“In Libia esistono centri di detenzioni dove vige la legge del più forte, dove persone vengono torturate e violentate. Bambini compresi. E in tutto questo, c’è un’Europa che tace”. Francesco Rocca, presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, era stato chiaro già dal settembre del 2016, prima dell’inizio dell’ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite: sulla gestione dei flussi migratori e sul rispetto dei diritti umani le parole non erano più sufficienti, bisognava passare ai fatti. A distanza di un anno, però, quei fatti non sono arrivati e anzi la situazione è persino peggiorata, con un “preoccupante deterioramento delle condizioni umane delle persone”.
Giovedì 17 agosto, il presidente Rocca ha incontrato il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, al quale ha auspicato un intervento su due fronti. Da un lato un supporto istituzionale più forte per chiedere all’Europa (“Responsabile di averci lasciati soli”, e quindi della “modifica, spero non genetica, del tessuto connettivo del nostro Paese da sempre basato sulla solidarietà”) di fare di più e meglio nella gestione dei flussi migratori. E dall’altra un’attenzione maggiore e diretta sul fronte della Libia, un Paese che è a tutti gli effetti oggi è in guerra. Perché oggi, come ha spiegato in una conferenza stampa successiva all’incontro con Guterres, “persone innocenti in fuga, che si trovano in acque internazionali, vengono rispedite in un Paese in conflitto”. E la situazione in questo momento, nonostante sia positivo “il fatto che il Segretario Generale, che ringrazio, ci abbia ricevuti”, non può essere più accettabile.

Presidente Rocca, il governo italiano ha cambiato posizione su ONG, gestione dei flussi migratori e rimpatri. Cosa vi aspettate nei prossimi mesi?
“Come Croce Rossa non corriamo dietro la politica, ma su questo aspetto c’è stato un arretramento da parte del governo. Mentre noi eravamo impegnati a discutere su uno specchietto delle allodole, ovvero il codice di condotta che ha certificato quello che già sapevano tutti, noi abbiamo vissuto l’allargamento della zona SAR (Search and Rescue, ndr), da parte della guardia costiera libica, oltre a un arretramento rispetto alla questione dei diritti umani. Il tema del governo spero sia un tema provocatorio e provvisorio, altrimenti è preoccupante”.
In questo contesto, le politiche migratorie proposte dall’Europa si sono rivelate miopi e fallimentari. Qual è la posizione di Croce Rossa a riguardo?
“Che siano fallimentari si è detto concorde anche il Segretario Generale Guterres. Noi stiamo sopportando questo peso come porta d’Europa, non come accesso all’Italia. Non dobbiamo dimenticare che il 90% delle persone che arriva non vuole rimanere nel nostro Paese. Come Italia, in questo contesto, ci troviamo con le frontiere chiuse e un piano di ricollocamento delle persone che hanno diritto a essere protette totalmente fallimentare”.

Quali sono i numeri?
“Ci aspettavamo 30mila persone redistribuite in tutta Europa, ne sono state riallocate 3mila: numeri infinitesimali”.
Come Croce Rossa, quali sono le vostre richieste?
“Da un lato al nostro governo di fare di più, ma dall’altro richiamiamo con forza l’assenza di solidarietà da parte dei paesi dell’UE”.
Oggi il tessuto sociale del nostro Paese è a rischio e la paura del diverso vince sul concetto di solidarietà. Chi è il responsabile di tutto questo?
“L’Europa porta con sé l’enorme responsabilità di averci lasciato soli, il che ha modificato il vissuto solidale del nostro Paese, quel tessuto connettivo basato sulla solidarietà che ci ha sempre caratterizzato. Spero non sia una modifica genetica: su questo, oggi l’istituzione europea è completamente assente”.
Dopo l’incontro con il Segretario Generale Antonio Guterres, cosa si aspetta dalle Nazioni Unite?
“Da un lato mi auguro, per quello che riguarda l’Europa, una capacità di moral suasion diversa, rispetto al ruolo che è proprio delle Nazioni Unite. Dall’altra una capacità di garantire l’accesso umanitario in Libia, un Paese che è a tutti gli effetti in guerra”.
Croce Rossa opera in Libia attraverso gli operatori di Mezzaluna Rossa Internazionale. Qual è la situazione umanitaria, oggi?
“Ci sono decine di rapporti che lo raccontano. Esistono centri di detenzioni, e neanche i nostri volontari sono riusciti a entrarvi in tutti, dove vige la legge del più forte, dove ci sono torture e violenze: la situazione dei diritti umani non è sotto controllo e il numero di cadaveri che i nostri operatori trovano sulle spiagge libiche è estremamente crescente. In tutto questo c’è un’Europa che però tace”.

Il Segretario Generale Antonio Guterres, in occasione della “Giornata Internazionale del Rifugiato” più di un mese fa, aveva fatto intendere che l’accordo Italia-Libia sull’immigrazione, se colpisce anche i rifugiati, violerebbe il Diritto Internazionale. Ha ragione secondo lei? Con gli accordi tra Roma e Tripoli, l’Italia sta violando il diritto internazionale ?
“Il problema è che questi accordi non sono chiari: noi fingiamo di stare alla finestra nel momento in cui la guardia costiera libica espande fino a 100 miglia la sua area SAR. Tecnicamente non c’è un

accordo come quello fatto in Turchia, per il quale la mia posizione era stata dura ed esplicita. Qui, se c’è, c’è un gioco silenzioso che deve essere smascherato, o comunque si deve fare in modo che ci sia una tutela forte dei diritti umani”.
In questo senso, qual è il suo messaggio al Ministro dell’Interno Marco Minniti?
“È il momento in cui il governo italiano può mostrare dove mette i diritti umani nella sua scala di priorità. E io spero ovviamente siano i primi di quella scala”.