L’apertura, giovedì, di 72 chilometri a doppia corsia nel canale di Suez, cambia la struttura dei traffici marittimi globali, portando l’Asia, e in particolare la Cina, dentro il Mediterraneo. Per questo l’evento merita qualche riflessione. La prima riguarda la sottorappresentazione dell’Italia alla giornata del “grande regalo fatto dall’Egitto al mondo”, come hanno tenuto a precisare le autorità del Cairo. Abbiamo mandato il ministro della Difesa, ma la Russia era presente con il primo ministro Medvedev e i cugini francesi con il presidente Hollande, dichiarato “ospite d’onore”.
Abdel Fattah al Sisi, presidente egiziano in carica, ha stupito con la grandiosa opera realizzata in un solo anno e con il trionfo della festa di giovedì (ha percorso il canale a bordo del Mahroussa, il primo vascello che, nel 1869, scivolò su quelle acque, e fatto eseguire, tra fuochi d’artificio e danze locali, la marcia trionfale dell’Aida verdiana), consegnata a un popolo la cui unità e istintiva bonomia è stata frustrata, negli ultimi anni, dal feroce scontro tra islamisti e regime militare. Il “nuovo” canale (259 milioni di metri cubi di terra desertica scavata e un investimento di 8,2 miliardi di dollari) si avvantaggerà dell’allargamento di 37 chilometri del tracciato originale e dello scavo di una nuova via di 35 chilometri. Soldi ben spesi se le previsioni sono giuste: le superpetroliere e i mercantili di nuova generazione, sinora dirottate sul Capo di Buona Speranza, sceglieranno Suez nel percorso verso il Mediterraneo e l’Europa. Gli incassi dei noli saliranno dagli attuali 5,3 miliardi di dollari a 13,2 miliardi nel 2023, grazie alle navi in transito che passeranno dalle 47 giornaliere attuali a 93. Alla metà del secolo l’economia che girerà intorno al canale (porti, zona industriale, cantieri navali, altri servizi) dovrebbe fruttare sino al 35% delle risorse del paese e più di un milione di posti di lavoro.
Mediterraneo ed Europa incasseranno dividendi strategici. C’è, però, da mettere in conto l’allarme di ecologisti e scienziati, per la massa d’acqua bollente, con relativa flora e fauna marine, che sarà spostata in Mediterraneo dal Mar Rosso attraverso il più grande canale. Quasi cinquecento scienziati hanno firmato una lettera appello alle autorità del Cairo, chiedendo “la valutazione d'impatto ambientale trasparente e solida a livello scientifico” della nuova infrastruttura, senza risposta. Le domande della Commissione europea hanno ricevuto lo stesso trattamento. Grazie al “vecchio” Suez i mari europei traboccano già di specie “aliene” (se ne contano quasi 1.500): la situazione non potrà che peggiorare, con arrivi tropicali e nocivi. Vi è in particolare il timore che la Rhopilema nomadica, medusa urticante che arriva anche a mezzo metro e a 50 chili e fa catena, risalga le acque verso nord con effetti devastanti su turismo e salute delle popolazioni rivierasche.
La constatazione conferma quanto sia sbagliata e colpevole la pervicace assenza che l’UE continua a testimoniare nel Mediterraneo, proprio mentre il canale promette di accrescerne la rilevanza commerciale e strategica: da lì arrivano migranti disperati, terrorismo islamico, conflitti religiosi virulenti, ma già ora anche il 50% del traffico commerciale globale marittimo che diventa 90% se si considera il solo petrolio, le correnti di turismo più importanti al mondo, tra 1,5 e 1,7 milioni di tonnellate l’anno di pesce. Il che spiega la presenza vigile delle flotte delle grandi potenze marinare, Cina inclusa. Sulle coste si affacciano 150 milioni di persone, che diventano 250 nella stagione turistica. All’Unione Europea tutto questo semplicemente non interessa.