I peacekeeper delle Nazioni Unite sono in stato di allerta e pronti a proteggere i civili contro l’avanzata del gruppo ribelle M23.
Nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) i peacekeeper delle Nazioni Unite sono da ieri in stato di massima allerta e pronti a usare la forza per proteggere la popolazione civile contro l’imminente avanzata del gruppo ribelle denominato marzo 23 (M23) che si sta dirigendo verso la città di Goma, nella provincia del North Kivu nel nord-est del Paese.
La Missione ONU di Stabilizzazione in Congo meglio nota con il suo acronimo MONUSCO, ha espresso "profonda preoccupazione" per l'ultimo combattimento scoppiato dopo che un considerevole gruppo di uomini del movimento M23 ha attaccato le forze nazionali (FARDC), il 14 luglio a Mutaho – a otto chilometri a nord ovest di Goma – nella RDC orientale. Secondo la Missione, sono stati utilizzati durante l'attacco artiglieria pesante e persino un carro armato.
"Qualsiasi tentativo di avanzata verso Goma da parte del gruppo M23 sarà considerato una minaccia diretta per i civili", la Missione ha ammonito. Inoltre, i caschi blu delle Nazioni Unite sono pronti a prendere tutte le misure necessarie, incluso l'uso della forza, al fine di proteggere i civili.
Il Rappresentante Speciale del Segretario Generale nel paese, Moustapha Soumaré, ha invitato alla moderazione per evitare un ulteriore aggravamento della situazione.
"Chiedo a tutti di rispettare l'accordo quadro di pace, sicurezza e cooperazione al fine di consentire al processo politico di continuare il suo percorso verso la pace ", ha dichiarato Soumaré, riferendosi al secondo accordo mediato dall’ONU e adottato a febbraio con l'appoggio di 11 nazioni e quattro organizzazioni internazionali (11 +4), con l'obiettivo di porre fine ai conflitti e alla crisi nella RDC orientale e per favorire la pace nella tormentata regione dei Grandi Laghi.
"Esorto tutti i firmatari dell’Accordo Quadro PSC di esercitare la loro influenza al fine di evitare una escalation", ha infine aggiunto il Rappresentante Speciale.
Il Segretario Generale dell'ONU, Ban Ki-moon e Mary Robinson, l'Inviata Speciale delle Nazioni Unite per la regione dei Grandi Laghi in Africa, insieme al Presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim, hanno visitato la Repubblica Democratica del Congo a maggio per sostenere il Quadro PSC che la Robinson ha soprannominato: "Accordo Quadro per la speranza”.
Il mese scorso, si era parlato di una possibile ripresa dei colloqui di pace tra il governo della RDC e il movimento M23. A quel tempo, l’Inviata Speciale aveva esortato entrambe le parti a impegnarsi a discutere seriamente per risolvere tutte le varie questioni spinose, sotto gli auspici del Presidente della Conferenza Internazionale per la Regione dei Grandi Laghi (ICGLR), il Presidente ugandese Yoweri Museveni.
Dal mese di marzo, le tensioni nella regione si sono acuite, tanto da portare il Consiglio di Sicurezza ad autorizzare il dispiegamento di una brigata di intervento all’interno della missione MONUSCO con il compito di effettuare operazioni offensive mirate – con o senza FARDC – contro i gruppi armati che minacciano la pace nella RDC orientale.
Ma chi sono questi ribelli del movimento M23? Per rispondere a questa domanda dobbiamo tornare indietro di un anno. Nel mese di aprile 2012, circa 700 ex soldati del Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (CNDP) si ammutinarono contro il governo della RDC supportato dal contingente di pace della Missione dell’ONU di Stabilizzazione della Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO). Gli ammutinati hanno formato un gruppo di ribelli chiamato il Movimento 23 marzo (M23) – noto anche come l'Esercito Rivoluzionario congolese – presumibilmente sponsorizzato dal governo del Ruanda. Il gruppo è sospettato di violazione dei diritti umani, distruzione di proprietà pubbliche, minacce alla stampa e rapimenti di donne e bambini.
Il 20 novembre 2012, il movimento M23 ha preso il controllo di Goma, capoluogo della provincia del North Kivu, con una popolazione di un milione di persone. Verso la fine di novembre, il conflitto costrinse più di 140.000 persone ad abbandonare le proprie abitazioni, secondo l'agenzia dell’ONU per i rifugiati. Dopo aver respinto un contrattacco del mal organizzato governo del paese e trarne ulteriori guadagni, il movimento M23 accettò di ritirarsi dalla città di Goma di sua spontanea scelta e lasciò la città all'inizio di dicembre. Infine come già detto sopra il 24 febbraio 2013, undici paesi africani assieme a quattro organizzazioni internazionali firmarono un accordo volto a portare la pace nella regione.
Eppure rieccoci ancora una volta allo stesso punto di partenza…