Perseguire un processo di stabilizzazione politica e di riconciliazione, per restituire normalità al Paese. Attraverso il dialogo. Che deve essere inclusivo e, secondo il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, “intra-libico”. Perché la Libia, dopo anni di frammentazione, è ancora spaccata e in crisi. “Rimaniamo convinti che la questione libica debba essere affrontata senza alcun approccio ideologico”, ha detto il Premier Gentiloni, durante il suo intervento al meeting “High-Level Event on Libya”, il 20 settembre, in occasione della 72esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale, António Guterres, presente alla conferenza, l’ha definito “un incontro che potrà avere un significato storico”. Perché alla conferenza per discutere il futuro del Paese erano presenti tutti.
A partire dal Primo Ministro del Governo di Accordo Nazionale della Libia, Fayez al-Serraj. L’unico riconosciuto dall’Onu. E a cercare di rimettere insieme i pezzi di uno stato distrutto da anni di conflitti interni, anche il Presidente francese Emmanuel Macron, la premier inglese Theresa May, il Presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi (seduto accanto a Gentiloni, ndr), l’Alto rappresentante degli Affari esteri dell’Unione europea, Federica Mogherini e Ghassan Salamé, l’inviato speciale del Segretario Generale dell’ONU in Libia, a capo della missione UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya).

Un meeting che, per Gentiloni, rappresenta un passo importante negli sforzi comuni per supportare la stabilizzazione. “In un Paese che sta ancora lottando per trovare una via d’uscita dal processo di transizione, è nostra comune responsabilità appoggiare completamente la Road Map tracciata da Ghassan Salamé e i suoi sforzi volti a ristabilire le Nazioni Unite al centro dell’azione internazionale in Libia”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio italiano. “Yes, we have to be ambitious”. Dobbiamo essere ambiziosi, ha detto. “Tenere elezioni politiche nel Paese dovrebbe essere sicuramente l’obiettivo. Ma accelerare il processo elettorale senza il raggiungimento di una corretta riconciliazione nazionale, un completo ‘cessate il fuoco’ e l’adozione di una Costituzione e di una legge elettorale, potrebbe essere controproducente”, ha dichiarato il Presidente Gentiloni durante il suo discorso. Che ha compreso altri temi, come i flussi migratori e il terrorismo. “Daesh is the other challenge”, Daesh e il terrorismo sono l’altra grande sfida. Oltre all’assistenza sanitaria, per cittadini e profughi, sviluppo economico e sicurezza: “L’ONU dovrebbe rafforzare il proprio ruolo in tutti questi campi”, ha dichiarato Gentiloni. “I migranti sono lì”, ha aggiunto il Presidente, che ha sottolineato l’importanza di vigilare sui loro diritti affinché siano sempre rispettati. Ma a poche ore dal suo intervento, il primo grande naufragio al largo delle coste libiche, dopo gli accordi del Ministro dell’Interno Marco Minniti e il governo libico che potrebbe essere costato la vita a un centinaio di persone.
Al termine del High-Level Event, Ghassan Salamé ha parlato alla stampa. Prima in francese e in inglese. Poi in arabo. Il Rappresentante Speciale, davanti ai giornalisti, ha sintetizzato al Palazzo di Vetro in due punti le questioni principali trattate in conferenza. Prima di tutto, l’urgenza di una stabilizzazione politica e non militare, sostenuta all’unanimità dai Paesi che si sono espressi. Poi l’importanza di elezioni che siano adeguate: “In Libia le elezioni ci sono state, ma non hanno rappresentato una vera alternanza”, ha dichiarato Salamé che ha parlato, piuttosto, di un accumularsi di parlamenti e amministrazioni che, una dopo l’altra, non si sono mai riconosciute tra di loro.

“Vorremmo elezioni con vera alternanza”, ha detto Salamé. E alla domanda su chi o cosa possa ostacolare questo cambiamento ha risposto: “Coloro che si sentono favoriti dallo status quo e che non hanno interesse affinché si muovano le cose”. Quindi chi estrae risorse e chi, attraverso operazioni militari, detiene il potere e domina parte del territorio libico: “Sono loro a non aver alcun interesse a far instaurare un processo di normalizzazione del Paese”. Che, secondo il report di Salamé, ai libici serve. Per il capo di UNSMIL, la Libia, infatti, avrebbe bisogno di “istituzioni normali”, attive ed energiche “e non, come oggi, di una sicurezza frammentata e di un’economia di predazione. Faranno di tutto perché il processo non si compia”.
E alla domanda successiva, su cosa lo renda ottimista, Salamé ha risposto: “Non ho inventato nulla, ho riportato ciò che i libici mi hanno chiesto. Nelle ultime settimane ne ho incontrati centinaia. Quello che vogliono è mettere fine a quella che loro chiamano ‘crisis fatigue’ e terminare la transizione”. Sono arrabbiati, dice l’accademico libanese. “Sono frustrati dal vivere in povertà in un Paese ricco, che è un paradosso, e da ciò che non hanno: protezione e servizi sociali. Questo processo ha bisogno di un passaggio finale: giuste e libere elezioni”.