L’immagine scioccante di un padre e della sua figlioletta di nemmeno due anni, morti annegati nel tentativo di raggiungere gli Stati Uniti a nuoto dal Messico, viaggia veloce sul web. “La straziante foto pubblicata ieri che mostra i corpi senza vita della bambina salvadoregna Valeria e suo padre Oscar sulla riva del Rio Grande, è un duro promemoria dei pericoli affrontati da migranti che cercano di raggiungere gli Stati Uniti”, ha detto Henrietta Fore, direttore esecutivo dell’UNICEF. “È un’immagine struggente che dovrebbe scuotere ognuno di noi nell’intimo”, ha aggiunto con rancore.
Secondo le stime del National Migration Institute, sono 15,500 i migranti minorenni registrati dal governo Messicano nei primi quattro mesi di quest’anno, una media di 130 al giorno, un incremento netto del 50% rispetto all’anno precedente. Molti di questi fuggono da povertà e violenza, causate da gang dell’America centrale e del Sud.

Nei rifugi di Tijuana, Messico, spesso località di transito per migranti economici e rifugiati, sono molteplici le storie commoventi raccontate dai residenti sfortunati. Storie di persone in fuga, di violenza e abusi, come nel caso di una giovane madre di Guerrero, minacciata da un membro di una gang che esigeva pagamenti in cambio sia della vita della donna, che di sua figlia. Le parole di questa madre sono una testimonianza delle condizioni pessime condivise da milioni di persone come lei, “Voglio costruire una vita altrove. Se rimango, me la toglieranno.”
Sono ancora pochi, però, i paesi che hanno risposto all’appello dell’UNICEF, garantendo priorità ai bambini e minorenni nel processo di immigrazione. Le richieste includono l’abbandono di pratiche dannose, quali la separazione del nucleo familiare, e una spinta verso soluzioni che possano sostituire la legislatura attuale che comporta la detenzione di bambini in base al loro status migratorio.
Fore ha poi parlato più in dettaglio delle sue preoccupazioni riguardo le condizioni delle strutture di detenzione lungo il confine tra Messico e Stati Uniti. “I rapporti recenti, provenienti da alcune di queste strutture, sono truci”, ha insistito. “I bambini non dovrebbero essere in ambienti pericolosi che possono causare stress tossico e danni irreparabili alla loro salute e sviluppo”. Un sentimento di stupore verso le condizioni in cui vivono i migranti, condiviso da molti, in seguito alla rivelazione che una grande quantità di centri di accoglienza non sia equipaggiata e non assicuri necessità basilari alla vita quotidiana. È il caso di un rifugio in Texas dove ai bambini mancano spazzolini e sapone, purtroppo, un eco lontano di una nazione, un tempo, profondamente umanitaria.

Molti di questi bambini hanno vissuto esperienze traumatiche sia nei loro paesi di provenienza, che durante il tragitto verso una nuova dimora. Come ha espresso la Signora Fore, “Nessuno voleva lasciare il proprio paese, ma tutti sentivano di non avere scelta a causa della minaccia, della violenza di gruppo, o della povertà opprimente … Questa è una situazione terribile che richiede azioni urgenti e finanziamenti per fornire ai bambini e alle famiglie servizi e sostegno essenziali”.
Purtroppo di storie come quella di Valeria e Oscar ce ne sono innumerevoli, storie che purtroppo restano anonime. Molti paesi Europei vivono esperienze dirette e traumatiche di questo fenomeno di migranti, in particolare il popolo Italiano che ha assistito in prima linea alle tragedie dei naufragi a Lampedusa. L’immagine straziante di Oscar accanto alla sua bambina, riversi nell’acqua privi di vita, manda un messaggio forte alle coscienze di ognuno di noi, testimonia l’inutilità di una tragedia che poteva essere senz’altro evitata. Quei due corpi racchiudono i sogni di un padre e di sua figlia, la ricerca disperata di prospettive migliori di vita. Quell’immagine ricorda quanto sia diventato necessario ottenere giustizia per tutti coloro che come Oscar e Valeria, oltre la sponda del Rio Grande, cercano una vita migliore e troppo spesso, invece, trovano la morte.