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January 15, 2014
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L’Ucraina al bivio: democrazia o repressione

Marco PontonibyMarco Pontoni
Time: 5 mins read

In Ucraina le proteste iniziate a novembre dopo la decisione del presidente Viktor Yanukovych di interrompere i colloqui con l'Unione europea, non accennano ad esaurirsi. Ne abbiamo parlato con Matteo Cazzulani, esperto delle questioni dell'area e responsabile per i rapporti del Partito Democratico milanese con i Partiti democratici e progressisti nel mondo, che ha recentemente partecipato alla missione a Kiev del vicepresidente del Parlamento europeo, Gianni Pittella.

Autore del libro  "La Democrazia Arancione, Storia dell'Ucraina dall'Indipendenza alle presidenziali 2010" (ed. LibriBianchi), Cazzulani ha invitato le istituzioni europee, dopo le violenze che hanno ridotto in rianimazione il noto dissidente democratico ed ex-ministro dell'Interno Yuri Lutsenko,  ad adottare delle sanzioni nei confronti delle autorità ucraine. 

Cazzulani,  ci aiuta innanzitutto a capire cosa sta succedendo in Ucraina, a 10 anni dalla cosiddetta Rivoluzione arancione? Perché questa accelerazione delle proteste?

In Ucraina assistiamo a una vera e propria reazione alle ripetute violazioni della libertà personale e collettiva degli ucraini dopo quattro anni dall’inizio della Presidenza di Viktor Yanukovych. Durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2010, Yanukovych ha promesso il miglioramento dello standard di vita degli ucraini, ma ha dedicato più di metà del suo mandato unicamente all’eliminazione di quegli oppositori politici che avrebbero potuto insediare la sua rielezione nel 2015. Processi selettivi a carico di un centinaio di esponenti dell’opposizione “arancione” – tra cui la l’ex-premier Yulia Tymoshenko – pressioni su giornalisti indipendenti, brogli durante le amministrative del 2010 e le Parlamentari del 2012, ed accentramento nelle mani del Capo dello Stato dei poteri del Parlamento sono i fatti realizzati da Yanukovych, che hanno portato l’Ucraina dall’essere una democrazia europea sul modello di Polonia e Lituania a divenire una "democratura" come la Bielorussia di Alyaksandar Lukashenka. 

Quale ruolo potrebbe giocare, qualohra il governo decidesse di rilasciarla, la ex presidente Tymoshenko, incarcerata con le accuse di abuso di potere e appropriazione indebita?

Yulia Tymoshenko è senza dubbio il politico ucraino più carismatico, nonché l’unica donna che ha saputo tenere testa agli oligarchi del Paese che finanziano Yanukovych. La condanna che ha subito nell’ottobre del 2011, dopo un processo riconosciuto dagli osservatori internazionali come politicamente motivato, ha reso la Tymoshenko un’icona della democrazia e della libertà nel Paese. Se mai dovesse essere rimessa in libertà, potrebbe giocare un importante ruolo, ma un successo sul piano elettorale non è scontato: in Ucraina c’è una forte richiesta di cambiamento, e la Tymoshenko, insieme ai protagonisti della Rivoluzione arancione, rappresenta oramai il vecchio. 

Quanto pesa la componente nazionalista all'interno del fronte della protesta e in particolare il partito Svoboda ("Libertà"), guidato da Oleh Tiahnybok? La recente manifestazione tenutasi a Kiev  per commemorare la nascita di Stepan Bandera, controverso Eroe della patria, a suo tempo compromesso con il nazismo, ha destato qualche preoccupazione.

Il peso di Svoboda nello schieramento filoeuropeo è minimale, ed è inferiore rispetto a quello ricoperto dal partito  social-cristiano-democratico della Tymoshenko Batkivshchyna e dal partito moderato UDAR dell’ex-pugile Vitaly Klichko. Tuttavia, l’influenza di Svoboda è destinata ad aumentare qualora la protesta – che finora ha mantenuto un carattere nonviolento come ai tempi della Rivoluzione arancione – diventasse più radicale. Svoboda, differentemente dagli altri Partiti dello schieramento filo-europeo, non ha l’Europa in cima alla sua agenda di politica estera, ma odia profondamente polacchi, romeni ed ebrei. Ribadisco, tuttavia, la necessità di non confondere la manifestazione per l’integrazione dell’Ucraina in Europa con Svoboda: sarebbe come definire l’Unione di Prodi del 2006 come la coalizione di Governo di Rifondazione Comunista.

Quali pensa possano essere ora le opzioni possibili per il presidente ucraino  Yanukovych?

