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December 17, 2014
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Obama cancella mezzo secolo di guerra fredda con Cuba

Gianna PontecorbolibyGianna Pontecorboli
Barack Obama e Raoul Castro si stringono la mano durante la cerimonia funebre in ricordo di Nelson Mandela (foto Ap)

Barack Obama e Raoul Castro si stringono la mano durante la cerimonia funebre in ricordo di Nelson Mandela (foto Ap)

Time: 4 mins read

 

"Change is hard — in our own lives, and in the lives of nations. And change is even harder when we carry the heavy weight of history on our shoulders. But today we are making these changes because it is the right thing to do. Today, American chooses to cut loose the shackles of the past so as to reach for a better future — for the Cuban people, for the American people, for our entire hemisphere, and for the world."  

President Barack Obama, December 17, 2014

 

''Stamattina, Alan Gross ha lasciato Cuba su un aereo diretto verso gli Stati Uniti. Il signor Gross è stato rilasciato per motivi umanitari dal governo cubano su richiesta degli Stati Uniti''. Con questo piccolo comunicato asettico, rilasciato anonimamente da un funzionario governativo americano, il mondo intero è stato informato mercoledì mattina che, dopo un silenzio durato più di cinquant'anni, Washington e l'Avana hanno deciso di ricominciare a parlarsi.

Poche ore dopo, ad annunciare la storica notizia contemporaneamente sono stati il presidente Barack Obama, che tra l'altro è nato proprio nel 1961, l'anno in cui la crisi tra i due paesi era al massimo della tensione, e il presidente cubano Raoul Castro. In Vaticano, a rallegrarsi è stato papa Francesco, che da tempo si adoperava per un ravvicinamento tra i due paesi e che lo scorso marzo aveva parlato a lungo del problema durante la visita di Obama a Roma. Obama ha ringraziato Bergoglio, indicandolo come esempio morale che mostra come bisogna ricercare "un mondo per come dovrebbe essere invece di adattarsi semplicemente al mondo come è" .

''Metteremo fine a un approccio ormai fuori tempo che non è servito a far avanzare i nostri interessi '', ha spiegato il presidente americano, parlando dalla Casa Bianca,''questi cinquan'anni hanno dimostrato che l'isolamento non funziona. Se ci auguriamo un cambiamento delle nostre relazioni con Cuba, dobbiamo cercare di intraprendere una strada diversa. Crediamo anche che una relazione più stretta con la popolazione cubana e con il governo di Cuba sia un modo per arrivarci". "Non diminuiremo neppure per un momento il nostro appoggio per un miglioramento dei diritti umani", ha poi aggiunto.

Le immagini di Alan Gross sorridente e accompagnato dalla moglie al suo arrivo a Washington hanno dato immediatamente il senso del ''nuovo corso''. La sua storia, infatti, era da anni una spina nelle già difficili relazioni tra i due paesi. L'uomo, che ha ora 65 anni, era stato infatti arrestato nel 2009 per aver cercato di costruire un accesso a Internet per la piccola e poverissima comunità ebraica di Cuba sotto l'egida della Us Agency for International Development. Dopo un processo di soli due giorni a porte chiuse era stato condannato nel 2011 a quindici anni di carcere per "attività sovversiva".

Da allora, la moglie Judy e diversi esponenti politici americani non avevano cessato di battersi per la sua liberazione. "Siamo preoccupati per la sua salute e chiediamo nuovamente il suo rilascio" aveva dichiarato solo pochi giorni fa il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest ,"Il suo rilascio per motivi umanitari rimuoverebbe un ostacolo alla costruzione di relazioni migliori tra gli Stati Uniti e Cuba".

In realtà l'accordo suggellato da una lunga telefonata personale tra Obama e Raul Castro è andato assai oltre quanto ci si attendeva.

Insieme a Gross, infatti, è stato liberato anche un agente segreto americano il cui nome non è stato rivelato e che era in prigione a Cuba da più di vent'anni, mentre gli Stati Uniti hanno a loro volta concesso la libertà a tre detenuti cubani.

Alan Gross

Alan Gross quando era detenuto a Cuba

Dopo una trattativa durata oltre un anno e mantenuta sotto un velo di assoluta riservatezza, le mosse verso il disgelo sono state molte e incisive. D'ora in poi, in primo luogo, sarà più facile viaggiare tra i due paesi per chi vuole visitare i familiari, intraprendere ricerche professionali e scientifiche, fare attività religiose, sportive o culturali. I controlli sugli scambi economici saranno meno stringenti e perfino le banche potranno collaborare nella concessione e nell'utilizzazione delle carte di credito. Altri 53 prigionieri politici segnalati dagli Stati Uniti dovrebbero essere liberati in futuro.

Al segretario di Stato John Kerry, soprattutto, il presidente Obama ha dato l'incarico di fare i primi passi per stabilire normali relazioni diplomatiche tra i due paesi.

Adesso, trasformare uno storico annuncio in una relazione diplomatica normale, anche se talvolta conflittuale, non sarà certo facile per la Casa Bianca. Che i tempi fossero maturi non vi è dubbio. In Florida, dove la maggioranza degli esuli cubani hanno trovato rifugio dopo la rivoluzione castrista, le organizzazioni economiche e gli studiosi sanno da tempo che la nuova generazione è pronta ad aprire la porta al dialogo. In questo senso, premono anche da anni gran parte dei paesi dell'America Latina.

Nel mondo politico più legato alla vecchia comunità cubana, tuttavia, l'iniziativa di Obama è stata criticata già mercoledì mattina con parole molto dure. "Questo è l'ultimo capitolo in una serie di tentativi falliti di accontentare a tutti i costi i regimi più inaffidabili", ha spiegato il senatore repubblicano della Florida, Marco Rubio. "Il nuovo corso non sarà senza sfide", ha ammesso Kerry, "ma non è basato su un atto di fede, ma sulla convinzione che sia la maniera migliore per portare la libertà e nuove opportunità al popolo cubano e di promuovere gli interessi della nostra sicurezza nazionale nelle Americhe''. 

 

Una versione di questo articolo esce anche sul Corriere del Ticino

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Gianna Pontecorboli

Gianna Pontecorboli

Genovese,laureata in storia economica, Gianna Pontecorboli ha una lunga carriera di corrispondente dagli Stati Uniti. Attualmente lavora per Il Corriere del Ticino e Lettera 22

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