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Su Israele, Guterres replica a Trump: “Nessuna alternativa ai due Stati”

In un breve stakeout con i giornalisti all'ONU, Antonio Guterres risponde a Trump e condanna soluzioni unilaterali: "Nessun piano B"

Davide MamonebyDavide Mamone
Su Israele, Guterres replica a Trump: “Nessuna alternativa ai due Stati”

Il Segretario Generale Antonio Guterres, durante lo stakeout con i giornalisti (Foto VNY / D.M.)

Time: 4 mins read

“Dal primo giorno come Segretario Generale ONU ho consistentemente detto di essere contro ogni genere di soluzione unilaterale che mettesse a repentaglio le prospettive di pace tra Israele e Palestina”. E ancora: “Gerusalemme è una questione che deve essere risolta attraverso la negoziazione tra due parti”. Perché “voglio essere chiaro: non esiste nessuna alternativa alla soluzione a due Stati. Non c’è nessun piano B”.

A 24 ore dalla decisione del presidente USA Donald Trump di spostare l’ambasciata statunitense di Israele a Gerusalemme e nei minuti in cui il Presidente americano ha confermato il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres  dal Palazzo di Vetro ha risposto con fermezza al nuovo approccio statunitense sulla questione israelo-palestinese. E ha confermato una posizione già esplorata finora da ampie parti della comunità internazionale. Lo stesso Guterres, del resto, durante un recente viaggio tra Gerusalemme, Israele e Palestina, svoltosi negli scorsi mesi, aveva difeso con forza la soluzione a due Stati. Una soluzione che per il Segretario Generale si deve continuare ora più che mai a perseguire per raggiungere la pace, e che è stata ribadita durante l’incontro con i giornalisti al Palazzo di Vetro dell’ONU, nel corso di un brevissimo stakeout (appena 2 minuti).

Nel punto stampa non sono state ammesse domande dei cronisti, a seguito della lettura delle dichiarazioni di Guterres: segno di come la tensione di queste ore sia palpabile e di come qualsiasi parola detta fuori posto potrebbe far crollare il già instabile equilibrio. Guterres ha espresso prima empatia verso Israele e Palestina sulla questione Gerusalemme: “Comprendo il profondo attaccamento che Gerusalemme tiene nel cuore di così tante persone. È stato così per secoli e lo sarà sempre”. Poi ha evidenziato che le “legittime aspirazioni di entrambi i popoli saranno raggiunte”, ma solo quando si realizzerà “la visione di due stati che vivono fianco a fianco in pace, sicurezza e riconoscimento reciproco”.

L’obiettivo della pace lo si è ritrovato anche nelle parole di Donald Trump. Nel suo discorso da Washington, una manciata di minuti prima di quello di Guterres, nell’annunciare ufficialmente il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele, il presidente USA ha infatti detto che “questo nuovo approccio degli Stati Uniti” si è reso necessario per “sbloccare una situazione rimasta ferma troppo a lungo”. La radicale decisione statunitense di riconoscere Gerusalemme capitale israeliana, infatti, “serve per il raggiungimento della pace”. Una città, Gerusalemme, “che deve restare aperta a cristiani, musulmani ed ebrei”, ha aggiunto Trump. Una pace, in Medio Oriente, “necessaria per espellere il radicalismo”.

Nel ping-pong di dichiarazioni, reazioni e posizioni, senza volerlo forse, Trump e Guterres si sono quasi copiati su due aspetti. Il primo. Sia il presidente USA che il segretario ONU hanno esplicitato la volontà di fare tutto quanto sia possibile nelle loro possibilità per risolvere la situazione. Trump ha infatti sottolineato:  “Farò tutto ciò che è in mio potere per un accordo di pace israelo-palestinese che sia accettabile per entrambe le parti”. Concetto ribadito da Guterres: “Da parte mia, come Segretario generale delle Nazioni Unite, farò tutto quanto è in mio potere per sostenere i leader israeliani e palestinesi affinché tornino a negoziati significativi e realizzino questa visione di una pace duratura per entrambe le persone”. La differenza, forse, sta proprio in quella parolina: negoziati, che nel discorso di Trump non ha trovato spazio, o almeno non in quel passaggio e in modo esplicito. Il secondo aspetto è forse più cruciale: la soluzione a due Stati. Antonio Guterres lo ha detto subito, nei primi passaggi del suo discorso: non c’è alternativa a quel genere di soluzione. Ma anche Trump lo ha confermato: “Gli Stati Uniti continuano a sostenere la soluzione dei due Stati”.

