Dopo 135 giorni di detenzione cautelare in un’angusta cella alla periferia di Mosca, è iniziato il processo contro la cestista statunitense Brittney Griner, centro dei Phoenix Mercury e della UMMC Ekaterinburg (durante la off-season WNBA).
Per la prima volta dallo scorso 17 febbraio – quando la 31enne stella della WNBA è stata arrestata all’aeroporto Sheremetyevo mentre faceva scalo per tornare negli USA – venerdì sono state formalizzate in aula le accuse che pendono sulla giovane texana.
“Contrabbando di droga“, è il capo d’imputazione suggerito dagli inquirenti al giudice di Khimki, cittadina ad appena una manciata di chilometri dal luogo dove a febbraio le autorità doganali hanno rinvenuto nei bagagli della texana un paio di capsule contenenti olio di cannabis. Non molto – 0,7 grammi per la precisione – ma abbastanza per farla finire al fresco. E per farcela potenzialmente rimanere per i prossimi 10 anni.
In Russia vige infatti una delle legislazioni più draconiane in materia di stupefacenti. L’acquisizione, il possesso, la distribuzione, la produzione e la lavorazione di qualsiasi tipo di droga (leggera o pesante) sono disciplinati dall’articolo 228 del Codice penale. In Russia la norma è scherzosamente nota come “articolo del popolo”, dato che è responsabile di un terzo delle incarcerazioni complessive.
Griner si è presentata in aula poco dopo mezzogiorno (ora locale) indossando una t-shirt di Jimi Hendrix e tenendo in mano un pacchetto di biscotti e una bottiglia di acqua minerale. A controllarla, nella sua gabbia trasparente, diversi agenti di polizia giudiziaria. Dopo essere stata informata dei capi d’imputazione, la 31enne si è limitata a dire di essere a conoscenza delle accuse. Il tribunale ha quindi fissato la prossima udienza a giovedì 7 luglio.
Presenti in aula assieme a lei anche il suo avvocato russo, Aleksandr Bojkov, e tre componenti dell’ambasciata USA a Mosca – tra cui la vice-capo missione Elizabeth Rood. “(Griner) mi ha chiesto di dire che è di buon umore e speranzosa”, ha detto la diplomatica ai reporter, assicurando che il rimpatrio dell’atleta è una “priorità assoluta” per l’amministrazione Biden.
Bojkov ha dichiarato che la sua assistita “è un po’ preoccupata perché il processo e la sentenza sono imminenti.” “È una donna tosta, però. Credo che ce la farà”, ha aggiunto. La detenuta è stata poi scortata alla sua cella, condivisa con altre due anglofone, anch’esse al fresco per reati legati alla droga.
Casa Bianca, Dipartimento di Stato e Congresso stanno lavorando alacremente da settimane per riportare a casa la giovane donna, anche attraverso uno scambio di prigionieri. Il sequestro della 31enne atleta texana è avvenuto infatti una settimana prima che le truppe di Mosca invadessero l’Ucraina, negli stessi giorni in cui Biden minacciava durissime sanzioni da parte dell’Occidente in caso di attacco contro Kyiv (materializzatosi di lì a poco). Secondo Washington, il Cremlino potrebbe aver voluto portarsi avanti per un eventuale scambio di prigionieri.
A smentire che la prigionia sia politicamente motivata è stato però il Cremlino stesso, che attraverso il portavoce di Putin, Dmitrj Peskov, ha dichiarato: “I fatti mostrano che la celebre atleta è stata arrestata con droghe illecite, per le quali la legislazione russa prevede pene specifiche su cui può esprimersi solo il giudice”.