Un inno, quarantatré nomi e il silenzio.
Così si apre la cerimonia di inaugurazione del ponte San Giorgio. Il “Ponte di Genova”, come lo conoscono tutti. Quasi due anni dopo quel 14 agosto 2018 in cui il viadotto crollò, portando via con sé la vita di 43 persone, le istituzioni decretano l’apertura di uno dei più importanti collegamenti stradali del Paese. Sullo sfondo, il ricordo ancora presente e forte delle vittime, delle loro famiglie, del dolore di un’intera città che, in pochi minuti, ha perso la sua spina dorsale. Quella mattina, due anni fa, pioveva a dirotto. Oggi, ad incorniciare l’evento istituzionale, sorge uno splendido arcobaleno.

Il primo a prendere la parola è il sindaco Bucci, che sale sul palco non soltanto in veste di primo cittadino, ma anche di Commissario straordinario per la ricostruzione del ponte. Dà il benvenuto agli ospiti, prende fiato e inizia. “Oggi posso dire che ce l’abbiamo fatta”. Rivolge poi tre pensieri: alle donne e agli uomini che hanno perso la vita, ai cittadini di Genova e a tutti coloro, quasi 1.200, che hanno lavorato per la realizzazione del progetto. A lui si accoda il presidente della Liguria Toti, che pronuncia parole di cordoglio con grande garbo istituzionale.

Come terzo, interviene Renzo Piano, l’architetto al quale era stata assegnata la ricostruzione del ponte. Parla senza leggere, non segue a memoria un discorso preimpostato, ma si lascia soltanto trasportare del sentimento. “Oggi è un giorno di intensa commozione. Questo ponte – dice – è figlio di una tragedia e le tragedie non si dimenticano, restano imprigionate nelle nostre coscienze”. Nei suoi occhi passano i tanti momenti trascorsi ad immaginare e disegnare il progetto. L’idea di un ponte che attraversasse piano piano la valle, passo dopo passo, in silenzio come un grande vascello bianco, quasi chiedendo il permesso. Ricorda la bellezza di quel cantiere e la gioia che ha provato nel portare avanti la costruzione. “Non bisognerebbe costruire i muri, ma i ponti si, sempre”. Si augura infine che la sua creazione venga amata e adottata dalla gente, perché in sé racchiude le due caratteristiche principali di Genova: semplicità e forza. Qualche secondo di silenzio e poi il finale, un “lunga vita al ponte San Giorgio” seguito dagli applausi dell’intera platea.

L’ultimo ad alzarsi in piedi è il Premier Conte, che in un connubio di frasi visivamente potenti e passaggi dal linguaggio formale tipico dei mesi del lockdown, descrive l’evento come un punto di partenza per il Paese. “Genova è la dimostrazione che l’Italia, a differenza di quanto dicano gli stereotipi, sa rialzarsi e ricominciare a correre”. Parla a nome di tutti gli italiani e cerca di far trasparire la solennità e l’importanza del momento. Quando anche lui termina il discorso, un membro della banda composta dai rappresentanti di tutte le principali forze armate suona le note del Silenzio.
Sullo sfondo, sventolano enormi bandiere tricolori. Il presidente Mattarella, che prima della cerimonia aveva incontrato privatamente le famiglie delle vittime sottolineando come “il ricordo dei decessi segna la vita nostra e la vita collettiva della Repubblica. E il sostegno per i familiari e per le loro esigenze e sensibilità è un sostegno sincero”, dopo il taglio del nastro apre ufficialmente al pubblico il Ponte San Giorgio. Accompagnato dall’autista, percorre per primo i 1.182 metri di asfalto. A sorreggerli si ergono 18 piloni ben radicati al suolo e, ai margini della strada, 43 lampioni si elevano fino a dominare il mare, accendendosi ogni notte per non dimenticare le vite che si sono spezzate.

Completate le formalità, il ponte prende ufficialmente vita e da mercoledì 5 agosto sarà di nuovo invaso dal rumore della macchine di turisti e lavoratori.
“Ecco, adesso è vostro”. Così dice Renzo Piano, concludendo il proprio monologo. E ha ragione. Genova, dopo settecento giorni di sofferenza, ha finalmente riacquisito quello scheletro che la mala gestione e le omissioni, come ha ribadito lo stesso Presidente Mattarella, le hanno fatto tragicamente perdere il 14 agosto di due anni fa.