Alle Nazioni Unite c’è clima di grande fervore per l’inizio dei lavori della General Assembly. Il presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, il cui discorso in sala è previsto per domani, esce dal palazzo per rispondere alle domande dei giornalisti suoi connazionali.
“E’ un inizio importante, si percepisce grande energia” – commenta in riferimento alle tappe del suo viaggio negli States. “Ieri avete visto quale grande contributo danno i nostri giovani nella Silicon Valley e le risposte della comunità scientifica operante presso la Standford University”. Il presidente ricorda il programma delle sue visite, che prevedono, oltre all’attesa giornata di domani, anche una tappa a Detroit per visitare gli stabilimenti della Fiat-Chrysler, prima di far rientro a casa.
Per Matteo Renzi è la prima presenza all’Assemblea Generale dell’Onu, che commenta ribadendo il senso di dramma condiviso per la questione irachena e siriana. Un accenno anche alla situazione di Europa e Russia, per ricordare che di questione ce n’è più di una: “Il medioriente preoccupa e a mio avviso è stata data poca attenzione è alla questione libica.“ Subito dopo, intervendo al Council on Foreign Relations su temi questa volta di politica interna, ad una domanda specifica su quale sia il problema internazionale che preoccupa di più l'Italia, Renzi ha risposto senza esitare: la Libia.
Nella improvvisata conferenza stampa nel giardino delle rose dell'ONU, non sono mancate domande sulla situazione politica interna, ma il presidente ha preferito sorvolare ricordando che ci si trova in un contesto internazionale, richiamando gli interventi all’aderenza.
La VOCE di New York ha voluto un commento sul discorso di Obama, al quale Renzi ha risposto così: “L’analisi era articolata, Obama ha toccato tutti i punti che c’erano sul tavolo. Ha chiaramente insistito molto sul fatto che ci troviamo di fronte ad un’epoca di grande cambiamento internazionale.
Mi è piaciuto molto che abbia insistito sul fatto che questa non è una guerra contro l’Islam e non è una guerra di religione, né uno scontro di civiltà.” Così come dichiarato dalla Mogherini al Consiglio di Sicurezza, anche per Renzi “C’è nel mondo una parte di istituzioni e di uomini armati che sta violando i diritti umani in modo sistematico. Questo sta accadendo mentre ci sono ragazze rinchiuse nelle case di Mosul a disposizione di questi signori, mentre bambini vengono uccisi, mentre il proprio credo religioso diviene motivo di salvezza o meno. La sottolineatura che questa non è una guerra di religione, ma il tentativo di bloccare un genocidio, l’ho condivisa molto e lo approfondiremo domani con l’intervento dell’Italia”.
Quando gli viene chiesto a che condizioni l’Italia potrebbe intervenire in Iraq e Siria, il presidente risponde sono due i paletti di riferimento: “Da un lato l’appartenenza a questa grande coalizione internazionale, già resa esplicita dal summit in Galles e dagli interventi della Mogherini. Dall’altro lato, le modalità concrete con le quali l’Italia continuerà a collaborare – perché ha già iniziato – saranno invece di volta in volta decise dal Parlamento della Repubblica e resteranno in linea con i principi della Carta delle Nazioni Unite.”
Con Obama e con Kerry, personalmente, non è riuscito a confrontarsi per poco più di qualche minuto durante la cerimonia di accoglienza che gli Stati Uniti organizzano per i capi di Stato di tutto il mondo, accorsi in occasione dell’Assemblea. “Ma confido nel lavoro della ministra Mogherini, che ha affrontato in diversi incontri le questioni di merito” – conclude Renzi, che in ultima battuta ritorna sulla Libia: “Questo tema è di assoluta rilevanza nello scacchiere geopolitico. Sembrava che dopo un certo periodo tutto fosse risolto, ma vediamo che si aprono scenari di crisi e di guerra anche in luoghi che credevamo di aver messo al sicuro”.