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August 19, 2016
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L’Australia crudele che fa impazzire rifugiati e migranti

In Australia i barconi pieni di migranti vengono dirottati su centri in isole sperdute

C.Alessandro MauceribyC.Alessandro Mauceri
australia migranti proteste

Una protesta di migranti in un centro di detenzione australiano

Time: 3 mins read

Da anni ormai il problema dei rifugiati e dei richiedenti asilo assilla sia l’America che l’Europa (e in particolare l’Italia e la Grecia).

Eppure questo fenomeno non riguarda solo questi paesi: anche in Australia, dal 2001, i flussi di migranti sono rilevanti. Qui il “problema” viene affrontato in modo diverso e, sotto diversi punti di vista, criticabile.

In Australia, da molti anni, la prassi adottata dal governo è quella di respingere i barconi o di condurli in centri offshore su isole sperdute: le navi cariche di migranti e di rifugiati vengono portate principalmente sulle isole di Nauru e di Manus (sul territorio di Papua Nuova Guinea).

In questo paese vigono leggi molto severe riguardo ai richiedenti asilo, siano essi adulti o bambini.

Il progetto iniziale (e le promesse del governo) prevedevano un’accoglienza molto amichevole: i richiedenti asilo dovevano essere ospitati in case dotate di tutti i comfort (perfino l’aria condizionata).

La realtà è completamente diversa: appena sbarcati, i richiedenti asilo vengono portati in due campi, Topside e Campside, dove vengono condotti in una sorta di centro di detenzione, chiamato Centro di trattamento regionale (RPC), e alloggiati in tende di vinile (d’estate, in questi alloggi, le temperature raggiungono i 45/50 gradi centigradi). Qui vivono stipati in spazi ristretti e molti soffrono di problemi fisici e mentali dovuti alle condizioni di vita deplorevoli.

Su queste isole, fuori dai campi, praticamente la vita non esiste: Nauru è una piccola isola di 21 chilometri quadrati (è più piccola dell’aeroporto di Melbourne) con soli 10.000 abitanti. L’interno, devastato da 40 anni di estrazione mineraria di fosfato, è ormai per lo più inabitabile e incoltivabile. Anche nell’altro centro di accoglienza, sull’isola di Manus, le condizioni non sono migliori.

Ma a rendere la vita dei richiedenti asilo ancora peggiore è anche il comportamento loro riservato dal personale. In una recente inchiesta, il giornale inglese The Guardian ha parlato di migliaia di casi di violenze, abusi sessuali, minacce fisiche e psicologiche e aggressioni (solo tra maggio 2013 e ottobre 2015). Tanti, troppi per un centro che ospita poche centinaia di persone.

australia bambini proteste migranti
Bambini rifugiati durante una protesta nel marzo 2015, contro la loro detenzione nell’isola di Nauru (Foto: Amnesty International)

Ad essere oggetto di queste violenze spesso sono i bambini o i minori: nonostante siano meno del venti per cento dei “detenuti” totali, ben 1.086 rapporti sono riservati proprio a loro. “Il trattamento atroce dell’Australia ai rifugiati di Nauru nel corso degli ultimi tre anni ha avuto un enorme costo sul loro benessere” ha detto Michael Bochenek, consigliere per i diritti dell’infanzia di Human Rights Watch, che ha condotto l’indagine sul problema. 

Una situazione che le autorità nazionali hanno cercato di tenere nascosta il più a lungo possibile.  Ad alcuni ispettori dell’ONU è stato vietato di accedere ai campi. Anche l’accesso ai giornalisti è stato limitato il più possibile.

E mentre in Italia i rifugiati si lamentano per la scelta delle portate o per la “paghetta” che ricevono, in Australia, la situazione è diventata insostenibile: alcuni dei rifugiati hanno manifestato problemi gravi (come allucinazioni o disturbi mentali); alcuni bambini, costretti al silenzio, hanno deciso di cucirsi le labbra per protesta. Ancora più drammatica la protesta di un giovane richiedente asilo iraniano che, per protesta, si è dato fuoco durante la visita di tre ispettori giunti a Nauru da Canberra. Trasportato a Brisbane con un’eliambulanza, il ragazzo è morto a causa delle ustioni presenti sull’80 per cento del corpo. Anche la situazione sanitaria pare stia degenerando: il livello insufficiente di cure offerte dai centri di accoglienza sta mettendo a dura prova la salute delle persone.

Sono anni che i rifugiati protestano per le condizioni in cui vengono trattati. E nessuno fino ad ora ha fatto nulla. Durissimo il giudizio di Anna Neistat, direttrice della Ricerca di Amnesty International: “La politica dell’Australia di esiliare i richiedenti asilo che arrivano via mare è crudele fino all’eccesso”. “Pochi altri paesi fanno così tanti sforzi nell’infliggere deliberatamente sofferenza a persone in cerca di sicurezza e libertà”.  

Recentemente la Commissione australiana per i diritti umani (AHRC), l’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), un comitato ristretto del Senato e un esperto indipendente nominato dal governo hanno denunciato l’uso ripetuto di queste pratiche e hanno invitato il governo cambiarle.

La risposta del governo australiano, giunta dopo oltre un decennio di proteste, è stata che il campo di Nauru verrà chiuso. Non ha, però, fornito informazioni dettagliate sul destino riservato alle persone che attualmente vivono richiuse in quello che somiglia a un campo di concentramento. Quello in cui per decenni sono stati rinchiusi quanti, in fuga dall’inferno del proprio paese, hanno cercato di raggiungere l’Australia convinti di trovare il paradiso.

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C.Alessandro Mauceri

C.Alessandro Mauceri

Sono nato a Palermo, città al centro del Mediterraneo, e la cultura mediterranea è da sempre parte di me. Amo viaggiare, esplorare la natura e capire il punto di vista della gente e il loro modus vivendi (anche quando è diverso dal mio). Quello che vedo, mi piace raccontarlo con la macchina fotografica o con la penna. Per questo scrivo, da sempre: lo facevo da ragazzino (i miei primi “articoli” risalgono a quando ero ancora scolaro e dei giornalisti de L’Ora mi chiesero di raccontare qualcosa). Che si tratti di un libro, uno studio di settore o un articolo, raramente mi limito a riportare una notizia: preferisco scavare a fondo e cercare, supportato da numeri e fatti, quello che c’è dietro. Poi, raccontarlo.

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