Guardate un po’ che putiferio succede solo perché milioni di russi, i quali vivono nelle regioni orientali dell’Ucraina, desiderano servire la Grande Madre Russia e prendere ordini soltanto da Mosca. Non si tratta forse dell’aspirazione all’autodeterminazione? La “santificò” il presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, alla fine della Grande Guerra: da allora non si parla che di questo. L’autodeterminazione fu riconosciuta a nigeriani, kenyani, ugandesi, senegalesi, algerini, congolesi. Fu riconosciuta già fra il 1946 e il 1947, al “gioiello della Corona”: l’India. Ma dalle Grandi Democrazie viene negata ai russi d’Ucraina. Non hanno la pelle scura, o olivastra, i russi…
Vladimir Putin, l’uomo che una quindicina di anni fa riprese per i capelli la Russia dal baratro in cui essa era stata scaraventata da un Boris Yeltsin ormai incapace d’intendere e di volere, difende gli interessi delle masse russe ovunque esse vengano minacciate o messe in discussione. Fa bene. Ha ragione. Per lui ogni russo rappresenta una causa per la quale combattere. La sua popolarità in Russia è quindi alle stelle. Ma se ne stupisce il direttore de La Repubblica, Ezio Mauro, che venerdì scorso sottolineava “nonostante le sanzioni”. Nonostante le sanzioni… All’esimio giornalista raccomandiamo di rileggersi la Storia di vari popoli e, soprattutto, di rileggersi la vicenda delle sanzioni inflitte all’Italia da ben 52 stati per via dell’invasione italiana dell’Etiopia fra il 1935 e il 1936. Sanzioni che ottennero l’effetto indesiderato: anche numerosi antifascisti, perfino gli Arditi del Popolo che avevano combattuto con valore contro gli squadristi nell’Oltretorrente di Parma, salutarono con slancio la guerra dichiarata al Negus schiavista.
C’è quindi da meravigliarsi se Putin riscuote in patria un consenso di vaste proporzioni? C’è da meravigliarsi se un leader si fa appunto in quattro perché intende difendere e tutelare connazionali presi a calci all’interno di altri confini? Piuttosto, c’è da mostrare riprovazione per la decisione assunta in questi giorni dalla NATO, i cui capi e capetti si sono riuniti a Newport, in Galles. Si è stabilita la formazione di una “forza di rapido intervento” sui confini fra Polonia e Russia, fra Romania a Russia, tanto che l’assai deludente Primo Ministro britannico Cameron ha assicurato che la Gran Bretagna è pronta a contribuire con tremilacinquecento soldati, truppe scelte, le “crack units”. Mosca e Kiev in queste ore hanno tuttavia concordato sulla necessità di una tregua, ma si sa come sono fatte queste “tregue”: manca poco perché saltino, all’improvviso, con gran fracasso, con nuovo spargimento di sangue. Dorma perciò sonni tranquilli Kiev, per qualche nottata, felice, anzi, ebbra dell’appassionato abbraccio che riceve da parte di un Occidente che più non sa discernere, più non sa distinguere fra le parti in gioco; di un Occidente che s’è messo in testa di scherzare davvero col fuoco, eppure straparla, straparla ancora di democrazia, di rispetto della volontà popolare; di autodeterminazione. Questa Ucraina… Questo coacervo di etnie pilotato da nani ben felici (non gli pare vero!) di trovare senza sforzo alcuno l’entusiastico sostegno, politico e militare, di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, di una UE che non appena piglia un’iniziativa, combina guai, provoca sfracelli, dà luogo a iniquità; sfrutta e impoverisce i suoi stessi cittadini, dalla Bretagna alla Sicilia, all’Andalusia, al Peloponneso.
La NATO vuol dare l’impressione d’essere disposta ad andare, “se necessario”, fino in fondo. Che vorrà dire “andare fino in fondo”? Bombardare Mosca, San Pietroburgo, Orel? Spedire sulla steppa russa truppe e cornamusieri scozzesi? La Russia è vasta; la Russia è immensa. C’è quella al di qua degli Urali e quella al di là degli Urali: è fallace pensare di poterla piegare. Non riuscirono a piegarla i Polacchi di quattro o cinquecento anni fa; non vi riuscì Napoleone… Non vi riuscì l’Asse.
Il dramma è che Vladimir Putin in Occidente è una sorta di “nemico immaginario”. Il nemico immaginario che può tuttavia servire a centrare obiettivi appetitosi: si va al “redde rationem” con Mosca, si rinuncia perciò al petrolio russo e così le grandi compagnie petrolifere occidentali possono far saettare i prezzi, tanto si sa che americani, italiani, francesi e compagnia bella mai rinunceranno al motore sotto il loro sedere. L’automobile come “riscatto sociale”. Nulla di peggiore poteva capitare agli occidentali…
Non è la Russia a giocare col destino dei nostri figli; è l’Occidente che gioca col destino dei nostri figli, nonostante quel che scrive Ezio Mauro, un altro personaggio alquanto convenzionale.