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January 18, 2019
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Antonio Guterres contro i venditori di paura: vale anche per chi chiude i porti?

Alla vigilia della partecipazione a Davos, il Segretario Generale dell'ONU risponde ai giornalisti sui temi più caldi dello scenario internazionale

Giulia PozzibyGiulia Pozzi
Antonio Guterres contro i venditori di paura: vale anche per chi chiude i porti?

Il segretario generale Antonio Guterres e il suo portavoce Stéphane Dujarric (a sinistra) (UN Photo/Manuel Elias).

Time: 5 mins read

In attesa di partire per il forum economico di Davos – e sulla mancata partecipazione della delegazione americana ha opposto un diplomatico “no comment” –, il segretario generale ONU Antonio Guterres ha tenuto una conferenza stampa con i giornalisti corrispondenti alle Nazioni Unite, per delineare i principali obiettivi dell’organizzazione nel 2019.

Nel suo discorso, Guterres ha parlato delle grandi sfide che la comunità internazionale deve affrontare, “dal cambiamento climatico alla migrazione, fino al terrorismo e agli effetti negativi della globalizzazione”, puntualizzando che “le sfide globali richiedono soluzioni globali”.

Un nuovo endorsement, dunque, al multilateralismo, tema a cui era dedicato il suo discorso tenuto di fronte all’Assemblea Generale a settembre – a cui Donald Trump aveva offerto un esplicito contraddittorio –, in un periodo in cui il metodo multilaterale sembra essere da più parti sotto attacco.

Una sfida che, secondo Guterres, le Nazioni Unite dovranno affrontare in tre modi. “In primo luogo, dobbiamo dimostrare attraverso soluzioni concrete che l’ONU difende le persone abbandonate ed è connessa ai loro bisogni, alle aspirazioni e ai problemi quotidiani”. In secondo luogo, “dobbiamo essere in grado di dimostrare il valore aggiunto delle Nazioni Unite”. Un obiettivo, questo, a suo avviso già centrato con il programma di lavoro degli Accordi sul Clima di Parigi a Katowice, con il Global Compact for Migration – “adottato nonostante una gigantesca campagna di disinformazione lanciata contro di esso” –, combinato con il Global Compact on Refugees, ma anche con il cessate il fuoco in Yemen che ha evitato una delle catastrofi potenzialmente più gravi nella storia dell’umanità. “In terzo luogo”, ha proseguito il Segretario Generale, “abbiamo bisogno di arruolare ogni segmento della società nella battaglia per i valori che il nostro mondo affronta oggi, e, in particolare, per affrontare l’aumento dell’odio, della xenofobia e dell’intolleranza”. “Il marchio più venduto nel nostro mondo di oggi è davvero la paura”, ha quindi sintetizzato efficacemente Guterres. “Ottiene consensi. Vince i voti. Genera clic “, ha aggiunto.

Proprio sui migranti, noi della Voce abbiamo chiesto a Guterres se chiudere i porti, come avvenuto recentemente a Malta e in Italia, alle navi delle Ong che salvano nel Mediterraneo i disperati dei barconi sia compatibile con il diritto internazionale (minuto 58). Negli ultimi mesi, abbiamo visto tanti episodi in cui migranti e potenziali richiedenti asilo sono rimasti bloccati per giorni in mare, in attesa che qualcuno, in Europa, desse il via libera per accoglierli. Nella sua risposta, Guterres ha confermato la necessità “di concedere lo sbarco”, “nel rispetto delle norme internazionali” , ma evita di criticare direttamente la condotta di qualche Paese in particolare. Quindi, ha aggiunto, “è necessario essere molto più efficaci nell’inasprire i controlli sui trafficanti e gli scafisti, perché in alcune situazioni tendono ad avere il controllo di questi movimenti, e dobbiamo evitare situazioni in cui i diritti umani vengano messi in discussione da coloro che forzano queste persone a spostarsi in circostanze che non sono adeguate”. Il giornalista Ahmed Fathi (ATN News) ha quindi chiesto un follow-up alla nostra domanda, a proposito del caso di alcuni rifugiati, a cui l’UNHCR ha concesso lo status, rimandati in Sudan dove rischiano di essere perseguitati. “L’UNHCR ha il diritto di assegnare lo status di rifugiato, e questo è un diritto riconosciuto a livello internazionale”, ha detto Guterres. “Le persone che hanno lo status di rifugiato assegnato dall’UNHCR non dovrebbero essere respinte o rimpatriate”, ha affermato. 

