Il 23 agosto il Consiglio di Sicurezza si è riunito al Palazzo di Vetro in occasione di un dibattito aperto sul difficile tema della non-proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Prima di iniziare la discussione il Rappresentante Permanente della Gran Bretagna alle Nazioni Unite Matthew Rycroft ha rilasciato alcuni commenti ai giornalisti riguardo alle speranze nutrite nei confronti dell’imminente riunione, affermando che “sarà un dibattito fondamentale focalizzato sulla prevenzione. Dobbiamo in tutti i modi evitare che queste armi arrivino nelle mani di gruppi terroristici come Da’esh o dittatori come Assad”.
Il rischio che attori non statali entrino in possesso di armi nucleari è infatti estremamente preoccupante ed era già stato affrontato dalle Nazioni Unite con la Risoluzione 1540, adottata all’unanimità nell’aprile 2004.
Al dibattito del 23 agosto era presente anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon che durante il suo discorso ha definito l’eliminazione delle armi di distruzione di massa come “uno degli obiettivi più importanti per la comunità internazionale”. Il Segretario ha affermato che “l’unico modo per prevenire la distruzione che queste armi causano a livello umano, ambientale ed esistenziale è eliminarle una volta per tutte. Per raggiungere questo obiettivo noi, i rappresentanti della comunità internazionale, dobbiamo fare in modo che le piattaforme di disarmo e non-proliferazione siano implementate su scala globale e secondo modalità abbastanza versatili, che si adattino all’ambiente in costante cambiamento in cui viviamo oggi”.

Ban Ki-moon ha inoltre ricordato che l’eliminazione di questo tipo di armamenti è uno dei princìpi guida delle Nazioni Unite, tanto da essere scelto come argomento principale per la prima Risoluzione redatta dall’Assemblea Generale. Dopo i successi ottenuti con il Trattato di non-proliferazione del 1979, le due Conventions rispettivamente sulle armi chimiche e biologiche e varie Risoluzioni del Consiglio del Sicurezza, oggi la situazione torna ad essere più preoccupante che mai anche perchè, come ha affermato Ban Ki-moon: “gli sviluppi nel campo della tecnologia hanno reso la costruzione e la distribuzione di armi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari più economica, facile e accessibile. Il processo di disarmo sta vivendo una situazione di impasse, è giunto il momento di tornare a prendere seriamente in considerazione il problema”.
Il Segretario ha anche puntato l’attenzione sul crescente problema delle armi biologiche quali la febbre gialla, l’ebola o la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS). “Sono estremamente preoccupato perchè credo che la comunità internazionale non sia adeguatamente preparata per prevenire o reagire ad un prossimo attacco biologico. L’impatto e le conseguenze di questo — ha affermato Ban Ki-moon — potrebbero rivelarsi ben più temibili di quelle di un attacco chimico o radiologico, e gli sforzi fatti in questo campo non sono commisurati alla gravità del pericolo”. I vari paesi avranno modo di confrontarsi sull’argomento durante l’ottava Riunione per la Revisione sulle armi biologiche, prevista per il dicembre prossimo.
In seguito Ban Ki-moon ha proseguito richiamando l’attenzione anche sui rischi rappresentati dallo sviluppo di nuove tecnologie quali intelligenza artificiale, stampa 3D e biologia sintentica. “Di certo i numerosi sviluppi in questi campi stanno cambiando la vita a milioni di persone, ma un loro potenziale abuso può portare alla distruzione. Il legame tra queste tecnologie emergenti e le armi di distruzione di massa è molto stretto, dobbiamo proteggere le persone dagli attacchi virtuali così come da quelli fisici”.
Durante uno stakeout per la stampa il Rappresentante Permanente della Malesia all’ONU e attualmente presidente del Consiglio di Sicurezza è stato interrogato da Matthew Lee di Inner City Press a riguardo delle nuove tecnologie ed ha affermato che l’argomento è stato sollevato durante il dibattito e che i membri del Consiglio stanno riflettendo sulle modalità d’azione collettive da intraprendere anche dal punto di vista tecnologico.

