“Siamo all’inizio di una nuova era”. È comprensibilmente enfatico il presidente finlandese Sauli Niinistö, dopo aver formalizzato la candidatura di Helsinki ad entrare nella NATO. Qualche ora più tardi, in Svezia, il Partito social-democratico di governo ha scritto un altro capitolo storico: anche Stoccolma si appresta a formalizzare la sua domanda di adesione all’Alleanza Atlantica, come è stato comunicato lunedì dalla premier Magdalena Andersson.
L’aggressione militare russa dell’Ucraina ha convinto gli esecutivi e le opinioni pubbliche dei due Paesi dell’opportunità di entrare nell’Alleanza, correndo ai ripari contro il paventato espansionismo russo.
Che si tratti di decisioni epocali lo dimostra la storia stessa: la Finlandia abbandona la sua neutralità militare dopo quasi un secolo, ossia dall’indomani della sconfitta nella Guerra d’inverno combattuta nel 1939 proprio contro Mosca – che in quel conflitto privò la Finlandia di circa il 10% del suo territorio. Ha radici ancora più profonde la politica di non-allineamento della Svezia: l’ultima guerra combattuta da Stoccolma risale al 1815, il nemico era un tale Napoleone Bonaparte e in Russia regnava lo zar pietroburghese Alessandro I.

Più di due secoli dopo, lo scettro metaforico di zar è ancora in mano a un pietroburghese, Vladimir Putin. Alcuni si chiedono chissà ancora per quanto, dato che il capo di Stato russo sembrerebbe avere un cancro al sangue, o almeno è ciò che sostiene un anonimo oligarca vicino al Cremlino. Speculazioni impossibili da verificare, talvolta alimentate dalla propaganda ucraina e/o da quella russa, in quest’ultimo caso per dare l’impressione all’Occidente di star trattando con un “cavallo pazzo” pronto a rischiare il tutto per tutto in caso di affronti.
E quella del plausibile ingresso di Svezia e Finlandia nella NATO è forse la madre di tutti gli affronti per Mosca, che si ritroverebbe una nuova cortina di ferro a una manciata di km da San Pietroburgo. Finora il Cremlino ha mantenuto una postura sibillina riguardo alle decisioni dei due Paesi scandinavi. Putin ha chiarito che la risposta di Mosca dipenderà dalle modalità concrete di avvicinamento della NATO ai confini russi (ossia se verrano schierati missili e uomini NATO). Per non farsi cogliere impreparato, il presidente avrebbe già ordinato il rafforzamento il fianco ovest della Federazione.
In una conversazione telefonica con l’omologo Niinistö, lo stesso Putin ha parlato di scelta di campo che “potrebbe influenzare negativamente le relazioni russo-finlandesi”. Franca la risposta del capo di Stato di Helsinki: “Ci assumeremo le nostre responsabilità”, pur continuando ad affrontare “in maniera professionale” le questioni riguardanti il confine di circa 1.400 km che divide i due Stati.
Non è stata particolarmente chiaritrice nemmeno la successiva dichiarazione del viceministro degli Esteri russo Sergej Rjavbkov: “(Svezia, Finlandia, NATO e USA) non dovrebbero farsi illusioni che tollereremo tutto ciò”, ha detto Rjavbkov secondo RIA Novosti. “Il livello generale di tensione militare aumenterà e la prevedibilità in questa sfera diminuirà”, ha aggiunto.

Secondo una fonte anonima, ritenuta vicina alle stanze dei bottoni russe, la reazione più immediata potrebbe essere il trasferimento di arsenale nucleare nella regione di Kaliningrad, l’enclave russa nel cuore dell’Europa centrale confinante con Polonia e Stati baltici (tutti membri della NATO).
Ma le grane per Mosca potrebbero essere appena all’inizio. Vorrebbe accelerare infatti il processo di adesione alla NATO anche la Georgia – che nel 2008 ha subito una cocente disfatta da parte delle truppe russe nell’Ossezia del Sud. E proprio il Governo della regione separatista filorussa ha indetto per il prossimo 17 luglio un referendum per l’annessione formale a Mosca, in una mossa destinata ad aumentare vertiginosamente l’escalation tra Russia e Occidente anche nell’area caucasica.
Le sirene belliche sono arrivate fino in Svizzera, che due mesi fa ha abbandonato la millenaria tradizione di neutralità unendosi alle sanzioni economiche occidentali contro la Russia, e che ora starebbe addirittura sondando le acque per un futuro ingresso nell’Alleanza Atlantica.

Chi si frega le mani intanto è il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg. Il capo dell’Alleanza ha detto di augurarsi una vittoria militare ucraina, nelle stesse ore in cui le truppe di Kyiv avrebbero riconquistato la città orientale di Charkiv e persino raggiunto il confine russo. Stoltenberg conta di approvare rapidamente la domanda di adesione di Svezia e Finlandia. A quel punto, però, toccherà a ciascuno dei 30 parlamenti degli Stati membri della NATO ratificare singolarmente la decisione.
L’assemblea che si prospetta più ostica è quella di Ankara – dominata dall’AKP del presidente Recep Tayyip Erdoğan. Venerdì scorso il leader turco ha infatti espresso la sua contrarietà all’adesione dei due Paesi scandinavi. Alla base del “veto”, per ora solo verbale, ci sarebbe il supporto politico che Finlandia e Svezia hanno fornito ai guerriglieri curdi e del PKK, che la Turchia considera terroristi. Il presidente turco lo ha ribadito lunedì: la Turchia “non cederà” sull’ingresso di Svezia e Finlandia per non ripetere “l’errore” fatto con la Grecia nel 1980.
Il segretario di Stato USA, Antony Blinken, si è però detto certo che i Paesi NATO agiranno all’unanimità. La convinzione di molti diplomatici statunitensi è che i mugugni di Erdoğan non siano scogli insuperabili, ma piuttosto una strategia per ottenere concessioni. Ad esempio lo sblocco della vendita di F-35 ad Ankara, interrotta dal Pentagono nel 2019 in ritorsione per la decisione turca di acquistare sistemi di difesa aerea di produzione russa (gli S-400). La questione verrà discussa di persona a New York alla fine di questa settimana, a margine di un incontro straordinario del Consiglio di Sicurezza ONU.