Alcuni mesi fa, al tempo della rivolta dei liberisti ucraini contro il governo di Viktor Janukovyc (corrotto ma regolarmente eletto nel 2010), ho perso un certo numero di facebook friends, sia italiani che americani, per via della mia scarsa simpatia per un movimento che con la scusa del nazionalismo e della trasparenza portava avanti un programma di privatizzazioni dei beni comuni e di sottomissione dello stato alle banche e alle corporation. Soprattutto, questi ex-amici mi rimproveravano la scarsa commozione per il sangue versato nelle piazze di Kiev e mostrato incessantemente dai media occidentali.
Chissà se oggi si commuovono con la stessa intensità per i morti di Donetsk, benché filo-russi e dunque pressoché ignorati dai media (ai quali chiaramente piace che il nuovo presidente sia il Berlusconi ucraino, il miliardario Petro Poroshenko). Io non ho problemi ad ammetterlo: la situazione esteuropea mi interessa e su di essa ho opinioni precise, però la mia partecipazione emotiva è scarsissima, oggi come allora. Suppongo che aiuti il fatto che i telegiornali non li guardo quasi mai: eppure anche coloro che li seguono assiduamente dovrebbero aver imparato a dubitare della retorica dei titoli e delle immagini, e a riconoscerne le finalità propagandistiche. Per lo meno, dovrebbero ricordarsi delle loro passate indignazioni per atrocità completamente dimenticate non appena gli obiettivi dei poteri forti che controllano l’informazione fossero stati raggiunti (e poco importa che l’orrore continuasse). Invece eccoli lì a vivere con intensità qualsiasi evento a cui venga data sufficiente rilevanza e ripetitività, lasciando che un’empatia a (tele)comando offuschi le loro capacità critiche, la loro vigilanza; e viceversa restare indifferenti davanti a episodi analoghi o magari più gravi e che però non buchino lo schermo o neppure lo raggiungano.
Virtualità delle esperienze e buonismo sono due componenti essenziali del controllo delle coscienze praticato, in maniera così pervasiva da non avere precedenti nella storia, dai regimi liberisti, che assoggettano anche i fatti e l’etica alle leggi del libero mercato: conta solo ciò che vende e vende solo ciò che viene promosso dai media. La vera bontà e la solidarietà sono tutt’altra cosa: richiedono impegno, attenzione, razionalità. Soprattutto richiedono autonomia di giudizio piuttosto che pregiudizi e senso di responsabilità piuttosto che conformismo. Virtù fuori moda, il giudizio e la responsabilità; anzi, apertamente osteggiate dai signori della finanza che controllano il pianeta e dai loro servi: i quali sino a pochi decenni fa curavano sul lettino dello psicoanalista la loro estraneità alle comunità della gente normale; adesso si compiacciono del disfacimento di quelle comunità e dalla bolla di privilegio nella quale si sono rinchiusi osservano e inducono la progressiva frammentazione della società, la sua regressione in un feroce individualismo economico e in un altrettanto brutale appiattimento culturale, entrambi compensati dall’illusione di una compassione (etimologicamente, patire “con”, insieme) globalizzata, superficiale ed effimera come un qualsiasi prodotto di consumo.