Yanukovych vuole portare il suo Paese all’isolamento tra Europa e Russia per potere governare in maniera illiberale il suo feudo privato. Questa strategia ricorda molto quella adottata da Lukashenka in Bielorussia. Tuttavia, proprio come la Bielorussia di Lukashenka, anche l’Ucraina di Yanukovych rischia di finire per essere inglobata nella sfera di influenza della Russia di Putin, che si avvale delle forniture energetiche a Kiev per costringere l’Ucraina ad una progressiva concessione di sovranità a Mosca, fino all’ingresso nell’Unione Doganale Eurasiatica. Questo progetto di integrazione sovranazionale è concepito dal Cremlino per ricreare un nuovo Impero Zarista nello spazio ex-sovietico e, come ha dichiarato a più riprese lo stesso Putin, per indebolire l’Europa in campo internazionale. Ma gli ucraini ben ricordano la schiavitù e la povertà patite nei secoli scorsi a causa dell’imperialismo russo.

Quali misure dovrebbe prendere l'Europa per favorire la transizione alla democrazia? Non c'è il rischio che forti pressioni da parte del Parlamento europeo spingano ancora di più il Paese nelle braccia di Mosca?

L’Ucraina viene spinta tra le braccia di Mosca quando l’Europa non agisce, così come, purtroppo, Bruxelles ha fatto negli ultimi quattro anni, senza protestare per il progressivo smantellamento delle strutture democratiche ereditate dalla Rivoluzione Arancione. In primis, l’Europa deve liberalizzare il regime dei visti per gli ucraini, così da consentire un’immediata integrazione nell’UE di un popolo europeo per storia, cultura e tradizioni. In secondo luogo, occorre l’imposizione di sanzioni personali –blocco dei conti bancari e diniego della concessione dei visti – per quelle autorità ucraine che sono responsabili della violazione della democrazia e dei diritti umani. In quanto all’Italia, dovrebbe diversificare le forniture di gas per diminuire la dipendenza da Algeria e Russia. Bene ha fatto il Governo Letta ad approvare la realizzazione del Gasdotto Trans Adriatico –TAP, concepito per veicolare 10 miliardi di metri cubi di gas dall’Azerbaijan: un’infrastruttura che rende l’Italia l’hub del gas azero in Europa. Ma occorre fare di più. Bisogna realizzare i rigassificatori da troppo tempo programmati per importare nel nostro Paese LNG da Qatar, Norvegia ed Egitto e, sopratutto, lo shale liquefatto dagli USA.

Allargando un po' lo sguardo, non si può non notare un progressivo irrigidimento della Russia, conscia probabilmente della sua forza oggi sullo scacchiere internazionale, già vista all'opera nella crisi siriana, e più ad Oriente il permanere il Cina di posizioni di netta chiusura nei confronti ad esempio delle istanze autonomiste portate avanti dal popolo tibetano, perlopiù in forma pacifica, per non dire delle tensioni nate più di recente con il Giappone. Si profila all'orizzonte una riedizione del famoso "conflitto di civiltà", con protagonista però non tanto l'Islam quanto il blocco eurasiatico da un lato e quello euroamericano dall'altro?

La Russia di Putin mira a costruire, sul piano ideologico, culturale ed economico, un blocco eurasiatico contrapposto all’Occidente – da intendersi come USA e UE – per vendicare la sconfitta subita dall’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. L’unico modo per evitare la ricostituzione di una Russia imperiale è scongiurare l’inglobamento dell’Ucraina nella sfera di influenza di Mosca che, per ragioni storiche, geopolitiche, umane ed energetiche, non può diventare una superpotenza senza avere assoggettato Kiev. L’Ucraina diventa quindi il fulcro della battaglia geopolitica che, oggi, vede una Russia particolarmente aggressiva nei confronti dell’Occidente, come dimostrano i missili Iskander puntati su Berlino, Stoccolma e Varsavia, che Putin ha di recente minacciato di volere dislocare nell’enclave di Kaliningrad, tra la Polonia e la Lituania. Il mantenimento di un’Ucraina libera, democratica, indipendente ed europea è una condicio sine qua non per garantire la sopravvivenza politica del sogno europeo.

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Marco Pontoni

Marco Pontoni

Sono nato in Sudtirolo 50 anni fa, terra di confine, un po' italiana e un po' tedesca. Faccio il giornalista e ho sempre avuto un feeling per la narrazione. Ho realizzato video e reportages sulla cooperazione allo sviluppo in varie parti del mondo. Finalista al Premio Calvino, ho pubblicato il romanzo Music Box e, con lo pesudonimo di Henry J. Ginsberg, la raccolta di racconti Vengo via con te, tradotta negli USA dalla Lighthouse di NYC con il titolo Run Away With Me. Ho da sempre una sconfinata passione per gli autori americani, Lou Reed, l'Africa, la fotografia, i viaggi e camminare.

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