Che le Nazioni Unite non volessero essere coinvolte nella diatriba tra Italia e India per i marò arrestati l'avevamo ben capito già quasi due anni fa. Nel maggio del 2012, l'allora Ministro degli Esteri Giulio Terzi, dopo un paio di mesi di stallo, si decise a portare la questione dei marò al Palazzo di Vetro. Cercò in tutti i modi allora Terzi di coinvolgere il segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon, almeno così disse ai giornalisti al Palazzo di Vetro. Quando gli chiedemmo che cosa gli avesse risposto Ban, Terzi ci disse: "Ho notato una marcata preoccupazione…". Ma quando allora indagammo con gli uffici del Segretario Generale, non c'era traccia che nei colloqui si fosse parlato di India. Insomma dall'ONU si faceva di tutto per respingere il coinvolgimento nella questione marò.
Si era subito capito già allora che le scintille giuridico-diplomatiche tra Italia e India e che Roma ha ora deciso di portare di nuovo al Palazzo di Vetro, imbarazzano non poco i piani alti dell'Onu, dato che ovviamente rilasciare dichiarazioni in merito urterebbe la diplomazia di New Delhi. Così questa resistenza registrata allora con Terzi è continuata anche ora con Emma Bonino. Il Segretario Generale continua a volere che la questione sia risolta bilateralmente, ma questa volta la ministra degli Esteri sembra non mollare la presa per cercare di coinvolgere il Palazzo di Vetro nella mediazione con l'India.
L'Italia punta infatti ad un arbitrato dell'ONU per risolvere la questione. L’ambasciatore italiano all'ONU Sebastiano Cardi mercoledì mattina ha incontrato il segretario generale Ban Ki moon, per sottolineare che la vicenda non è solo un problema bilaterale. Successivamente era previsto un colloquio telefonico fra il ministro degli Esteri Bonino e Ban Ki-Moon, e questa volta sarà veramente difficile per il Segretario Generale riuscire a "snobbare" la richiesta di aiuto italiana come capitò a Terzi.
L’Italia ritiene che la questione dei marò ormai vada ben oltre la questione bilaterale, perché riguarda problemi di rispetto dei diritti umani, delle regole sulla navigazione nelle acque internazionali, e delle attività di pattugliamento contro la pirateria e il terrorismo che furono decisi con una risoluzione del Consiglio di Sicurezzad ell'Onu. Per questo l'Italia ora richiede all’Onu di intervenire nella vicenda.
Fino a due giorni fa il segretario generale aveva cercato ancora di considerarla una vertenza fra due stati, che andava risolta attraverso il dialogo bilaterale, oggi però l’ambasciatore Cardi è tornato alla carica con Ban Ki-moon. Cardi ha ribadito che nella disputa si toccano problemi di diritto internazionale che vanno ben oltre la questione bilaterale, e quindi ha ribadito la richiesta dell'Italia che le Nazioni Unite siano attivamente coinvolte per trovare una soluzione. "Il nostro ambasciatore", si legge in una nota della Farnesina, "ha espresso la preoccupazione del governo italiano – condivisa pubblicamente dall'Alto rappresentante dell'Unione europea Ashton e dal segretario generale della Nato, Rasmussen – in merito alle ripercussioni negative che l'applicazione della legge antiterrorismo nei confronti dei due marò potrebbe avere sulla lotta alla pirateria e al terrorismo internazionale". Ban ha continuato a rispondere che avrebbe preferito una soluzione negoziata fra Roma e New Delhi, ma ha preso l’impegno di cominciare le consultazioni con i suoi collaboratori per valutare le possibili soluzioni. Nello stesso tempo il segretario ha promesso di parlare direttamente con il ministro Bonino, per approfondire il tema. In queste ore all’Onu si svolgerà anche una riunione di coordinamento dei 28 paesi dell’Unione Europea, per discutere la crisi dei marò e prendere una posizione congiunta di sostegno all’Italia.
Roma spera che l’Onu possa intervenire con un arbitrato. In sostanza si spera che il Palazzo di Vetro convinca il governo indiano ad accettare la sua mediazione sulla base delle regole o dei trattati internazionali che la gestione del caso dei marò potrebbe violare, nella speranza che New Delhi accetti di discutere una soluzione diplomatica condivisa.
Comunque rispetto alle iniziative di Terzi che non ebbero successo due ani fa, oggi la Farnesina può contare sull'appoggio dell'Unione europea: il "ministro degli Esteri" della Ue Catherine Ashton ha parlato a lungo del caso nell'audizione alla commissione Esteri dell'Europarlamento. La Ashton dice che procedere contro i due fucilieri italiani seguendo la legge anti-terrorismo indiana "significa che l'Italia sarebbe vista come un paese terrorista, e questo è inaccettabile. La questione non è solo preoccupante per il governo italiano, ma anche davvero allarmante per tutti i governi dell'Unione europea". "Se verrà deciso che quanto successo nell'azione dei marò è un atto di terrorismo, come dire che l'Italia è uno stato terrorista, ci saranno gravi implicazioni per tutte le azioni nell'anti-terrorismo laddove noi collaboriamo insieme (come Ue) o come paesi individuali: questo messaggio è stato mandato vivo e chiaro stamattina tramite la nostra delegazione, e io sto mandando il messaggio sia verbalmente sia in forma scritta" ha spiegato la Ashton.
Sono trascorsi due anni dall'incidente senza che sia ancora stato formalizzato il capo d'accusa contro i marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
Intanto, l'inviato della Farnesina per la vicenda dei marò, Staffan de Mistura, ha lasciato New Delhi alla volta di Roma per "urgenti consultazioni" con il governo. Martedì De Mistura aveva spiegato che il suo viaggio era dovuto al fatto che "l'udienza in Corte Suprema del 18 febbraio è della massima importanza per il futuro dei nostri fucilieri di Marina". De Mistura farà ritorno in India domenica.