Martedì 19 luglio, il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, è intervenuto alle Nazioni Unite alla conferenza ministeriale sugli #SDGs, gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile del 2030. Fuori dal Palazzo di Vetro ha incontrato i giornalisti per parlare di ambiente, futuro e cambiamenti climatici. Con una frecciata all’amministrazione Trump. La Voce di New York gli ha posto diverse domande.
Ministro, lei è ottimista per questi obiettivi per lo sviluppo sostenibile per il 2030? Si concretizzeranno?
“Non solo sono ottimista ma sono entusiasta. Sono orgoglioso che ci troviamo qui a presentare come Italia, tra i primi Paesi al mondo, la strategia sullo sviluppo sostenibile. Ragionare su queste cose significa invertire il modo di fare politica. Noi oggi viviamo sull’emergenza: incendi, disoccupazione, immigrazione. Se non c’è programmazione tutti questi problemi continueremo a viverli in emergenza. Noi invece siamo qui oggi per pensare a una strategia che affronti proprio questi problemi, non altri, perché nei 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile ci sono esattamente le cose di cui stiamo parlando: dai cambiamenti climatici alla povertà fino all’immigrazione. E iniziamo ad affrontarli in maniera strategica nel tempo e con degli strumenti che abbiamo già messo in campo. All’ONU ho presentato la cassetta degli attrezzi: governance – non solo ministero dell’Ambiente e Agricoltura ma tutti ministeri che si muovo assieme in cabina di regia -, monitoraggio e quantificazione. Credo sia davvero un passo importante. Noi dobbiamo crederci ed essere orgogliosi di quello che stiamo facendo”.
Il fatto che il Paese più importante, gli Stati Uniti, abbia oggi un’amministrazione Trump scettica sui problemi ambientali e quindi anche, pensiamo, sui temi dello sviluppo sostenibile, cosa comporta?
“Non mi nascondo dietro un dito, questo è un problema. Credo però che la società civile e l’industria americana siano oltre il loro governo. Al G7 Ambiente a Bologna ho firmato protocolli d’intesa con multinazionali americane, penso a Unilever e Ibm, che si sono impegnate per raggiungere questi obiettivi, contenuti nell’Agenda 2030. È venuto anche un rappresentante della California a Bologna per dirci che 13 Stati continueranno a portare avanti le stesse politiche, precedenti all’arrivo di Trump. Ci sono condizioni per andare avanti, poi è chiaro che la politica americana può incidere negativamente”.
Il motore degli obiettivi infatti rimane ancora quello degli Stati Uniti, il Paese politicamente più importante e l’economia più forte al mondo. Come si possono raggiungere quindi questi obiettivi nonostante il freno americano?
“Gli altri devono fare di più e meglio ed è quello che stiamo provando a fare. Come Europa ad esempio che ha ribadito in più occasioni, al G7 Ambiente a Bologna e al G20 ad Amburgo, che l’accordo di Parigi e l’Agenda 2030 sono irreversibili, gli unici strumenti per combattere i cambiamenti climatici. Ma non solo”.
Ovvero?
“Appena finito il G7 Ambiente ho preso la valigia e sono corso in Cina. Avevo bisogno di trovare un alleato importante, dopo l’adesione di Paesi altrettanto importanti come Giappone e Canada e i Paesi europei. E in Cina ho avuto conferma che quel popolo è determinato a portare avanti questi obiettivi. Gli americani così rinunciano anche a una leadership importante, in campi che sono anche campi sociali certo, ma anche campi importantissimi dal punto di vista economico. Oggi aderire all’Agenda 2030 significa entrare nell’economia circolare, che è l’economia del 21esimo secolo che porterà innovazione e porterà sviluppo: chi rimane fuori da quel processo la pagherà cara in termini economici delle proprie imprese”.
Ha incontrato qualcuno della delegazione USA qui all’ONU?
“No, nessuno”.
Oggi il nostro Paese brucia.
