Continua l’esperienza dei meeting legati alla Commissione sullo stato delle donne; e continua anche il confronto tra differenti nazioni e contesti culturali sulla discriminazione di genere. Il 14 marzo, terzo giorno della Commissione, si è tenuto alla Missione Italiana presso le Nazioni Unite il “Fighting violence against women: a shared commitment of the Italian Parliament”, organizzato da Italia, EIGE e Spagna.
A moderare il panel è stata questa volta Pia Locatelli, deputata italiana e Presidente Onoraria dell’Internazionale Socialista Donne. Partecipavano alla discussione la Vice Ministra Teresa Bellanova, Christian Veske, Coordinatore dell’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (EIGE), Francesca Puglisi, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, Maria Rizzotti, Vicepresidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, Anna Rossomando, deputata italiana, Paz Lopez, dell’Istituto Nazionale delle Donne in Messico e Susana Camarero, Presidente della Commissione per l’Uguaglianza di Genere del Senato spagnolo.
“Desidero parlare oggi a nome di tutte le donne italiane: di quelle conosciute e famose nel mondo”, ha esordito la Vice Ministra, “ma in particolare vorrei parlare a nome delle tante donne, mogli, madri, sorelle e figlie vittime ogni giorno di violenza domestica e, soprattutto, dar voce alle 121 donne uccise in Italia nel 2017. Il tempo a disposizione non mi consente di fare i loro nomi ma è anche per loro che oggi siamo qui”.

Infatti, la discussione è stata di forte impatto, e ha messo in evidenza i miglioramenti che stanno percorrendo la storia della legislazione italiana nell’ambito della violenza di genere, ma non solo. Si parla di sensibilizzazione, prevenzione e educazione, di un processo massivo che pian piano sta facendo riemergere l’Italia dal Medioevo, soprattutto quello mediatico. “E sono sicura che il prossimo Parlamento continuerà a lottare per questo”, ha detto Locatelli.
Un processo lento ma efficace, che ha incontrato diverse tappe fondamentali, tra cui l’adesione del nostro Paese alla “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica” (c.d. Convenzione di Istanbul) e la ratifica della “Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale” (c.d. Convenzione di Lanzarote) dal punto di vista internazionale, e il rafforzamento dell’assistenza alle vittime di violenza e i loro figli, e lo stanziamento di ingenti finanziamenti sia nel settore pubblico sia in quello privato a livello nazionale.
Ma ancora a livello nazionale, e soprattutto culturale, la violenza di genere è molto radicata. E’ una questione “del presente, e ci parla del futuro”, ha detto Anna Rossomando, e servono piani che siano di grande coinvolgimento, anche degli uomini. Ed è anche una questione di “dignità della persona”, ha continuato, “le donne sono il punto più sensibile della storia che stiamo vivendo, e sta a noi fare di loro le protagoniste del cambiamento”.
Per capire che in Italia la sensibilizzazione sulla violenza di genere sta acquisendo sempre più consistenza, basta guardare il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, che è stata la prima Commissione istituita in Italia con lo scopo di analizzare lo stato della violenza sulle donne e prendere coscienza di quanto il nostro Paese avesse fatto finora per prevenirla, riconoscerla e perseguirla.
“Anche se l’Italia sta beneficiando del lavoro fatto dalla Commissione dal punto di vista legislativo, il numero di femminicidi rimane pressocché invariato”, ha detto Francesca Puglisi. E poi, c’è anche il problema dell’applicazione reale del corpo legislativo. “L’articolo 31 della Convenzione di Istanbul è molto spesso violato”, ha detto la senatrice riguardo a ‘custodia, diritti di visita e salvaguardia’. Infatti, “se da una parte sappiamo che il networking attorno alle vittime si sta sviluppando”, molto spesso “a livello locale” le autorità non lo incoraggiano.
Anche Maria Rizzotti ha lavorato con determinazione nella Commissione. “Il tema della violenza è sempre una parte integrande della vita quotidiana”, ha detto la deputata. Si può dire che, finalmente, le istituzioni italiane stanno iniziando a riconoscere che la violenza, soprattutto quella di genere, più che essere considerata pura azione individuale, è influenzata da fenomeni e tradizioni culturali. Per questo “occorre agire per favorire una nuova dimensione culturale”, ha continuato Rizzotti, sottolineando che è importante comunicare a tutti che “la parità non è ‘un genere contro un altro’, ma un principio di responsabilità e complementarietà”.
Davanti all’incredibile progresso spagnolo, però, le tappe raggiunte dall’Italia sembrano ancora lontane dal traguardo finale. Nel suo discorso riguardo al percorso spagnolo, Susana Camarero ha lasciato tutti a bocca aperta. La Spagna è stata infatti il primo Stato, in tutta Europa, a muoversi contro discriminazione e violenza di genere. Ma non solo, nonostante sia incredibilmente avanti rispetto al resto della Comunità, continua a mantenere il suo committment e esplorare nuove idee.

E’ “un Paese pioniero, che ha continuato a legiferare con costanza per migliorare il sistema”, ha detto la deputata spagnola. Lavorano sulla sensibilizzazione, attraverso “educazione, perché il ciclo della violenza di genere possa finire, formazione degli operatori, soprattutto quelli giuridici” e campagne, che si rivolgano soprattutto ai perpetratori. “Che provenga dalle aree rurali, che sia anziana, che abbia limitazioni di qualche tipo, ogni donna deve avere una sua campagna specifica”, che si possa adattare alla sua lingua e i suoi bisogni. E lavorano anche su assistenza psicologica, giuridica, sociale, economica, servizio a cui le cittadine possono ora accedere anche se non hanno denunciato i perpetratori.
Tuttavia, a parte l’esperienza Spagnola e di altri Paesi particolarmente avanzati, la situazione a livello globale rimane non sufficiente. E anche dove esiste una legislazione di tutela, molto spesso manca l’applicazione. Per esempio, “lo stato messicano riconosce che c’è ancora un grande gap tra legge e realtà”, ha detto Paz Lopez, “e la vera sfida che dobbiamo affrontare è l’implementazione”.
A livello di Unione Europea, invece, qualcosa si sta muovendo. L’EIGE (Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere), pur essendo nato da un decennio, è già diventato un pilastro – così l’ha definito la moderatrice del panel – dell’organizzazione regionale. Christian Veske ha infatti spiegato come l’Istituto si stia muovendo per raccogliere dati, cosa che rimane ancora un compito arduo. Ma, ad ogni modo, “continueremo a lavorarci su, e implementare la nostra cooperazione con i vari Paesi”.
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