Tra gli eventi sponsorizzati dall’Italia in prima fila nel corso della settimana dell’Assemblea Generale, martedì 25 settembre si è tenuto un evento di alto livello sulla pena di morte, Death Penalty: Poverty and the right to legal representation (qui il video): argomento, peraltro, di recente che sta particolarmente a cuore all’Alto Commissario per i Diritti Umani Michelle Bachelet e che è tornato di recente sotto i riflettori con la decisione di papa Francesco di depennarla dal catechismo della Chiesa Cattolica.
A rappresentare l’Italia, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. L’incontro, fa sapere la Farnesina, è stato occasione per un chiarimento tra il Ministro e l’Alto Commissario, dopo le tensioni delle scorse settimane. La nota del Ministero fa anzi sapere che c’è stato modo di “condividere il riconoscimento del notevole impegno italiano nel salvataggio e nell’assistenza ai migranti che attraversano il Mediterraneo”.
Parlando di pena di morte, Bachelet ha fatto riferimento all’Agenda 2030 adottata dagli Stati membri nel 2015, la cui essenza, in effetti, si risolve nel rispetto dei diritti umani – diritto all’educazione, alla salute, a un’abitazione dignitosa e molto altro. E, “per ‘non lasciare indietro nessuno’ davvero”, ha detto Bachelet, “l’azione di sviluppo deve essere sostenuta dalla certezza della legge”. “Quando parliamo di ‘certezza della legge’, intendiamo i diritti umani”, quelli sanciti nella Dichiarazione di Vienna del 1993 che, ha raccontato Bachelet, ha voluto rileggersi poco prima di assumere l’incarico di Alto Commissario.
“Non c’è dubbio che, finché la pena di morte continuerà ad esistere, ci saranno sempre errori o abusi” nell’applicazione del diritto umanitario internazionale, ha detto Bachelet. Per questo, si è appellata agli Stati membri, chiedendo loro piena collaborazione per portare a termine l’Agenda 2030, e, nel caso specifico, per promuovere l’abolizione della pena di morte, “con un sistema di giustizia più forte nel proteggere i diritti umani”. “Chiediamo a tutti gli Stati di dimostrare il proprio impegno per l’abolizione universale della pena di morte”, ha chiosato.
“Abbiamo fortemente supportato tutte le iniziative su questo tema in tutto il mondo, e anche qui all’ONU, per sradicare la legislazione sulla pena di morte”, ha puntualizzato il ministro Moavero, ricordando, tra le altre cose, che l’impegno italiano “si inscrive nella cultura legale del nostro Paese: cito solo il lavoro del noto Cesare Beccaria nel XVIII secolo”.
Moavero ha sottolineato che, mentre la prima legislazione dell’Italia Unita non prevedeva la pena di morte, questa è stata reintrodotta, non a caso, durante il fascismo, circostanza che stabiliva “un collegamento tra pena di morte e mancanza di libertà”. Ma a parte per la parentesi fascista, il Ministro ha osservato che, “per una volta, l’Italia ha dato il buon esempio, che incoraggiamo tutti a seguire”. Moavero ha poi confermato il link, citato anche nel titolo della conferenza, tra pena di morte, povertà e mancanza di rappresentanza legale, perché “la pena di morte è spesso usata contro persone che non sono in grado di difendersi.
Per l’Italia, dunque, l’eliminazione della pena di morte è un obiettivo da raggiungere al più presto su scala globale, specialmente dopo la risoluzione in proposito del 2007, il che non significa che “non dobbiamo punire chi si è macchiato di crimini terribili, ma non abbiamo diritto di togliergli la vita e di rischiare un errore irreversibile”, ha concluso il titolare della Farnesina.