Dopo giorni di inasprimento delle tensioni militari tra Russia e Occidente, martedì le parti coinvolte nella crisi ucraina sembrano aver deciso di dare una possibilità alla diplomazia.
Poche ore prima che il presidente russo Vladimir Putin incontrasse al Gran Palazzo del Cremlino il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il ministero della Difesa di Mosca annunciava infatti il ritiro di una parte delle truppe russe stazionate in prossimità del confine ucraino.
In una conferenza stampa successiva al vertice con Putin, Scholz ha applaudito la mossa, giudicandola “un buon segno” e auspicandosi che “ce ne saranno altri” in vista di una de-escalation duratura. La posizione di NATO, Stati Uniti e Ucraina è stata invece improntata alla cautela, preferendo verificare che l’annuncio del ritiro sia suffragato da rilevazioni sul campo e che non sia una semplice tattica mediatica.
Durante la conferenza stampa congiunta, il capo del Governo tedesco si è detto convinto che le opzioni diplomatiche per risolvere la crisi tra Occidente e Mosca siano “lontane dall’essere esaurite”, e che “una sicurezza duratura può essere raggiunta solo con la Russia, non contro di essa”.
Nelle prime battute dell’incontro (trasmesse dalla TV russa), Scholz aveva inoltre elogiato i legami commerciali tra Germania e Russia, non esprimendosi però sul futuro del controverso gasdotto Nord Stream 2, che fa arrivare gas naturale russo in Germania oltrepassando l’Ucraina – ed è perciò avversato da Washington.
I made it clear to President #Putin in Moscow that we Germans and Europeans can only achieve sustainable security with and not against Russia. Courageous action is needed from us all. We have an imperative duty to work for peace.
— Bundeskanzler Olaf Scholz (@Bundeskanzler) February 15, 2022
“Non vogliamo una guerra in Europa,” ha ribadito quindi Putin, lamentandosi però del costante rifiuto di Stati Uniti e NATO di prendere in considerazione le richieste russe. In particolare, il Cremlino chiede con insistenza che l’Alleanza Atlantica impedisca formalmente a Ucraina (e Georgia) di fare il proprio ingresso nella NATO nel prossimo futuro, e che l’Alleanza ritiri truppe e armi dall’intero territorio est-europeo e torni così alla sua estensione del 1997.
Nonostante la differenza di vedute, il capo del Cremlino ha dato la disponibilità russa ad intavolare un dibattito costruttivo con i colleghi occidentali in merito ad altre questioni, che comprendono la riduzione del numero di missili a raggio intermedio in Europa e una maggiore trasparenza delle esercitazioni militari. Ma ciò può avvenire, secondo il presidente russo, solo se l’Occidente inizierà a prestare ascolto alle esigenze di Mosca.
L’incontro tra Putin e Scholz si è svolto tra la tarda mattinata e il primo pomeriggio (ora locale moscovita). I due hanno dialogato a distanza di sicurezza per motivi di precauzione sanitaria, sedendo agli estremi opposti di un tavolo lungo sei metri. Analogamente a quanto fatto qualche giorno fa dal presidente francese Macron, anche Scholz si è rifiutato di sottoporsi a un test molecolare russo al suo arrivo. Il tedesco ha chiesto che il tampone gli venisse somministrato da un medico dell’ambasciata tedesca a Mosca.
La Duma chiede di riconoscere le repubbliche separatiste filo-russe
Intanto, sempre martedì mattina la Duma di Stato di Mosca ha adottato una risoluzione che chiede al presidente Putin di accelerare il processo di riconoscimento delle repubbliche separatiste filo-russe di Doneck e Luhans’k, ritenute dal Governo di Kiev parte del territorio sovrano ucraino.
La decisione, approvata a larghissima maggioranza (351 voti a favore, 16 contrari, un astenuto), fa arrivare direttamente sulla scrivania del capo dello Stato la proposta di riconoscere le entità secessioniste nel Donbass come “Stati indipendenti e sovrani”, come già richiesto dalla stessa Duma lo scorso 19 gennaio.
La camera bassa ha contestualmente bocciato una proposta speculare presentata da alcuni deputati del partito di maggioranza, Russia Unita (Edinaja Rossija). Quest’ultima chiedeva che la mozione venisse prima inviata al ministero degli Esteri, e solo in un (eventuale) secondo momento al capo dello Stato. In ogni caso, il riconoscimento delle due repubbliche separatiste rimane una competenza costituzionale esclusiva del presidente, che la Duma può semplicemente limitarsi a consigliare.
Poco dopo il colloquio con Scholz, Putin in persona ha affrontato l’argomento, affermando che “la stragrande maggioranza” dei russi “simpatizza con i residenti del Donbass, li sostiene e spera che la situazione lì cambierà radicalmente in meglio per loro”, senza però chiarire se il Cremlino abbia intenzione di procedere o meno col riconoscimento.
Today’s Duma vote on the “LPR/DPR” is yet another odious attempt to violate Ukraine’s sovereignty and a clear violation of the Minsk agreements, which commit signatories to reintegrate these regions. We #StandwithUkraine
— U.S. Embassy Kyiv (@USEmbassyKyiv) February 15, 2022
Dura la reazione dell’ambasciata statunitense in Ucraina: “Il voto di oggi della Duma (…) è un altro odioso tentativo di violare la sovranità dell’Ucraina e una chiara violazione degli accordi di Minsk, che impegnano i firmatari a reintegrare queste regioni.” È quanto si legge in un tweet pubblicato dal profilo ufficiale della rappresentanza diplomatica, che da questa settimana ha abbandonato in via precauzionale la capitale Kiev e si è trasferita temporaneamente nella città occidentale di Leopoli.