Fermati, marea! — La differenza tra la tradizione politica anglosassone e quella latina deriva—ovviamente—dal passato, dal bagaglio che le due meta-società si portano appresso.
Il punto è stato elegantemente sottolineato in un recente corsivo di Guido Mattioni in cui contrasta l’incipit della Costituzione americana del 1787, “We, the people…”, con quello del preambolo della Costituzione europea del 2004, firmata ma mai ratificata, che inizia invece con un lungo elenco di alte autorità: “Sua Maestà il Re dei Belgi, Il Presidente della Repubblica Ceca, Sua Maestà la Regina di Danimarca, Il Presidente della Repubblica Federale di Germania, Sua Altezza Reale il Granduca del Lussemburgo…”
Forse il bivio culturale tra “cesarismo” e sovranità diffusa parte da un antico racconto, stranoto nei paesi di lingua inglese e poco in quelli latini. Si tratta di un episodio (apocrifo o reale, non importa) nella vita di Re Canuto, il dominatore di un dimenticato impero vichingo del 11° Secolo che comprendeva l’Inghilterra, la Danimarca, la Norvegia e parte della Svezia.
Canuto, si ripete da un millennio a cinquanta generazioni di studentelli impressionabili, avrebbe fatto portare il suo trono in riva al mare dove, seduto sul bagnasciuga, comandò alla marea di fermare la sua avanzata—con il prevedibile risultato di bagnarsi bene i piedi.
Popolarmente, è una parabola sull’arroganza del potere e appare spesso tutt’ora in questi termini nella pubblicistica anglosassone per descrivere i potenti che rifiutano di riconoscere i limiti della propria volontà. Gli apologisti del Re Canuto—perché merita ancora oggi, dopo mille anni, “apologie”—spiegano che il Monarca voleva invece illustrare i limiti del potere temporale ai troppi cortigiani e “yes men” della sua Corte.
Siccome il leader che vuole dimostrare di contare meno di quanto si dice è davvero un animale raro—da mettere con l’unicorno e il grifone—forse ancora una volta è “il popolo” ad avere ragione. Comunque sia, Canuto, noto alla storia anche per il vizio di mutilare i nemici prima di ucciderli, disponeva di altri strumenti per raddrizzare la comprensione dei suoi seguaci quando si rendeva necessario.
Euro freschi ad Atene — E se i greci semplicemente stampassero gli euro che mancano? Probabilmente finirebbero la carta prima o poi, ma per il resto non ci sono problemi tecnici. Nei fatti, è già la Banca Nazionale greca a produrre i biglietti in euro che servono al paese attraverso la sua stamperia, la IETA. E se qualcuno dimenticasse di spegnere le presse? Con la “fantasia al potere” ad Atene, perché no? E cosa esattamente dovrebbe fare l’Unione Europea al riguardo? Ricordiamo che, a differenza delle monete, le banconote euro hanno una grafica identica in tutta l’Europa, indipendentemente da dove vengono emesse. Forse è già in movimento l’INTCEN, la piccola “CIA” in nuce dell’Ue che stranamente non figura mai in quegli spot televisivi “per informare, non influenzare”.