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September 25, 2018
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Trump fa ridere l’Assemblea ONU e poi avverte il mondo: l’America resta sovrana

Il presidente USA non usa i toni apocalittici dell'anno scorso ma ripone l'accento sull'"America First" e si conferma come il leader della dottrina "sovranista"

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 2 mins read

Trump arriva in ritardo al Palazzo di Vetro, perde il posto dopo lo speech del Brasile lasciandolo al presidente dell’Ecuador che ne approfitta per criticare gli USA ricevendo un’attenzione imprevista, e quando finalmente inizia a parlare sul podio, fa scoppiare dal ridere l’Assemblea Generale dicendo: “La mia amministrazione ha raggiunto più di qualunque altra amministrazione nella storia del nostro paese”. L’Assemblea ride e lui dice, sorridendo a sua volta: “E’ vero, e non mi aspettavo questa reazione”.

Poi Trump nel discorso affronta i suoi temi preferiti, come quello sui dazi, attaccando chi non fa politiche commerciali giuste, che ora subirà le reazioni USA. Avvertendo la Cina, principale imputata di “distorsioni del mercato e pratiche commerciali scorrette”.

I toni più accessi, che l’anno scorso erano stati riservati alla Nord Corea, questa volta sono tutti per l’Iran. “Gli USA sono pronti a imporre nuove sanzioni” e che “deve rimanere isolato fino a che continuerà a sostenere il terrorismo e finché le sue aggressioni continueranno”.

Il Presidente USA Donald Trump durante il discorso all’Assemblea Generale ONU (UN Photo/ Cia Pak)

Ma è la parola sovranità, degli Stati Uniti come quella di ciascun Paese, ad essere alla fine tra le più usate da Trump. “L’America sceglierà sempre l’indipendenza e la cooperazione piuttosto che il controllo e la dominazione” e quindi “vi chiediamo di rispettare la nostra sovranità”.

In tutto il discorso è rimasto centrale il tema della sovranità, e come già nel discorso dell’anno scorso,  l’America di Trump resta una nazione sovrana come ogni altra nazione lo è e quindi, si può tradurre così: ognuno pensi meglio ai propri interessi. “L’America é governata dagli Americani” ha detto Trump, e “noi rigettiamo l’ideologia globalità e accettiamo quella del patriottismo”.

Insomma “America First”, resta al centro della politica estera di Trump. “Insieme, scegliamo un futuro di prosperità patriottica orgoglio”, ha detto Trump. “Scegliamo pace e libertà invece che dominazione e sconfitta. Veniamo in questo posto per fare gli interessi delle nostri popoli e delle loro nazioni. Per sempre forti, per sempre sovrane, per sempre giuste”.

Alla fine quindi un discorso a tutto “sovranismo” quello di Trump, ma che almeno ha risparmiato l’Assemblea Generale di quei toni apocalittici dell’anno scorso quando minacciò di “totalmente distruggere” la Corea del Nord.

Un discorso che comunque andava contro quello poco prima pronunciato dal Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres che, invece, avvertiva che il “multilateralismo” e le sue istituzioni, come l’ONU, erano sotto assedio da parte di certi governi populisti che scaricano le colpe di tutti i problemi all’esterno e fanno perdere la fiducia dei popoli nelle istituzioni multilaterali. “Il mondo è più connesso ma allo stesso tempo più diviso” ha detto Guterress, che ha messo in guardia dal ritorno dei nazionalismi e inasprimento delle relazioni internazionali.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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