“Il mio Ministero è competente riguardo le zone soggette a parco nazionale. Sono in contatto in queste ore con il presidente del Vesuvio e del Cilento, e la situazione rimane critica ma è migliorata. Su questo voglio essere chiaro: ci siamo dotati due anni fa, con questo Governo e questo Parlamento di uno strumento importantissimo, gli eco-reati. Oggi questi fuochi sono per lo più incendi dolosi e lo dico con molta chiarezza: oggi il disastro ambientale e l’aggravante all’interno dei parchi sono puniti con una pena di reclusione oltre i 20 anni. E io credo che questi, permettetemi di usare questo termine, idioti criminali si meritino tutti i 20 anni di carcere perché stanno bruciando il patrimonio naturale e turistico del nostro Paese. E questo è un danno irreparabile”.
La guardia forestale, che una volta c’era in Italia e che faceva un certo lavoro di controllo, perché toglierla? È stato un errore?
“No, perché è confluita nell’arma dei Carabinieri. Esiste ancora. Quella mossa ci ha dotato della più grande polizia ambientale e agricola di tutta Europa. Certo, una fase di avvio la stiamo scontando, ma non ho visto un ritardo nell’intervento sull’emergenza. E chiaro che di fronte a centinaia di roghi, dovuto un po’ agli idioti criminali di cui dicevo prima e un po’ alla condizione climatica, viene veramente difficile. Oggi in Italia abbiamo una siccità che non registravamo da decenni: chiaramente il danno c’è e noi siamo dimensionati per affrontare un’emergenza, non una super emergenza. Forse dobbiamo piuttosto interrogarci per il futuro e capire se quello che sta capitando quest’anno è un’evenienza straordinaria o se ci sarà futuro fatto di siccità”.
Su questo aspetto il Segretario Generale ONU Antonio Guterres ha detto che l’orologio fa “tic-tac”. Con che frase l’Italia risponde a questo appello?
“Con le politiche che stiamo mettendo in campo. Siamo già in discussione su strategia e sviluppo sostenibile, ed è in discussione pubblica la strategia energetica nazionale che è incentrata tutti su obiettivi climatici del 2030. Per la prima volta l’ambiente diventa una politica strategica industriale per il Paese ed è questa la grandissima novità: la strategia industriale del Paese passa attraverso gli obiettivi ambientali. Se non vogliamo arrivare al 2030 impreparati, quando diventerà irreversibile il cambiamento climatico, ci dobbiamo muovere oggi e credo che l’Italia stia guardando al futuro”.
C’è un legame tra super-siccità e cambiamenti climatici?
“Questo non ce lo confermano neanche gli scienziati ancora. Sicuramente io credo, da quello che ho potuto constatare in questi anni, che il clima è cambiato. Abbiamo affrontato moltissime emergenze per le famose bombe d’acqua ad esempio: in certe zone pioveva in un’ora quello che in genere pioveva in un anno. E poi oggi affrontiamo una siccità che in Italia non c’era da almeno 15 anni. In questi giorni si sono verificati anche casi emblematici: un incendio molto forte da una parte, con una tromba d’aria che è arrivata a spegnere quel fuoco dall’altra, in una stessa Regione”.
In questo contesto, che ruolo possono avere le previsioni meteorologiche?
“Diventano determinanti: in questo contesto, Bologna sarà sede dal 2019 del centro dati meteo, che prima era solamente a Reading in Inghilterra. E Bologna se l’è meritato perché c’è un polo tecnologico e universitario estremamente competitivo, che le ha permesso di essere preferita ad altre capitali europee”.
Una domanda sulla questione dell’immigrazione: l’Italia continua a ricevere complimenti, ma anche critiche dall’ONU (ultime quelle dell’UNICEF) e intanto continua a non essere aiutata. C’è qualche novità? Ha avuto qualche incontro qui al Palazzo di Vetro?
“Non ho avuto modo di avere nessuna occasione di confronto, su questo. Quello che posso dire è che sono orgoglioso di quello che il mio Paese ha fatto in questi anni e che continua a fare. Detto questo, l’Europa non può pensare sia un problema solo italiano: deve farsi carico di una parte del problema”.