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Al suo ultimo giorno all’ONU, Bellanova difende il Jobs Act e avverte Calenda

"In questi anni non mi sono mai risparmiata", ha detto la Vice Ministra dello Sviluppo Economico, che ha rimarcato l'efficacia della riforma del lavoro

Michela DemelasbyMichela Demelas
Al suo ultimo giorno all’ONU, Bellanova difende il Jobs Act e avverte Calenda
Time: 6 mins read

“Il lavoro di questa Commissione è vitale per mettere fine agli stereotipi e alle discriminazioni che limitano le opportunità disponibili per donne e bambine”, aveva dichiarato Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, inaugurando l’inizio dei lavori della Commissione sullo stato delle donne di questi giorni. E forse vitale lo è davvero; perché, come abbiamo visto nei giorni precedenti, gli Stati stanno dialogando l’uno con l’altro, e si stanno dando coraggio a vicenda per affrontare il cambiamento.

Almeno è stato così per la Vice Ministra dello Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, che abbiamo incontrato il 15 marzo al Palazzo di Vetro e che tornerà in Italia lasciandosi un’esperienza importante alle spalle. “Quello che mi porto a casa è il rafforzamento della rete di tutte le persone che vivono questi appuntamenti…Qui vedo di anno in anno una maggiore crescita culturale”.

“Possiamo anche individuare gli strumenti”, ha detto Bellanova, riferendosi al Piano d’azione contro la violenza sulle donne, il finanziamento ai centri antiviolenza e ai centri di prima accoglienza, ai nuovi strumenti di formazione, informazione e prevenzione. “Ma tutto questo, se non fa sedimentare una nuova cultura del rispetto tra generi, rischia di non essere sufficiente. Da qui vado via con questo punto di forza. Ho trovato una maggiore sintonia, una maggiore consapevolezza che questa battaglia si può portare avanti, e con grande successo”.

La Vice Ministra parteciperà oggi al suo ultimo incontro della Commissione “per un’altra buona prassi, cioè sulla presenza delle donne nei consigli di amministrazione. L’Italia ha fatto una legge per prevedere la presenza delle donne e che punta sulla gradualità e sullo stimolo ad avere una partecipazione delle donne nei consigli di amministrazione; e oggi ci permettiamo di dire che siamo il Paese che ha, da questo punto di vista, il risultato migliore in assoluto. E ora andiamo a discutere con altri rappresentanti su questo tema”.

Riguardo alla legge sul Caporalato, che aveva presentato ampliamente il 14 marzo, Bellanova ha ribadito che è importante perché prevede il reato di riduzione in schiavitù. Conseguentemente, prevede anche l’arresto sia per il caporale che per l’imprenditore agricolo che utilizzi la figura del caporale per partecipare allo sfruttamento del lavoratore. Nella legge sul Caporalato, la Vice Ministra ci ha rivelato quali sono per lei i punti più importanti: il primo è che chi denuncia lo fa “sapendo che potrà avere la possibilità di continuare a lavorare e di seguire il processo che ne viene fuori, stando nel Paese. E l’altro è che abbiamo previsto la nomina di un custode giudiziario nel momento in cui viene riscontrata la riduzione in schiavitù”, in modo che si possa dare “continuità lavorativa e stimolare le persone a fare denuncia”.

Infatti per lei il settore agricolo “non è un settore del passato, non dev’essere assimilato alla fatica e allo sfruttamento”, ed è sicuramente un settore peculiare: “se si interviene in una zona industriale e si produce un danno economico, in qualche modo poi si può riparare. Se si interviene in agricoltura bloccando l’attività, il prodotto marcisce e non è solo danno economico, ma è anche un disincentivo per le persone a lavorare”.

Ma date le mutate condizioni politiche, la strada percorsa finora dal governo potrebbe essere vanificata. “Non sarei me stessa se dicessi che non ho questa preoccupazione, ma voglio continuare a coltivare la speranza che almeno su questi punti fondamentali” – della lotta contro il femminicidio, del mantenimento del piano d’azione nazionale contro la violenza alle donne, dell’azione contro le mutilazioni genitali, ecc.. – “il nostro Paese possa tenere alta l’asticella culturale che abbiamo insieme costruito”.

Infatti su queste urgenze si è costruito un dialogo che ha coinvolto diverse forze politiche, che sono riuscite a superare “gli steccati ideologici e andare al cuore. Spero che il Parlamento che si insedierà il 23 marzo possa affermare con nettezza e con chiarezza che su questi punti non si torna indietro”, ha auspicato la Vice Ministra.

