Doveva essere il racconto di una Kiev visitata ufficialmente con la delegazione della Croce Rossa, impegnata a portare soccorso durante gli scontri iniziati il primo dicembre. Il pezzo era anche già pronto, con l'intento di raccontare un paese diviso tra due piazze, due Maydan, che in ucraino è il luogo dove c'è la chiesa del paese, dove la cittadinanza si incontra per parlare, lo spazio comunitario punto di riferimento per eccellenza. Due piazze diventate punto di riferimento delle fazioni politiche che dividono l'Ucraina tra filo-governativi e anti-governativi, europeisti e quelli che guardano a Mosca.
Poi però arriva la notizia dell'inseguimento e del pestaggio di Tetyana Chornovil. E allora quanto meno l'inizio di questo racconto non può che essere dedicato a lei, giornalista “scomoda” che la notte del 24 dicembre è stata speronata da un auto che la inseguiva e poi, mentre cercava di mettersi in salvo, picchiata a sangue da ignoti. Tetyana sapeva di essere in pericolo e per questo aveva una telecamera montata sulla macchina e quel video, che non ha bisogno di alcun commento, sta facendo in questo momento il giro del mondo insieme alle immagini di lei sulla sedia a rotelle e la faccia livida e gonfia.
https://youtube.com/watch?v=JtGEKGL7I_4
Questo 2013 è stato un anno nero per la stampa nel mondo: rapimenti, uccisioni, pestaggi si sono moltiplicati a danno di colleghi che in ogni angolo della terra cercano di fare al meglio il proprio lavoro. E che in troppi casi diventano un obiettivo. E' successo anche a chi scrive un anno fa durante una manifestazione contro la crisi economica in Grecia. I giornalisti sono sempre più visti come qualcosa di scomodo che va silenziato, se non eliminato: un bruttissimo segnale di un mondo dove il rispetto delle convenzioni e dei diritti fondamentali sembra esistere sempre di meno. Un fronte su cui la Comunità internazionale dovrebbe concretamente agire, chiedendo il rispetto incondizionato per i professionisti dell'informazione.
Per capire in quale condizione lavorava Tetyana Chornovil torniamo però alla nostra missione in Ucraina. Quando iniziamo la visita alle attività della Croce Rossa, la temperatura sta lentamente scendendo. Nel pomeriggio i gradi sotto le zero erano quattro. Quando il buio si fa più scuro e la sera inizia, tra le tende delle due Maydan, si vive a meno sette gradi. Le piazze sono presidiate da centinaia di manifestanti e chiuse in ogni lato da barricate fatte di cataste di legna, cassonetti, sacchi di sabbia, macchine, autobus. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, alle immagini del crollo dell'Unione Sovietica, alle rivolte di piazza. I dimostranti si sono auto-organizzati per il cibo, ma anche e soprattutto per riscaldarsi: solo pochi giorni fa la temperatura era scesa fino a 15 gradi sotto lo zero.
L'odore che si sente addosso, nelle narici e sulla pelle è quello acre di brace, legna bruciata, con una grande coltre di fumo che si alza continuamente dalle piazze. Le squadre di volontari della Croce Rossa continuano a muoversi tra i manifestanti, quella che stiamo vivendo è una serata tranquilla, ma qui la situazione può sempre cambiare da un momento all'altro. “Fin dall'inizio abbiamo operato nelle strade per portare soccorso ai feriti e abbiamo cercato il coordinamento con le diverse fazioni – ci spiega un soccorritore – Il nostro ruolo è riconosciuto in mezzo alla gente, ma dobbiamo essere cauti in ogni passo che facciamo”.

La Croce Rossa Internazionale in azione a Kiev (Foto T. Della Longa)
Mentre guardiamo gli occhi delle persone che cercano un po' di calore sotto una coperta o accanto a una stufa d'emergenza, non possiamo non pensare agli interessi internazionali che passano sul suolo ucraino, tra cui ovviamente l'importanza dei gasdotti russi che arrivano in Europa tramite Kiev. Forse quello che sta succedendo da queste parti è una storia che si ripete, una contrapposizione tra Europa occidentale e Europa orientale che oggi è diventata quella tra Unione Europea e Russia. Il Muro di Berlino non esiste più, il mondo è completamente cambiato, ma l'impressione è che da queste parti le divisioni esistano ancora. Quello che resta da capire è se siano interne o, come molte volte tristemente accade, foraggiate dall'esterno.
Twitter: @TDellaLonga
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