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January 26, 2016
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Quando la CIA pianificava gli Stati Uniti d’Europa

Oggi il referendum Brexit, negli anni '50 le spinte USA per il mercato unico

James HansenbyJames Hansen
referendum-brexit

Allen e John Foster Dulles

Time: 2 mins read

Con l’entrata nel vivo del dibattito inglese sulla permanenza nella UE – il referendum Brexit – è tornata a galla nel Regno Unito una vecchia notizia che forse vale la pena conoscere, specialmente perché all’epoca è passata quasi del tutto inosservata in Italia. Nel 2000 un ricercatore della Georgetown University, Joshua Paul, ha trovato negli US National Archives prove documentali molto chiare che il progetto per l’Unione Europea nasce in non poca parte come una sofisticata iniziativa dell’intelligence americana. Tra gli altri documenti, un memorandum del 1950 dà istruzioni dettagliate sulla conduzione di una campagna per favorire la creazione di un parlamento europeo. È firmato dal Gen. William Donovan, il Direttore nel corso della Seconda Guerra Mondiale dell’OSS-Office of Strategic Services, diventato la CIA alla fine del conflitto.

Il principale veicolo per il coordinamento e il finanziamento è stato l’American Committee for a United Europe, l’ACUE, fondato nel 1948. Donovan, nominalmente tornato a vita privata, ne era il Presidente. Il Vice-presidente era Allen Dulles, il fratello del Segretario di Stato John Foster Dulles e lui stesso il direttore della CIA negli anni Cinquanta (lo stesso Allen Dulles che fu poi rimosso da John Kennedy nel 1962, e dopo l’assassinio di JFK fu chiamato dal Presidente Johnson a far parte della cosiddetta Commissione Warren che indagò sugli eventi di Dallas del 1963, ndr). Il Board era composto da numerose altre figure di primo piano nell’intelligence, sia di provenienza CIA che già attive nell’OSS. I documenti reperiti indicano che l’ACUE è stato di gran lunga il principale finanziatore del Movimento Europeo, la più importante organizzazione federalista europea del dopoguerra. Dimostrano, per esempio, che nel 1958 gli americani hanno fornito il 53,5% dei fondi del Movimento, che contava tra i suoi “presidenti onerari” personaggi del calibro di Winston Churchill, Konrad Adenauer, Léon Blum e Alcide de Gasperi. Alcuni dei suoi rami operativi, come la European Youth Campaign, erano totalmente finanziati e diretti da Washington.

Dalla documentazione emerge che i leader del Movimento Europeo, Joseph Retinger, Robert Schuman e l’ex Primo Ministro belga Paul-Henri Spaak, venivano a volte trattati alla stregua di “bassa manovalanza” dai loro sponsor americani—una fonte di comprensibile infelicità. Da parte americana, come in ogni operazione segreta come si deve, i fondi necessari giungevano a destinazione attraverso strade complesse.

L’ACUE era “pubblicamente” finanziato dalle Fondazioni Rockefeller e Ford, come anche da gruppi d’affari in rapporti stretti con il Governo USA. Con l’inizio degli anni ’60 e l’entrata nella fase più calda della Guerra Fredda, è scemato l’entusiasmo USA per l’approccio “soft” e i fondi sono stati spostati verso altre priorità. L’attenzione però era lenta a passare. L’archivio scoperto da Paul contiene anche un memorandum datato 11 giugno 1965 in cui la Sezione affari europei del Dipartimento di Stato USA consiglia al Vice-presidente dell’allora Comunità Economica Europea, l’economista francese Robert Marjolin, di perseguire l’obiettivo dell’unificazione monetaria europea agendo sottotraccia: gli raccomanda di sopprimere il dibattito al riguardo fino al momento in cui “l’adozione di tali proposte diventerà virtualmente inevitabile”.

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James Hansen

James Hansen

Americano della West Coast, vivo in Italia da molti anni. Sono arrivato, giovane, nel servizio diplomatico USA come vice console a Napoli. Lì ho capito che “da grande” non volevo fare l’ambasciatore. Sono passato al giornalismo come corrispondente dell’International Herald Tribune e del Daily Telegraph, in seguito spostandomi “dall’altra parte della scrivania” come capoufficio stampa di Olivetti, di Fininvest e infine di Telecom Italia. Da tempo mi occupo di “diplomazia privata”, accompagnando grandi aziende italiane nelle loro avventure internazionali. È la diplomazia che mi immaginavo da ragazzo, con obiettivi più o meno chiari e i mezzi e l’autonomia per perseguirli. An American from the West Coast, I have been living in Italy for many years. I got here young, with the diplomatic service as the US vice consul in Naples. There I realized that, as a grown up, I didn't want to be an ambassador. I turned to journalism as a correspondent for the International Herald Tribune and the Daily Telegraph, and later on, I moved to the “other side of the desk” as chief of press for Olivetti, Fininvest and finally Telecom Italia. I deal with "private diplomacy", backing up large Italian companies in their international adventures. It's the diplomacy as I imagined it when I was young, with more or less clear goals and the means and autonomy to pursue them.

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