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January 7, 2015
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Wolinski e gli altri di Charlie Hebdo, vittime di una intolleranza che non sappiamo contrastare

Valter VecelliobyValter Vecellio
Georges Wolinski, 80 anni, è una delle vittime dell'attacco del 7 gennaio alla rivista satirica Charlie Hebdo. Il Vignettista era famoso anche in Italia dove era stato lanciato dal giornale Linus

Georges Wolinski, 80 anni, è una delle vittime dell'attacco del 7 gennaio alla rivista satirica Charlie Hebdo. Il Vignettista era famoso anche in Italia dove era stato lanciato dal giornale Linus

Time: 3 mins read

 

Sono lì, in una cartella della mia libreria, e le sfoglio con malinconia e tristezza: sono le “tavole” in dono a una rivista, Prova Radicale, uscita tra il 1975 e il 1976, una redazione di quattro gatti alle prime armi, e  che a malapena saltabeccava sulla macchina per scrivere; e infatti dopo qualche numero la rivista chiuse. Quelle “tavole” un po’ ingiallite, beffarde e scanzonate, erano e sono inni di senso buono contro il buon senso, firmate da due moderni Piero Aretino (ricordate? L’epitaffio di Paolo Giovio; “Qui giace l’Aretin, poeta tosco, di tutti disse mal fuorché di Cristo, scusandosi col dir: non lo conosco…”). I due poeti (della matita, della china) si chiamano Reiser e Wolinski. Sono già colonne del settimanale satirico Charlie Hebdo, si contendono la palma con l’altro storico settimanale, Le Canard Enchainé…

Wolinski: pura razza francese: nato a Tunisi, da madre italiana e padre polacco, lo sberleffo la sua cifra, la dissacrazione come missione e vocazione… Vittima, con gli altri, di un’intolleranza che sgomenta e annichilisce, che ci si illudeva confinata in paesi a noi vicini, ma che ci si illude lontani, di cui poco o nulla vogliamo sapere: che ci importa di Bengasi o Tripoli distrutte, devastate, perché ci dovrebbe interessare Mosul preda dei fanatici dell’ISiS, e della Siria, così lontana da noi? Per non parlare dell’Irak, del basso Egitto, dello Yemen… Casa loro, fatti loro.

È un fanatismo assassino e criminale che ha già colpito: a Londra, a Madrid, nella stessa Parigi; e prima ancora delle Twin Towers di New York; ricordate la fatwa a Salman Rushdie, e perfino i traduttori e gli editori di quei Versetti satanici, braccati, colpiti? E prima ancora degli sgozzamenti ad opera del boia nero dell’ISIS, quanti altri sono stati massacrati in Afghanistan, Pakistan, Irak? Daniel Pearl, lo ricorda ancora qualcuno? E l’italiano Fabrizio Quattrocchi, frettolosamente liquidato come mercenario? Ma ancora: lo svedese Nils Horner, l’italiana Maria Grazia Cutuli, lo spagnolo Julio Fuentes… una lista infinita di vittime del terrorismo e del fanatismo. Distruggono le statue del Buddaha, impongono burqa e Corano, sgozzano chi non si converte…

Ora certo: “Siamo tutti francesi, abbiamo il dovere di reagire”, come dicono tutti. Ieri eravamo tutti americani di New York, ogni tanto capita perfino che siamo tutti ebrei; domani chissà… È evidente che abbiamo il dovere di reagire. Come? Fino ad oggi l’Europa, l’Occidente sono scesi a patti con i regimi che opprimevano i paesi del Maghreb e del Medio Oriente; fin che abbiamo potuto li abbiamo assecondati; si fanno affari, e che affari, con Gheddafi e Ben Alì, con i satrapi dell’Arabia Saudita e Assad; ne abbiamo ignorato i crimini consumati ai danni dei loro stessi popoli; poi, quando la situazione si è incancrenita in modo irrecuperabile abbiamo cercato di correre ai ripari nel modo che sappiamo; non abbiamo saputo (o voluto) predisporre nessuna politica di transizione e “compensazione”; siamo rimasti sordi e indifferenti di fronte ai moniti e agli appelli delle poche coscienze democratiche sopravvissute ai regimi che si sono dissolti; anzi, spesso li abbiamo mortificati e delegittimati… Abbiamo ottimamente operato in modo demenziale, senza minimamente chiederci come e perché gli eredi di Avicenna, Averroé e Umar Khayyam sono diventati quello che sono.

Conta poco il coro di condanna e di solidarietà che si leva per le vittime di Parigi; più attenzione meritano le voci che si raccolgono nei suq e nei quartieri degradati delle capitali arabe; e anche in qualche enclave di Parigi, Londra, Berlino, e anche, perché no?, Roma o Milano. Più attenzione per capire, naturalmente, e sperare di trovare chiavi di lettura per quello che accade, e certamente accadrà ancora. Inevitabile ci sarà ora la gara a chi più gonfia il petto, e auspica una reazione “forte e decisa”, “energica e dura”, il pugno duro e nessun cedimento; e come no? Suoneranno, suonano già a più non posso, la grancassa della demagogia. Cercheranno di fare esattamente quello che i massacratori di Wolinski e degli altri di Charlie Hebdo vogliono sia fatto. Cadranno nella loro trappola, poco importa se per meschino calcolo, o per congenita idiozia. Il risultato non muta. Quel che è peggio è che in quel gorgo possono trascinare tutti noi.

 

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Valter Vecellio

Valter Vecellio

Nato a Tripoli di Libia, di cui ho vago ricordo e nessun rimpianto, da sempre ho voluto cercare storie e sono stato fortunato: da quarant'anni mi pagano per incontrare persone, ascoltarle, raccontare quello che vedo e imparo. Doppiamente fortunato: in Rai (sono vice-caporedattore Tg2) e sui giornali, ho sempre detto e scritto quello che volevo dire e scrivere. Di molte cose sono orgoglioso: l'amicizia con Leonardo Sciascia, l'esser radicale da quando avevo i calzoni corti e aver qualche merito nella conquista di molti diritti civili; di amare il cinema al punto da sorbirmi indigeribili "polpettoni"; delle mie collezioni di fumetti; di aver diretto il settimanale satirico Il Male e per questo esser finito in galera... Avrò scritto diecimila articoli, una decina di libri, un migliaio di servizi TV. Non ne rinnego nessuno e ancora non mi sono stancato. Ve l'ho detto: sono fortunato.

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