Stop della Lega all’adesione dell’Italia al Global Compact for Migration. La notizia aveva cominciato a prendere piede dopo la risoluzione contro il patto ONU sui migranti presentata dal capogruppo leghista in Commissione Esteri, Paolo Formentini, secondo cui l’accordo sarebbe “l’ennesimo tentativo di ingerenza nelle politiche nazionali”. Qualche ora più tardi, è giunta l’ufficializzazione del ministro dell’Interno e vicepremier, Matteo Salvini. Che ha chiarito che il Governo italiano non firmerà il documento sull’immigrazione, non parteciperà all’attesa Conferenza di Marrakech, e che sarà il Parlamento a decidere se aderire o meno al trattato.
“Il Global Migration Compact è un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini. Riteniamo opportuno, pertanto, parlamentarizzare il dibattito e rimettere le scelte definitive all’esito di tale discussione, come pure è stato deciso dalla Svizzera”, ha affermato Salvini. Le cui politiche in tema di migrazione sembrano in effetti fortemente in contraddizione con la maggioranza dei principi enunciati nel patto ONU. Non è un caso che la leader dell’altro partito di (estrema) destra italiano, Giorgia Meloni, lo abbia definito “folle”, in quanto “distrugge di fatto i confini e gli Stati nazionali favorendo l’immigrazione incontrollata”. Un’interpretazione, questa – bisogna dirlo – alquanto “rielaborata”, visto che il Global Compact non è vincolante e riconosce esplicitamente il ruolo della legge e la sovranità di ogni Stato. Non c’è dubbio, tuttavia, che il patto chieda fortemente il rispetto dei diritti umani dei migranti, nonché una “responsabilità condivisa” degli Stati nella gestione del fenomeno (e su questo Salvini non sarà forse in disaccordo), voglia contrastare “tutte le forme di discriminazione e promuovere un discorso pubblico per rimodulare la percezione della migrazione”, e affermi la necessità di creare vie regolari e sicure di immigrazione per contrastare il traffico di esseri umani.
In merito alla decisione enunciata da Salvini, il sottosegretario agli Affari Esteri Manlio Di Stefano – con cui di Global Compact avevamo parlato durante la sua partecipazione all’Assemblea Generale ONU a settembre – si è così espresso sulla sua pagina Facebook: “La follia della stampa italiana è quella di voler raccontare un governo in contrasto su tutto, salvo poi avere testimonianza concreta del contrario, e, nella migliore delle ipotesi, raccontare la favoletta di Matteo Salvini o Luigi Di Maio che impongono una linea all’altro e al Presidente Giuseppe Conte”. E ha proseguito: “Sul Global Compact for Migration abbiamo discusso e si è arrivati ad una soluzione ovvia e totalmente condivisa: parliamo di un documento che pone temi e questioni diffusamente sentiti anche dai cittadini, che stimola le sensibilità di tutti, è fondamentale quindi parlamentarizzare il dibattito e lasciare che sia il Parlamento a decidere il da farsi. La stessa scelta è stata fatta dalla Svizzera che era addirittura facilitatore del testo ovvero l’aveva ideato”. Quanto alla mancata partecipazione italiana alla Conferenza Intergovernativa di Marrakech, il Sottosegretario ha dichiarato che i tempi necessari ad avere il “parere del Parlamento” “non possono certamente combaciare” con l’appuntamento internazionale. E ha concluso dicendo che “stiamo parlando di un testo NON vincolante, esattamente come gran parte di ciò che esce dalle Nazioni Unite, quindi è davvero inutile scaldarsi nel sostenerlo o nel contrastarlo perché, nella migliore delle ipotesi, sarà l’ennesimo inutile blocco di fogli pieno di buone intenzioni lasciate cadere al vento”.
Per dovere di cronaca, quando aveva parlato con noi a settembre, ci era sembrato più ottimista in merito perlomeno alle potenzialità del Global Compact, e più risoluto sul ruolo e sugli obiettivi dell’Italia: “Io ci credo, se, come Unione Europea, si mette al centro l’idea che questi organismi vivono di credibilità. Abbiamo l’esigenza di crederci e di lavorare perché si ottengano dei risultati”, aveva detto. E aveva poi specificato: “Poi, la questione migratoria è un argomento da campagna elettorale permanente in tutti i Paesi: purtroppo, ci sono situazioni in cui, e lo si è visto anche nei dibattiti durante il Global Forum, mentre si porta avanti una pratica alle Nazioni Unite, in patria si dice tutt’altro. Noi su questo siamo coerenti: nel mio speech ho ribadito la necessità di una maggiore condivisione, e che il Global Compact sulle migrazioni punti a questo. Ora stiamo a vedere cosa succede: noi ci mettiamo il nostro contributo, ma sono 193 Paesi…”. E del resto, lo stesso premier Giuseppe Conte aveva assicurato la partecipazione dell’Italia all’iniziativa: “I fenomeni migratori”, aveva affermato, “richiedono una risposta strutturata, multilivello, di breve, medio e lungo periodo da parte dell’intera comunità internazionale. Su tali basi sosteniamo il Global Compact su migrazioni e rifugiati”.
Ad ogni modo, poche ore prima che Salvini ufficializzasse la posizione del governo Conte, Louise Arbour, la Rappresentante Speciale ONU per la Migrazione Internazionale, ha dichiarato apertamente che l’intenzione di diversi Paesi (tra cui Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Austria) di ritirarsi dal Global Compact “ha seriamente compromesso lo spirito di multilateralismo”. “Penso abbia un impatto molto negativo su coloro che hanno partecipato ai negoziati”, ha detto. “È molto deludente vedere questo tipo di inversione a così stretto giro da quanto è stato concordato il testo”.
Lo stesso Segretario Generale Antonio Guterres, nella sua lettera indirizzata ai leader del G20, ha confermato il suo pieno appoggio al Global Compact on Refugees e al Global Compact for Migration, che, ha scritto, “forniscono un inquadramento completo per la cooperazione internazionale nel campo della mobilità umana”. In questo senso, il Segretario Generale ha invitato “i leader del G20 a sostenere un sistema di migrazione globale in grado di soddisfare la domanda di mobilità che esiste nelle nostre popolazioni sempre più dinamiche”. Un invito che, tuttavia, appare ogni giorno di più destinato a rimanere lettera morta.
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