Durante la conferenza stampa del relatore speciale delle Nazioni Unite per povertà e diritti umani, Philip Alston, sono emersi diversi punti critici sui progetti di sviluppo portati avanti dalla Banca Mondiale, accusata di non includere le tematiche chiave dello sviluppo sociale e del riconoscimento dei diritti umani nella realizzazione dei suoi programmi.
Alston ha spiegato l’importanza dell’includere le tematiche dei nuovi obiettivi del millennio 2030 nell’agenda della Banca Mondiale, che fino ad oggi si è limitata ad una valutazione puramente tecnica dei propri progetti sul campo, analizzando soltanto l’impatto che essi hanno sulle popolazioni aiutate in termini di benefici economici diretti ma senza mai includere le possibilità di sviluppo sociale che tali progetti dovrebbero generare.
Secondo Alston lo sviluppo sociale è trascurato dalla banca mondiale al punto che, una larga parte dei progetti portati avanti non ha tenuto conto delle implicazioni sociali di lungo termine, necessarie per garantire alle popolazioni aiutate un miglioramento effettivo delle condizioni di vita. Spesso infatti, al termine dei progetti intrapresi, tali condizioni risultano ritornare a livelli solo minimamente più elevati di quelli precedenti la realizzazione degli investimenti. Alston ha ad esempio citato la tematica dell’empowerment femminile, riconosciuto come una priorità ma, de facto, non incluso in nessuno dei progetti di sviluppo portati avanti dalla World Bank, che, pur operando in molti paesi in cui il ruolo economico della donna è subalterno, non è riuscita a creare delle basi stabili per garantire alle donne dei paesi aiutati la possibilità di emanciparsi ed ottenere un ruolo paritario nella propria società.
Per questo motivo, sostiene il relatore, “bisogna cambiare strategia” e “parlare coi governi faccia a faccia” per chiarire quali sono i risultati minimi richiesti dai programmi finanziati ed evitare ulteriori progetti fallimentari. “Per fare questo — ha poi specificato — bisogna effettivamente chiarire come si possano valutare i diritti umani dal punto di vista socioeconomico” e “definire in che modo la Banca Mondiale è già coinvolta o può essere coinvolta”. Secondo Alston infatti è necessario “riportare i diritti della Dichiarazione Universale nel contesto economico e sociale” per garantire alle popolazioni aiutate una pianificazione più attenta e dei risultati più certi. “Il problema — ha continuato — è la mancanza di coordinazione tra la progettazione e l’attuazione al livello politico dei progetti di sviluppo della Banca [che] sulla carta lavora benissimo, ma non riesce ad ottenere risultati incisivi sul campo”.
Nel corso del suo discorso Alston non ha risparmiato però nemmeno le Nazioni Unite, accusate di non riuscire ad essere sufficientemente incisive nel persuadere i governi a cooperare ed a perseguire una vera agenda di sviluppo comune. Riguardo il problema del riconoscimento dei diritti umani come valore fondamentale nei paesi più poveri, il relatore speciale non ha dubbi: “sono realista, ci sono paesi in cui non c’è molto che si possa fare per implementare i diritti umani” — ha detto — ma le Nazioni Unite hanno una grande responsabilità: parlare di diritti umani è diverso da far riconoscere i diritti umani, bisogna studiare metodi più efficienti per far sì che i paesi in cui questi diritti sono negati siano incentivati a riconoscerli, altrimenti non è facile che lo facciano da soli”.
“In questo campo — ha poi continuato Alston — vorrei che alcuni stati, principalmente dell’America Latina, collaborassero più strettamente con la banca per condividere le loro capacità, visto che in molti casi hanno saputo seguire un processo di sviluppo che li ha portati ad ottenere risultati ottimi dal punto di vista dello sviluppo economico e del riconoscimento dei diritti inalienabili per i cittadini e per le minoranze, dopo diverse esperienze tragiche di dittature che avevano lasciato molti paesi in pessime condizioni”. L’importanza data dal relatore speciale alla condizione dei paesi Latinoamericani potrebbe in effetti essere dettata, oltre che dalla portata storica dei risultati raggiunti dai paesi della regione (alcuni dei quali avevano intrapreso piani di sviluppo nazionale aspramente criticati dalle istituzioni economiche sovranazionali, ma risultati più che efficaci) anche dalle critiche mosse da diversi dei paesi dell’area alla Banca Mondiale, accusata in più occasioni di agire in maniera non conforme ai criteri che dovrebbero muoverla.
Ad una domanda de La VOCE (nel video sopra, dal minuto 18:20), Alston, che è anche docente all’NYU, ha affermato senza troppe esitazioni: “come professore, se dovessi valutare la Banca Mondiale, in un ipotetico esame riguardante la lotta alla povertà, dovrei bocciarla”. E ha poi continuato: “è evidente che nonostante le statistiche dicano che la povertà assoluta è diminuita, la situazione è molto più complicata, soprattutto nelle aree dell’Africa subsahariana, dove i miglioramenti sono minimi e giungono troppo lentamente. La Banca Mondiale potrebbe fare molto meglio se solo volesse, ma non vi è alcuno sforzo in tal senso”. Alla luce di queste dichiarazioni, Alston ha affermato che spera in una maggiore cooperazione tra ONU e Banca Mondiale, a cominciare dai meeting congiunti che si terranno a novembre, per consentire una maggiore integrazione tra i due organismi e superare lo stallo politico-organizzativo che negli ultimi tempi sembra aver impedito ad entrambi di agire in maniera efficace per lo sviluppo dei popoli.