Mercoledì 24 agosto il Joint Investigative Mechanism (JIM) ha rilasciato un report fondamentale nel quale si afferma chiaramente che in Siria sono stati portati avanti attacchi chimici letali tra il 2014 e il 2015, sia da parte del governo di Assad che dei militanti dell’ISIS. Il report fa riferimento a nove casi in totale. Due di questi sono da attribuire alle forze filo-governative fedeli al regime, che ha colpito con il cloro le città di Talmenes il 21 aprile 2014 e di Sarmin il 16 marzo 2015, entrambe nel governatorato di Idlib. Lo Stato Islamico è invece stato dichiarato responsabile per l’attacco con iprite a Marea, nella zona di Aleppo, il 21 agosto 2015. Le indagini riguardanti i restanti casi non hanno permesso di individuare un colpevole certo, come aveva invece sperato il Consiglio di Sicurezza durante la riunione del 23 agosto riguardo alla non-proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Nel 2013 la Siria si era impegnata, tramite un accordo con Mosca e Washington, a distruggere il suo arsenale chimico ed unirsi alla Convention sulle Armi Chimiche mirata a sradicare l’intera categoria delle armi di distruzione di massa. Il Consiglio di Sicurezza aveva sostenuto il patto con la Risoluzione 2118 approvata nel settembre dello stesso anno, che ha definito l’uso di armi chimiche come “una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali” ed ha proibito alla Siria ogni tipo di uso, sviluppo, produzione o scambio di materiali sensibili. La Risoluzione accorda inoltre all’ONU la possibilità di intervenire militarmente nel caso il patto non venga rispettato, sfruttando i principi del Capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite che permette agli Stati membri di ricorrere ad ogni mezzo possibile per far rispettare una Risoluzione, incluse sanzioni economiche e azioni militari.
L’ultimo report del Joint Investigative Movement ha suscitato reazioni forti all’interno del Palazzo di Vetro, in particolare da parte degli Stati Uniti. L’ambasciatrice all’ONU Samantha Power ha infatti così commentato gli ultimi dati: “Il ripetuto uso di armi chimiche da parte della Siria è orribile e rappresenta la più grande sfida alla legittimità della Convention sulle Armi Chimiche dalla sua entrata in vigore. Inoltre, è un affronto ad un secolo di sforzi fatti per creare e rafforzare norme internazionali che proibiscono l’uso di armi chimiche. Il mondo ha rigettato questo tipo armi, che non sono altro che uno strumento barbarico e ripugnante per la coscienza di tutto il genere umano. Il Consiglio di Sicurezza non può rimanere indifferente — ha proseguito Power — davanti agli effetti devastanti delle armi chimiche. La comunità internazionale deve agire per punire coloro che non rispettano le norme internazionali fondamentali. Quando chiunque, sia esso un governo o un gruppo terroristico, evade in modo così palese il divieto all’utilizzo di armi chimiche senza andare incontro ad alcuna conseguenza viene inviato il segnale che l’impunità domina e si indebolisce pesantemente il programma di contro-proliferazione”. L’ambasciatrice americana ha poi invitato tutti i membri del Consiglio ad unirsi per assicurare che i responsabili degli attacchi chimici in Siria vengano puniti: “È essenziale che tutti gli attori statali e non statali cessino immediatamente di usare armi chimiche. Gli Stati Uniti invitano tutti gli Stati ad appoggiare azioni forti e decise da parte del Consiglio di Sicurezza”.
Il tema delle armi chimiche è un punto dolente per Washington da quando, nel 2012, il presidente Barack Obama aveva affermato pubblicamente che l’uso di questo tipo di armi da parte del governo siriano avrebbe rappresentato un superamento della “linea rossa”. Quando però un anno dopo Assad bombardò la città di Goutha causando più di 1700 morti, Obama decise all’ultimo momento di non attaccare militarmente la Siria, come ci si aspettava, e preferì invece patteggiare con il governo di Assad (e con il Cremlino).
Anche nelle ultime ore la Casa Bianca ha reagito al report del JIM utilizzando toni più pacati rispetto a quanto dichiarato dalla Rappresentante all’ONU Samantha Power. Il portavoce per il Consiglio di Sicurezza della Casa Bianca Ned Price ha infatti affermato in un comunicato che, nonostante “sia ormai possibile negare che il regime siriano ha ripetutamente usato cloro industriale come arma contro il suo stesso popolo”, il governo americano lavorerà insieme alla comunità internazionale perchè i colpevoli si facciano carico delle proprie responsabilità “attraverso gli appropriati meccanismi diplomatici”. Nessun accenno, quindi, a reazioni forte o immediate.
In seguito alla diffusione del report l’ambasciatore della Russia alle Nazioni Unite Vitaly Churkin ha dichiarato che il Cremlino è pronto a lavorare con gli USA all’ONU per rispondere in modo adeguato agli attacchi: “Abbiamo un interesse comune nell’evitare questo tipo di eventi, anche nel pieno di una guerra”. Parlando con i giornalisti poi Churkin ha affermato che, sebbene molti pensano che ci sarebbero state tensioni tra Russia e Stati Uniti sul tema, “questo non avverrà, perchè il JIM è una creazione di entrambi i paesi”.
Il Consiglio di Sicurezza tornerà a discutere sull’argomento il 30 agosto ma ci sono forti dubbi riguardo alle azioni concrete che verranno intraprese. Nonostante quanto recentemente dichiarato da Churkin la Russia è infatti sempre stata molto vicina al governo di Assad e si è spesso dimostrata contraria ad imporre forte sanzioni sfruttando anche, se necessario, il suo diritto di veto.