Nel corso del dibattito Kim Won-soo, Alto Rappresentante per l’Ufficio di Disarmo ONU, ha affermato che “la comunità internazionale ha fatto dei progressi nell’ultimo anno riguardo all’eliminazione della armi di distruzione di massa e spero che quando il Joint Investigative Mechanism consegnerà il suo rapporto domani esso avrà individuato correttamente i responsabili dei disastrosi attacchi. C’è però ancora molto da fare. Non siamo ancora pronti a reagire in modo adeguato alle minacce poste dai potenziali attacchi chimici, nucleari e biologici che si prospettano”. Anche Won-soo si è riferito alle armi biologiche con una retorica particolarmente preoccupata, dichiarando: “È necessario iniziare a prevenire i rischi biologici. Se la prevenzione dovesse fallire, non sapremmo come gestire la situazione”.
L’Ambasciatrice americana Samantha Power ha affermato durante il dibattito che “attori statali e non statali continuano a sfruttare le armi chimiche e il materiale nucleare e radioattivo comprato sul mercato nero. Allo stesso tempo, le grandi possibilità offerte dalla biologia sintetica portano con sé anche numerosi pericoli, e la crescente disponibilità di droni potrebbe significare una maggiore diffusione di materiali biologici, chimici e radiologici. Molti paesi si sono impegnati nel migliorare la situazione in vista della Risoluzione 1540, ma c’è ancora molto da fare”. Power ha poi spostato l’attenzione sul preoccupante uso di armi chimiche in Siria e Corea del Nord, dichiarando che “gli Stati Uniti condannano ogni tipo di attacco nucleare” e ricordando che il 21 agosto si è celebrato il terzo anniversario dell’attacco chimico su Ghouta, in Siria. “Siamo determinati a rintracciare il colpevole. La Siria fa parte della Convention sulle armi Chimiche, e l’uso di queste da parte del regime di Assad viola l’accordo e la Risoluzione 2118 delle Nazioni Unite” ha detto l’ambasciatrice americana, invitando poi la Corea del Nord a terminare definitivamente i test balistici, definiti come “una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali”, e ad allinearsi con le direttive della comunità internazionale. La Rappresentante americana ha terminato il suo intervento ripetendo il desiderio espresso dal suo paese di combattere in ogni modo la diffusione di armi chimiche e biologiche, precisando però che “le proposte che chiedono di creare una nuova convention sul tema sono fondate sulle falsi voci che attestano la presenza di falle legali nell’attuale sistema”.
Anche l’ambasciatore italiano Sebastiano Cardi ha preso parte alla discussione affermando che il nostro paese si allinea perfettamente con le direttive dell’Unione Europea a favore dell’implementazione della Risoluzione 1540: “L’Italia è preoccupata per l’aumento dei rischi rappresentati dagli attori non statali — ha dichiarato Cardi — e crede che tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali e le istituzioni dovrebbero impegnarsi per affrontarli in modo da poter essere considerati un esempio di cooperazione concreta da tutti i paesi che ancora non hanno presentato il proprio rapporto in merito alla Risoluzione. Bisogna aumentare gli sforzi in modo da favorire l’azione della Commissione per la Risoluzione 1540”. L’Ambasciatore ha poi ricordato che l’Italia si trova in prima linea per quanto riguarda la lotta alla proliferazione, ad esempio organizzando ogni anno la Scuola Internazionale sulla Sicurezza Nucleare presso il Centro Internazionale per la Fisica Teoretica di Trieste o conducendo diversi programmi di sicurezza in collaborazione con l’Organizzazione per la proibizione delle Armi Chimiche (OPCW).
“L’Italia crede che sia appropriato continuare a concentrarsi su quattro punti fondamentali: implementare la Risoluzione 1540 e invitare tutti gli Stati a consegnare il proprio report al più presto possibile; fornire ai paesi che ne hanno bisogno i mezzi necessari dal punto di vista tecnico, umanitario ed economico; coinvolgere attivamente tutti gli azionisti nell’attivazione della Risoluzione e favorire la cooperazione multilaterale con i governi e le organizzazioni regionali e internazionali; controllare le frontiere per impedire la circolazione di materiale sensibile che potrebbe favorire la proliferazione delle armi” ha poi affermato Cardi durante il dibattito, per concludere dichiarando che “In Italia l’industria, la società civile e l’accademia rimangono totalmente impegnate al fine di migliorare ulteriormente tutte le iniziative ora attive in modo da risolvere il problema”.
L’ormai troppo semplice produzione e diffusione delle armi di distruzione di massa preoccupa in modo particolare la comunità internazionale ed il rischio che attori non statali quali ISIS o Boko Haram entrino in possesso di queste tecnologie è altissimo.
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