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September 12, 2015
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September 12, 2015
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Il basket NBA si mette in mostra. A Milano The ball don’t lie

La VOCE NYbyLa VOCE NY
Time: 4 mins read

Stati Uniti d’America, New York. Tra il 6 giugno 1946 e il 3 agosto 1949 nasce il basket moderno. La palla e il canestro già c’erano. Ma in quegli anni dopo la fusione tra leghe professionistiche nasce l’NBA. La precedente Basketball Association of America diventa National Basketball Association. Il 1° novembre del 1946 Ossie Schectman segnava il primo canestro della prima partita di questa storia. 

Oggi quella storia tutta americana è diventata innegabilmente anche la nostra. Alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 l’America si presenta con una squadra che conta per la prima volta giocatori NBA come Michael Jordan, Larry Bird, Magic Johnson. Il basket americano da allora non è più solo americano e l’NBA diventa una bandiera le cui stelle e strisce sono di tutti. Da qui inizia un’altra storia. 

Da domenica 27 settembre a sabato 10 ottobre si terrà all'arena del Samsung District in Viale della Liberazione 9, a Milano, la prima mostra multimediale curata dal regista, attore e art director per NBA, Massimiliano Finazzer Flory, in collaborazione con l’NBA e La Gazzetta dello Sport. La mostra Immagini a Canestro. Ball don't lie, aperta al pubblico gratuitamente, raccoglie i momenti più emozionanti, le azioni più belle, i tiri più sorprendenti dal 1990 al 2015, da Magic Johnson a Stephen Curry. Una mostra non solo di immagini ma anche di suoni, di musica, per allestire la tradizione del basket attraverso la tecnologia restituendoci, seppure con squadre e giocatori distanti e diversi, la stessa emozione di sempre che proviamo quando andiamo a giocare in un playground con davanti agli occhi le loro immagini a canestro. Allestita come un campo di gioco, la mostra è accompagnata dalla colonna sonora dei sounds of the game.

Massimiliano Finazzer Flory

Massimiliano Finazzer Flory, curatore della mostra

“La Mostra multimediale – anticipa Massimiliano Finazzer Flory – ricrea l’atmosfera di un campo di gioco ed è allestita simbolicamente attraverso i numeri del basket. Divisa in quattro quarti, articolata in dieci sezioni attraverso quaranta video istallazioni. Tra una postazione e l’altra, citazioni etiche dei giocatori. A confronto,  protagonisti che hanno fatto la storia di questi ultimi venticinque anni da Michael Jordan a LeBron James. Alla mostra si accede da un tunnel in cui riecheggiano le voci dei tifosi. Al centro della mostra da un tabellone si possono seguire immagini e musica con i sounds of the game. Tra le sezioni dell’esposizione vi sono anche i buzzer beater ovvero i più spettacolari tiri all’ultimo secondo”.

Tutti i materiali della mostra provengono dall’archivio ufficiale dell’NBA in New Jersey e saranno in Italia per un evento unico nel suo genere che anticipa l'incontro del 4 ottobre al Madison Square Garden di New York, arena NBA, tra l'Olimpia Milano e il Maccabi Tel Aviv. 

“Sono in effetti il primo per quanto mi risulta ad avere questo onore e onere – continua Finazzer Flory – Parlare attraverso immagini dell’NBA significa pensare all’NBA come la migliore industria di intrattenimento capace di unire lo spettacolo dal vivo con l’organizzazione internazionale. Ho firmato un accordo come art director con l’NBA su questa mostra al servizio di una storia che abbiamo voluto immaginare iniziasse nel 1992 quando per la prima volta gli europei alle Olimpiadi di Barcellona conobbero il dream team di Michael Jordan, Larry Bird, Magic Johnson”.

Dal 1990 al 2015 il basket è cambiato in America e in Europa. Il valore dei giocatori e le regole di gioco sono diverse, ma c’è qualcosa che ha unito i campi: l’idea che questo sport sia uno spettacolo. Scenografia e coreografia, velocità e tecnica sono ancora e sempre più perfetti. “Come regista e attore di teatro metto in scena il basket soprattutto quello nero perché esso è emancipazione, lotta contro il tempo e storia di povertà che diventa ricchezza. Come uomo di teatro ho ideato una mostra in cui il basket è tempo ovvero matematica giocata, geometria atletica”.

L'idea della mostra ha una storia iniziata a New York, come spiega il curatore: “Ho creduto in questa mostra da quando conobbi nella mia amata New York il grande e inimitabile Spike Lee a cui tutto il mondo del basket e soprattutto del cinema deve fare omaggio per essere stato il regista che ha dato luce all’estetica nera, al tema dei diritti civili, al basket come luogo della vita comunitaria da cui trarre valori morali. Ho avuto l’onore di avere Spike mio ospite in Italia e discutere anche di questi temi. Ma quando lo incontrai al Madison Square Garden dopo la partita dei nostri Knicks (la mia seconda squadra del cuore dopo l’Olimpia Milano) capii che le sue inquadrature, la sua tecnica cinematografica avevano colto e scoperto qualcosa del basket che lo sport non aveva capito e che solo l’arte poteva riconoscere e rappresentare. Da questo punto di vista il film He Got Game è e rimane una pietra miliare su questo terreno agonistico”. 

L'arte nel basket è soprattutto nella dimensione del tempo, secondo Finazzer Flory, di quei decimi di secondo che possono fare la differenza e di quella sospensione in cui un salto è un volo. Ma il basket secondo il curatore della mostra rappresenta anche una sorta di modello societario in cui non solo esiste l'integrazione razziale ma il superamento delle differenze. “Infine il basket è verità – conclude il curatore della mostra – Il merito arbitra. Non c’è pareggio e nessuna mediazione: the ball don’t lie”.

 

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