A poche ore dalla decisione del gip di Agrigento di rimettere in libertà Carola Rackete, la capitana di Sea-Watch 3 che ha infranto il divieto imposto dal Governo italiano facendo sbarcare a Lampedusa 40 migranti in fuga dalla Libia, un bombardamento su un centro di detenzione per migranti nel Paese nordafricano ha ucciso “almeno 44 migranti e rifugiati”, secondo i report, e ferito altre 130 persone. Viene da pensare che la Rackete, che secondo qualcuno avrebbe dovuto riportare i migranti in Libia, rifiutandosi di farlo e cogliendoli prima che li potesse catturare la Guardia Costiera libica, potrebbe aver salvato loro la vita due volte.
L’ennesima tragedia della guerra civile rinfocolata, ad aprile, dall’avanzata di Haftar, ha suscitato lo sdegno del Palazzo di Vetro, con il segretario generale ONU che si è definito “indignato”. Guterres, questa volta, ha usato parole forti: la sua condanna “con la massima fermezza”, in effetti, si è accompagnata alla richiesta di un’indagine indipendente sull’accaduto. “Il Segretario Generale ricorda a tutte le parti i loro obblighi, derivanti dalla legge umanitaria internazionale, di prendere tutte le precauzioni possibili per evitare, o almeno a minimizzare, perdite accidentali, ferimento di civili e danni ad obiettivi civili, e di astenersi dal perpetuare attacchi contro civili”, ha detto Guterres. “Questi episodi sottolineano l’urgenza di fornire a tutti i rifugiati e i migranti rifugio sicuro fino a che le loro richieste d’asilo possono essere processate o fino a quando possano essere rimpatriati in sicurezza”, ha poi osservato.
Gli ultimi tragici sviluppi sono stati discussi in una lunga sessione d’emergenza a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza. In mattinata, il Consiglio ha annunciato che avrebbe prodotto una dichiarazione di condanna dell’accaduto, ma, ancora una volta, i suoi membri si sono mostrati divisi sul contenuto della dichiarazione. Pare infatti che la Gran Bretagna abbia fatto circolare una bozza di dichiarazione, su cui gli Stati, come già accaduto in passato, non sono però riusciti a mettersi d’accordo.
Secondo alcuni diplomatici che hanno parlato sotto condizione di anonimato con AP News, nel tardo pomeriggio newyorkese gli Stati Uniti stavano ancora aspettando indicazioni da Washington su come muoversi. Nota, in effetti, l’improvvisa giravolta geopolitica di Donald Trump a favore del generale della Cirenaica Khalifa Haftar, nemico del Governo riconosciuto dall’ONU di Fayez Al-Sarraj.
Ad ogni modo, il presidente del Consiglio di Sicurezza, il peruviano Gustavo Meza-Cuadra, ha assicurato che la dichiarazione “ci sarà, ma stiamo ancora discutendo”. Circostanza che evidenzia quanto il Consiglio continui ad essere, in effetti, diviso sulla questione libica, se neppure di fronte a un episodio che, per l’ONU, potrebbe configurare un crimine di guerra riesce a raggiungere un accordo su un press statement.