In attesa del 23 Settembre – quando i capi di stato dei Paesi membri verranno accolti a New York dal segretario generale delle Nazioni Unite, per discutere anche del problema ambientale – é stata presentata, al Palazzo di Vetro, l’anteprima di un documento che riassume la relazione Scientific Assestment of Ozone Depletion 2014 (Valutazione scientifica sulla degradazione dell’ozono 2014).
La grande sorpresa? Pare proprio che il buco dell’ozono si stia restringendo. Lo United Nations Environment Programme
(UNEP) e l’Organizzazione Metereologica Mondiale (OMM) si apprestano a pubblicare a riguardo l’Assessment for Decision-Makers ovvero la valutazione al completo dei risultati finora ottenuti, destinata a fare da perno per le future decisioni in favore della riduzione dei gas serra. Il merito è del Protocollo di Montreal, firmato il 16 Settembre del 1967 ed entrato in vigore il primo Gennaio del 1989, ratificato da 192 Paesi ad accezione di Andorra, Iraq, Timor Est e Città del Vaticano. Il trattato, successivamente sottoposto a varie revisioni, ha come oggetto le misure di cooperazione internazionale necessarie a tutelare lo strato d’ozono che protegge la terra. Stando all’UNEP, i modelli mondiali indicano che, nel 2030, il trattato avrà evitato milioni di casi annuali di cancro alla pelle, lesioni oculari, danni al sistema immunologico umano, oltre a proteggere la flora e la fauna silvestre e dunque l’agricoltura.
Achim Steiner, vice segretario generale delle Nazioni Unite e direttore esecutivo dell’UNEP ha dichiarato: "Esistono indizi positivi circa il fatto che lo strato d’ozono si recupererà entro la metà di questo secolo. Il protocollo di Montreal, uno dei trattati ambientali più proficui del mondo, ha protetto lo strato d’ozono ed evitato l’aumento di radiazioni ultraviolette che giungono alla superficie terrestre".
Grazie alle misure adottate, segno che la cooperazione mondiale è l’unica via possibile per affrontare un problema tanto trasversale, lo strato d’ozono starebbe tornando ai livelli del 1980 o almeno così è previsto al termine della scadenza del protocollo. Grazie all’accordo, è diminuito nell’atmosfera il contenuto di gas serra e halon, prima usati in prodotti come frigoriferi, atomizzatori, schiume isolanti e attrezzature antincendio. Lo strato di ozono si è ridotto in particolare durante gli anni Ottanta, ha subito una battuta d’arresto intorno al 2000, ma sembra che ci siano recenti indizi di un suo recupero.
Tuttavia, non si può essere tanto ingenui da pensare che un problema di tale portata sia stato evitato una volta per tutte. Al contrario, il buco presente nello strato d’ozono dell’Antartide continua a formarsi ogni primavera e si prevede che continuerà a farlo durante la maggior parte di questo secolo, data la persistenza nell’atmosfera di sostanze che consumano lo strato, nonostante si sia smesso di emetterle. Il problema più grande e che ha assunto una rilevanza autonoma rispetto alla protezione dello strato di ozono è il cambiamento climatico. Nell’inverno e nella primavera del 2011, la stratosfera artica ha registrato temperature particolarmente basse, il che si è tradotto, come ci si aspettava, in un grande danno per la protezione dello strato di ozono che si forma dove i raggi del sole sono più forti.
Il rischio è che i benefici del protocollo di Montreal possano risultare in gran misura neutralizzati dalle emissioni di gas refrigeranti, impiegati in sostituzione dei gas serra. Attualmente, i danni climatici più rilevanti si sono riscontrati nelle variazioni meteorologiche estive dell’emisfero Sud. Il destino del buco nell’ozono dipenderà dalla concentrazione di tre agenti su tutti: il diossido di carbonio, l’ossido nitroso e il metano ovvero i principali gas serra di lunga permanenza nell’atmosfera.
E’ previsto che il Gruppo di Valutazione Scientifica presenti le conclusioni principali della nuova relazione alla Riunione Annuale delle parti della UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), che si terrà a Parigi nel Novembre 2014.
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