Sempre parlando di migranti, in relazione ai flussi migratori dall’America Centrale agli Stati Uniti, il Segretario Generale ha sottolineato che il mantenimento dell’unità dei nuclei familiari “è un principio fondamentale” in tutte le situazioni che riguardano i rifugiati. Ha poi sottolineato il ruolo dell’UNHCR nella gestione umanitaria dei flussi da Honduras, Guatemala e El Salvador, che mirano a sorpassare il confine tra Messico e Stati Uniti. Ma in merito al muro di Trump, naturalmente, Guterres ha diplomaticamente rifiutato di esprimere una posizione, puntualizzando tuttavia che “speriamo sempre che la protezione dei rifugiati sia garantita in ogni contesto”.

Il Segretario Generale ha anche risposto ad alcune domande della stampa sul caso di Jamal Khashoggi. I giornalisti di Al Jazeera e dell’agenzia turca Anadolu si sono infatti chiesti se Guterres abbia in programma una qualche iniziativa per garantire che la verità sul caso venga finalmente portata alla luce. “Non ho alcun diritto di lanciare una investigazione. Lo posso fare”, ha spiegato il capo dell’ONU, “su mandato del Consiglio di Sicurezza. Ma non è stata formulata alcuna richiesta in questo senso”. In merito al ruolo che il Consiglio dei Diritti Umani potrebbe giocare sulla vicenda, il Segretario Generale ha poi fatto sapere che quell’organo avrebbe a disposizione diversi tipi di strumenti. “Io non sono nella posizione di incoraggiare gli Stati membri”, ha però specificato.

Sulla Siria, Guterres ha sottolineato il ruolo cruciale che avrà la commissione deputata a redigere una nuova Costituzione, e ha affermato la necessità che la lista dei partecipanti nel processo sia “ben equilibrata”. Sul Venezuela, il Segretario Generale ha invece ribadito che le Nazioni Unite rispettano la sovranità degli Stati riconosciuti, ma ha aggiunto che l’unica via d’uscita alla crisi che vede è una “soluzione politica inclusiva”.

Al Segretario è stata anche posta una domanda in merito alla complicata situazione finanziaria delle Nazioni Unite. “Per quanto riguarda il budget regolare, in cui tutti i Paesi hanno concordato di pagare le proprie quote, definite da una progressione stabilita dall’Assemblea Generale, i problemi che abbiamo dipendono dagli arretrati”, nonché, “dalle regole che fanno sì che la rigidità nella gestione del budget causi perdite effettive”, ha spiegato. In merito a questo, Guterres ha annunciato un report che sarà presentato all’Assemblea Generale e conterrà suggerimenti per risolvere l’impasse.  “Negli ultimi 8 anni, la situazione del budget regolare segue alti e bassi”, ma, ha aggiunto, evidenzia anche un trend in costante diminuzione. “Per quanto riguarda il budget per le missioni di peacekeeping”, ha proseguito il Segretario Generale, gli Stati Uniti “hanno deciso di pagare il 25% del budget complessivo, nonostante la progressione definita dall’Assemblea Generale” assegni loro un contributo “circa del 28%”. Resta dunque una media del 3% delle operazioni di peacekeeping che resta scoperta. “Il problema”, ha spiegato Guterres, “è che non posso risolvere il problema semplicemente riducendo la spesa del 3%”: questo, infatti, implicherebbe una ridiscussione dei contributi di tutti i Paesi del tutto non sostenibile. Quindi, il gap sarà finanziato da un aumento dei contributi degli altri Stati, in gran parte “più poveri degli Stati Uniti”: circostanza che il Segretario Generale ha definito “del tutto inaccettabile, dal punto di vista morale”, e che considera non sostenibile a lungo termine.

Un’analisi, quella di Guterres, a cui noi della Voce aggiungiamo, per dovere di cronaca, un’informazione riguardante l’Italia: la legge di bilancio 2019 prevede infatti una sforbiciata di 35,3 milioni nel 2019 e di 32,3 milioni nel 2020 dei contributi del Belpaese al bilancio regolare delle Nazioni Unite, quota che per il 2016-2018 corrispondeva al 3,7%, contro un 4,4% del triennio precedente. Una decisione che non incide, in effetti, quanto quella degli Stati Uniti, ma che potrebbe avere conseguenze in un quadro in cui il metodo multilaterale, anche in termini di contributi finanziari, sembra sempre più messo in discussione.

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Giulia Pozzi

Giulia Pozzi

Classe 1989, lombarda, dopo la laurea magistrale in Filologia Moderna all'Università Cattolica di Milano si è specializzata alla Scuola di Giornalismo Lelio Basso di Roma e ha conseguito un master in Comunicazione e Media nelle Relazioni Internazionali presso la Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale (SIOI). Ha lavorato come giornalista a Roma occupandosi di politica e affari esteri. Per la Voce di New York, è stata corrispondente dalle Nazioni Unite a New York. Collabora anche con "7-Corriere della Sera", "L'Espresso", "Linkiesta.it". Considera la grande letteratura di ogni tempo il "rumore di fondo" di calviniana memoria, e la lente attraverso cui osservare la realtà.

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