premier, “le agenzie delle Nazioni Unite devono intervenire su questo e cercare, quanto più possibile, di sostenere e realizzare minime condizioni di vita di dignità”. La priorità, ha però proseguito, è quella di evitare che i migranti debbano attraversare, con il rischio della vita, il mar Mediterraneo. La drammatica contraddizione per cui l’accordo con Tripoli finisce per alimentare lo stesso traffico di esseri umani che tutti dichiarano convintamente di voler contrastare, insomma, pare destinata a restare aperta.