Il presidente Donald Trump nel suo discorso alla Casa Bianca dove ufficializza il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele

Ci sarà ora da capire, però, con quale approccio questa intenzione verrà cavalcata rispettivamente da USA e ONU. Il cambiamento di approccio dell’amministrazione statunitense finora è stato accolto con calore solo da due personalità: l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite Nikki Haley che continua a sostenere in modo esplicito le posizioni del suo presidente (“Oggi, il Presidente ha fatto un passo coraggioso e storico, che era da tempo che si doveva fare. In tutto il mondo, l’America ha la sua ambasciata nella capitale del paese ospitante. Israele non sarà diversa. È la cosa giusta e giusta da fare”), e il presidente israeliano Benjamin Netanyahu: “Un atto coraggioso e storico, una pietra miliare. La decisione di Trump è un passo importante verso la pace, perché non ci può essere alcuna pace che non includa Gerusalemme come capitale di Israele”, ha detto.

Tolti Haley e Netanyahu, però, le reazioni dagli altri Paesi sono state fredde, per usare un eufemismo. Emmanuel Macron ha detto che “la Francia non approva la deplorevole decisione del presidente USA Donald Trump su Gerusalemme”. Dal Cairo, “l’Egitto ha denunciato la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme quale capitale di Israele e ha respinto ogni effetto di questa decisione”. L’Italia, con il Ministro degli Esteri Angelino Alfano ha detto che “l’unica soluzione per la questione israelo-palestinese è quella a due Stati”. Theresa May, primo ministro britannica, ha detto che “la capitale deve essere condivisa”. Papa Francesco ha detto che “lo status quo di Gerusalemme deve essere rispettato, aggiungendo che “nuove tensioni potrebbero infiammare il conflitto”. Il segretario generale della Lega Araba Ahmed Aboul Gheit ha dichiarato invece che quella di Trump è “una provocazione ingiustificata”. Mentre critiche e preoccupazioni sono arrivate anche da Cina e Russia.

L’affondo più duro, però, è ovviamente arrivato dallo Stato di Palestina. Il presidente Abu Mazen ha dichiarato di aver ordinato alla delegazione diplomatica palestinese di lasciare Washington e di rientrare in patria: ”Gerusalemme è la capitale eterna dello Stato di Palestina: con questa decisione gli Stati Uniti hanno deciso di uscire dalla lista dei mediatori e hanno dato il bacio della morte alla soluzione a due Stati”. Il presidente palestinese ha anche accusato Trump di aver offerto un premio immeritato ad Israele, ”che pure infrange tutti gli accordi”.

Intanto, mentre a Gaza continuano le proteste con bandiere statunitensi in fiamme, Hamas ha dichiarato che la decisione su Gerusalemme “aprirà le porte dell’inferno”. E il vice presidente USA Mike Pence si appresta a intraprendere un viaggio diplomatico in Medio Oriente tra i più complicati della giovane scoppiettante amministrazione statunitense.

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Davide Mamone

Davide Mamone

Davide Mamone è un giornalista freelance di base a New York. Cresciuto a Milano, di origini palermitane, collabora con Radio Popolare, ha scritto reportage per testate italiane come L'Espresso, Panorama e InsideOver e per testate americane come Market Watch del gruppo Dow Jones Newswires. Ha coperto le Nazioni Unite per La Voce di New York.

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