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L’UNESCO e la protezione dei giornalisti: parla Audrey Azoulay

Abbiamo posto due domande alla nuova direttrice dell'agenzia ONU responsabile della protezione dei giornalisti e della libertà di stampa

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
L’UNESCO e la protezione dei giornalisti: parla Audrey Azoulay

Audrey Azoulay, Director-General of UNESCO mentre parla ai giornalisti fuori dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU (FOTO ONU/Kim Haughton)

Time: 2 mins read

Nell’ultimo giorno di presidenza italiana del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, fuori allo Stake-Out con i giornalisti, giovedì c’era anche la nuova direttrice dell’UNESCO Audrey Azoulay già ministro della Cultura francese. Azoulay era con l’ambasciatore italiano Sebastiano Cardi per raccontare ai giornalisti la riunione dedicata dal CdS alla protezione del Cultural Heritage. Quando la telecamera dell’ONU si è spenta, e Azoulay e Cardi si stavano calorosamente salutando, noi ci siamo avvicinati alla nuova direttrice dell’UNESCO e le abbiamo chiesto una domanda sulla situazione della libertà di stampa nel mondo e la protezione dei giornalisti.

Azoulay, parlando in francese, si è fermata a rispondere alle domande de La Voce.

La situazione della libertà di stampa ed espressione nel mondo, in particolare la situazione in Egitto e in Turchia, quanto la preoccupa?

“Innanzitutto fa parte del mandato esplicito dell’UNESCO. Infatti nei pilastri del mandato oltre la cultura, l’istruzione, la scienza, c’è anche la libertà d’espressione, e la libertà d’espressione oggi è l’accesso alla verità, e l’accesso alla verità passa attraverso i giornalisti. Per me uno dei 4 pilastri dell’UNESCO è di difendere il diritto dei giornalisti a esercitare il proprio lavoro, e questo include anche la sicurezza dei giornalisti, che sfortunatamente in questi ultimi anni più che nel periodo precedente, ci sono giornalisti assassinati nel quadro della loro missione. Non si tratta soltanto della sicurezza dei giornalisti ma anche di tutti gli argomenti che vengono tiranti fuori per mettere in discussione il lavoro dei giornalisti. Penso alla sviluppo delle Fake News, e non bisogna preoccuparsi della sicurezza dei giornalisti solo quando vengono assassinati ma anche quando ai giornalisti non è consentito esercitare il proprio lavoro attraverso l’intimidazione o l’incarcerazione. L’UNESCO può agire attraverso i governi nella sua funzione di patrocinio, nella formazione dei giudici, delle forze di polizia, lavorare in profondità nelle legislazioni che permettono di proteggere questo lavoro nei diversi paesi…”

Cosa pensa della proposta che il Segretario Generale dell’ONU nomini anche un inviato speciale per la protezione dei giornalisti?

“C’è bisogno di avere un miglior coordinamento, non è solo dell’UNESCO ad avere competenza in materia, anche a Ginevra si trova parte della competenza. Penso che si possa avere all’interno dell’ONU un miglior coordinamento per la protezione dei giornalisti che può effettuarsi attraverso un inviato o un rappresentante speciale, la Francia l’aveva già proposto all’Assemblea Generale dell’ONU il settembre scorso. Se questa sarà la scelta del segretario generale Antonio Guterres, l’ UNESCO farà del suo meglio per coordinarsi con questa nuova funzione perchè credo che non possiamo permetterci il lusso di rifiutare il nostro sostegno a questa causa che necessita il nostro aiuto. Ci sono altri modi di farlo, sarà la scelta dell’ONU, in ogni caso noi saremo cooperativi e di sostegno in tutta iniziativa che rinforza la protezione dei giornalisti in un momento in cui ne abbiamo molti in pericolo e che sfortunatamente che vediamo tutti i giorni”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e dirigo La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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