Ma visto che si parlava di risultati elettorali e del futuro del nostro Paese, La Voce di New York le ha voluto chiedere cosa pensasse delle parole che Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico, avrebbe detto sul Jobs Act, considerato dal Ministro “sbagliato” secondo quanto riportato da Repubblica. Nelle ore in cui lo stesso Calenda ha però precisato che per lui il Jobs Act rimane “una riforma fondamentale e positiva per l’Italia”, pur confermando le proprie perplessità  nei confronti dell’attuale sistema di ammortizzatori sociali post-riforma, Bellanova ha commentato: “Io non l’ho sentito, ma voglio sperare per il Ministro Calenda che questa sia una dichiarazione che gli è stata attribuita, perché la riforma del mercato del lavoro è uno dei punti importanti sui quali si è misurato il nostro Paese”. Infatti, ha continuato la Vice Ministra, che ha sempre difeso l’operato del PD e dei governi Renzi e Gentiloni, il Jobs Act ha dato risultati importanti. “Io appartengo ad uno schieramento che ha perso, è stato sconfitto e dobbiamo andare all’opposizione”, ma nonostante questo ha precisato che non smetterà di rivendicare con orgoglio questa riforma: “Ci tengo molto a quella parte della riforma con cui facciamo un’inversione rispetto a quella che era una pratica in uso nel nostro Paese, quella delle politiche passive”, ha continuato la vice ministra,  che ha criticato l’assistenzialismo e la complicità di sindacati, istituzioni e imprese che finiscono per essere a spese dello Stato. “Noi, invece, nella riforma del mercato del lavoro abbiamo puntato sulle politiche attive: più formazione, più possibilità per le persone di passare da un posto di lavoro all’altro, più innovazione”, ha proseguito nella risposta. E ha fatto capire che, se si fosse continuato come in passato, non ci sarebbe stata l’opportunità di imparare e costruire qualcosa di buono durante i tavoli di crisi. “I tavoli di crisi sono complessi, si fanno incontri, si fa un lavoro oscuro che non va sui giornali, dove devi cercare di costruire. L’importante è avere le idee chiare e i nervi saldi, perché far saltare un tavolo di crisi è facile, ricostruirlo è una cosa complicatissima”.

Bellanova ha ricordato che “abbiamo fatto 1200 tavoli di crisi in questi anni, e la stragrande maggioranza sono stati chiusi con accordi firmati da tutte le organizzazioni sindacali. Io posso dire che in quei tavoli ho riscontrato che più che la crisi globali, più che le difficoltà generali, quello che ha pesato è stata la mancata innovazione”. Infatti, laddove invece si riesca a portare le aziende a riflettere e investire le proprie risorse – e non quelle pubbliche – il settore pubblico può intervenire per “dare gli strumenti della formazione, della qualità della pubblica amministrazione, della sburocratizzazione; e, a quel punto, quando questi fattori si sono messi insieme, arrivano i risultati importanti. Ci sono aziende, che adesso non cito, che erano partite con la dichiarazione di esuberi, con l’avvio dei licenziamenti e delocalizzazione della produzione, e invece ora sono rientrate con le produzioni e hanno rafforzato le condizioni del lavoro”.

“Ma come mai questi ‘grandi risultati’ non sono stati abbastanza per far sì che gli elettori potessero fidarsi di voi?”, abbiamo chiesto alla Vice Ministra.

“Perché la crisi era troppo importante e non siamo stati in condizione di dare risultati ai pezzi che erano più pesantemente investiti dalla crisi”, ci ha risposto Bellanova. Che ha chiosato: “Quando hai la crisi più lunga dell’ultimo secolo, in quattro anni fai cose importanti ma non sono sufficienti, o almeno, per noi non sono stati sufficienti per dare un segnale a quei milioni di esclusi – compresi quei milioni di esclusi che sono stati tenuti nel purgatorio dell’ammortizzazione sociale”. Guai infatti “a chi pensa che con l’ammortizzatore sociale si possa rimettere in piedi l’economia e dare un futuro alle persone”, ha esclamato Bellanova. “Dobbiamo utilizzare gli ammortizzatori sociali come un momento di passaggio. Dopodiché le risorse devono essere destinate all’ innovazione”.

Ed è sull’innovazione che la deputata ha messo poi l’accento mentre ha parlato di ricerca e di integrazione dei giovani: “Il più grande fattore di innovazione che abbiamo sono ragazze e ragazzi”. Profili che ora si trovano fuori dal mondo del lavoro e su cui bisogna investire. “E come lo facciamo? Distribuendo ammortizzatori sociali? No, perché se sono così lunghi, diventano l’altra faccia del reddito minimo garantito”, ha continuato, “noi invece dobbiamo continuare a puntare – e vale per me, per il Partito Democratico, e spero che valga anche per il Ministro Calenda – sul lavoro, il lavoro vero”.

“Avreste potuto fare di più? Avete fatto degli sbagli?” ha chiesto La Voce di New York.

“Quello che si è fatto è sempre meno di quello che si deve fare. Però, so che per quattro anni non mi sono risparmiata e, come me, tutti gli altri componenti del governo”, ha concluso la Vice Ministra, grande sostenitrice del PD.

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