Appena pochi giorni e si scoprirà il futuro di Brittney Griner. La cestista statunitense, arrestata lo scorso 17 febbraio all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca e accusata di contrabbando di droga, giovedì si è dichiarata colpevole davanti al giudice di Khimki, cittadina a una manciata di chilometri dal luogo dove gli agenti doganali russi le hanno sequestrato un paio di capsule contenenti olio di cannabis.
Su suggerimento del suo legale Aleksandr Bojkov, il centro dei Phoenix Mercury e dell’UMMC Ekaterinburg ha ammesso la colpevolezza ma precisato di “non aver avuto alcuna intenzione di commettere un crimine”. Nonostante il corpo del reato sia quantitativamente modesto – 0,7 grammi per la precisione –, la legislazione russa in materia di stupefacenti prevede una pena draconiana per possessori e spacciatori: 10 anni di reclusione, che si tratti di droghe pesanti o di “semplice” olio di cannabis (come nel caso della cestista).
In attesa del verdetto, atteso per la prossima settimana, da Mosca iniziano quindi a rincorrersi le ipotesi sul futuro giudiziario dell’atleta. Le ipotesi in campo sono tre: condanna (assai probabile), assoluzione, o grazia. Il viceministro degli Esteri di Mosca, Sergej Rjabkov, ha dichiarato che il Governo rispetterà la decisione indipendente della corte, ma è disposto a negoziare il destino della giovane texana – perifrasi diplomatica per proporre uno scambio di prigionieri con Washington.
Tra la rosa dei nomi di detenuti russi la cui liberazione potrebbe convincere il Cremlino a rimpatriare Griner, ce n’è uno in particolare che svetta tra i “papabili”. Il nome è quello del 55enne Viktor But, ex comandante militare sovietico di origini tagike, noto ai più con l’appellativo di “mercante della morte“.
Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio del terzo millennio, But è stato infatti uno dei più famigerati e ricercati trafficanti internazionale di armi. Secondo la Casa Bianca, nella sua lunga lista di acquirenti figurerebbero anche al-Qaeda e i talebani afghani, oltre a guerriglieri africani e latinoamericani.

Una clientela estesa e consolidata nel corso degli anni, grazie a un servizio celere ed affidabile (malgrado del tutto illegale) che gli è valso un secondo e più benigno nomignolo, quello di “postino”. A conferire ancora più celebrità al trafficante d’armi ha contribuito inoltre il film del 2005 Lord of War, dove a interpretare il protagonista chiaramente ispirato a But fu la star hollywoodiana Nicolas Cage.
Un decennio di carriera e di spedizioni nei quattro angoli del globo si è però interrotto bruscamente nel 2008, quando But è stato vittima di un’articolata imboscata organizzata dalla Drug Enforcement Administration (DEA) statunitense. Due agenti federali USA, spacciatisi per militanti del gruppo rivoluzionario colombiano FARC, avevano concordato con il criminale russo l’acquisto di 30.000 fucili AK-47, diversi esplosivi al plastico e missili terra-aria. Armi destinate a essere usate contro l’esercito regolare di Bogotá e contro i militari statunitensi dispiegati nel Paese a sostegno del legittimo Governo sudamericano.
Arrestato a Bangkok dalle autorità thailandesi, nel 2010 But è stato estradato negli USA, dove l’anno successivo un tribunale federale di Manhattan lo ha condannato a una pena detentiva di 25 anni. Il supercriminale russo è “ospitato” nel carcere di Marion, in Illinois, dal giugno 2012, e da allora il suo nome è periodicamente riapparso in possibili (ma mai concretizzatisi) scambi di prigionieri.

Stavolta, secondo la stampa russa, potrebbe essere la volta buona. A fare il nome di But è persino l’agenzia di stampa statale TASS, che ha riportato l’inizio di trattative sotterranee tra Mosca e Washington e rispettivi servizi segreti.
Una conferma arriva dall’avvocato di But, il newyorkese Steve Zissou, che ha dichiarato in un’intervista che i funzionari russi ritengono prioritario il rilascio di But, come gli avrebbe recentemente ribadito l’ambasciatore russo a Washington Anatolij Antonov. “La mia impressione è che nessun americano tornerà a casa se Viktor But non viaggerà con loro”, dice Zissou.
Data la gravità dei crimini commessi da But, tuttavia, al momento pare estremamente improbabile che possa essere coinvolto in uno scambio con Griner. A pesare sarebbe inoltre l’opposizione di CIA e FBI. Un ex funzionario della Casa Bianca ha peraltro rivelato come già in passato Mosca avesse richiesto il rilascio del connazionale But, in casi tra l’altro ancora più sensibili rispetto a quello dell’atleta texana. Ma da Washington la risposta è sempre consistita in un secco rifiuto.
Se Mosca non dovesse accettare contropartite, la triste sorte della Griner potrebbe allora davvero essere quella di scontare interamente la sua lunga pena in un’angusta cella moscovita.