Dopo gli ultimi preoccupanti avvenimenti verificatisi nello Yemen, l’ONU ha manifestato, in maniera ufficiale attraverso le parole rilasciate agli organi di stampa da diversi alti funzionari, una forte preoccupazione per la situazione attuale e nell’immediato futuro del Paese musulmano. Lo Yemen, infatti, attraversa da alcuni mesi una grave crisi dal punto di vista politico e militare che, inevitabilmente, crea tensioni fra la popolazione ed aumenta in maniera esponenziale il rischio di attentati ed attacchi terroristici, come dimostrato dalle centinaia di civili uccisi o gravemente feriti solo nell’arco degli ultimi giorni. Come se non bastassero le continue minacce, accompagnate spesso dai macabri video di decapitazioni di prigionieri, portate dalle truppe dell’ISIS, anche il contesto generale nella penisola arabica si sta sempre più deteriorando dopo la conquista del palazzo presidenziale della capitale yemenita Sana’a da parte degli Houthi, gruppo di ribelli sciiti, avvenuta lo scorso gennaio: dopo il golpe, il presidente legittimo Abd Rabbo Mansour Hadi è fuggito prima ad Aden, una delle maggiori città dello Yemen, e successivamente in Arabia Saudita dove, insieme ad altri ministri del suo governo, ha cercato di riorganizzare una controffensiva ed incitato il suo popolo a resistere. Lo Yemen, paese a maggioranza sunnita nel quale anche la parte sciita è presente in maniera considerevole, è quindi squarciato da sanguinose lotte civili e dagli attacchi mossi da al-Qaeda contro gli Houthi che mettono in apprensione tutta l’area circostante per il ruolo strategico, anche dal punto di vista geografico, che il paese ricopre: qui è infatti situato lo stretto di Bab el-Mandeb, snodo fondamentale, non solo sotto il profilo commerciale ma anche militare, per accedere nell’Oceano Indiano dal Mar Rosso. Lo scorso 26 marzo, l’Arabia Saudita, coadiuvata dal supporto di altri nove paesi tra cui l’Egitto, il Marocco e la Giordania, si è mossa contro le milizie sciite yemenite per far ritornare il massimo rappresentante dello Stato Hadi e per lanciare un chiaro messaggio nei confronti dell’Iran, a maggioranza sciita e suo potenziale avversario nel futuro predominio nella regione, poiché la nazione del re Salmān è sunnita. Le Nazioni Unite, come già accennato, hanno mostrato una seria preoccupazione nei confronti dei suddetti scenari ed in particolare Zeid Ra'ad Al Hussein, l'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, dopo aver invitato tutte la parti in questione a risolvere le loro divergenze utilizzando il dialogo e la via diplomatica piuttosto che quella militare, ha dichiarato: “La situazione in Yemen è estremamente allarmante, poiché moltissimi civili sono stati uccisi negli ultimi quattro giorni. Il Paese sembra seriamente essere sull’orlo del collasso totale”. L’alto commissario ha poi continuato il suo discorso asserendo che “l’uccisione di un così grande numero di civile innocenti è semplicemente inaccettabile. La legge internazionale riguardo i diritti umani dovrebbe essere pienamente rispettata”: dal 27 marzo infatti, 93 civili sono stati uccisi ed altri 364 sono rimasti feriti nei territori fra Sana'a, Sa'da, Dhale, Hudayda e Lahj e nei raid almeno 35 persone hanno perso la vita, tra cui 11 bambini. L’escalation di violenza che sta mietendo numerose vite innocenti fra la popolazione locale, ha reso tutta l’area estremamente pericolosa anche per le diplomazie dei Paesi occidentali, che in quasi tutti i casi hanno abbandonato lo Yemen ed hanno invitato tutti i loro connazionali presenti ad abbandonare la nazione.
Anche Johannes Van Der Klaauw, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Yemen, si è allineato al pensiero di Zeid Ra'ad Al Hussein e, condannando i raid aerei, ha aggiunto: “Questi attacchi hanno distrutto un ufficio di gestione dei campi ed un ponte adiacente, oltre a danneggiare il mercato locale ed una struttura sanitaria. Questi luoghi costituiscono infrastrutture civili”.
Van Der Klaauw ha anche detto che le migliaia di famiglie presenti nei campi di assistenza hanno estremo bisogno del loro aiuto anche per le esigenze primarie e, perciò, sono particolarmente bisognose, mostrando il suo totale disappunto per ciò che sta avvenendo poiché “a metà marzo le organizzazioni umanitarie hanno avviato un programma di rimpatrio volontario per gli sfollati dei campi. Purtroppo tutti questi sforzi ora hanno incontrato una battuta d’arresto”. E’ facile, quindi, immaginare che in questi giorni, dopo l’inasprimento delle battaglie, molti altri cercheranno rifugio in questi campi, aggiungendosi ai già numerosi esuli presenti ormai da diversi anni. Questo elemento è stato sottolineato anche da Zeid Ra'ad Al Hussein: “Case private, ospedali, strutture di formazione ed infrastrutture in diverse località sono state distrutte, rendendo la vita ancora più difficile per le persone in questo Paese devastato dalla guerra. Io condanno fortemente tutti questi attacchi contro ospedali ed altre strutture mediche che sono protette sotto il diritto internazionale”. E’ intervenuta a riguardo anche Leila Zerrougui, il rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per i bambini ed i conflitti armati, che si è dimostrata allarmata specialmente per la situazione che interessa l’incolumità dei più piccoli: “Sono allarmata per il numero crescente di bambini vittime del conflitto in Yemen. I bambini hanno urgente bisogno della nostra protezione". Negli ultimi mesi, l’Onu ha verificato che sempre più bambini sono impiegati negli scontri armati ed è in costante aumento anche il numero dei minori mutilati. "Tutte le parti coinvolte in operazioni militari in Yemen devono evitare di creare nuovi rischi per i bambini" ha aggiunto Zerrougui, "Devono agire in conformità con i diritti umanitari che sono internazionali". Il conflitto, quindi, continua a compromettere l'accesso all'istruzione e all'assistenza sanitaria, soprattutto per i bambini yemeniti, e, come sottolineato da tutti i rappresentanti dell’ONU, la protezione di scuole ed ospedali non deve essere intaccata per nessuna ragione. Con la speranza, seppur oggettivamente flebile, che, in qualsiasi modo, queste diatribe siano risolte in una maniera più pacifica.