Sono ore concitate per le cancellerie diplomatiche occidentali nel tentativo di trovare una soluzione alla crisi ucraina e smorzare i timori di invasione russa. Oggi il presidente francese Emmanuel Macron si è recato a Mosca per parlare con l’omologo russo Vladimir Putin, in un incontro definito “molto importante” dal portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov.
Nel corso del vertice bilaterale, i due capi di Stato si sono concentrati sulle richieste avanzate da Mosca per avviare una de-escalation: garanzie giuridiche vincolanti da parte dell’Occidente sul divieto d’ingresso dell’Ucraina e altri Stati ex-sovietici nella NATO (soprattutto la Georgia), nonché l’indietreggiamento dell’Alleanza Atlantica ai suoi confini pre-1997 in relazione a contingenti e sistemi difensivi stabili.
“Mi rendo conto che condividiamo la preoccupazione per quello che sta succedendo in Europa nel campo della sicurezza”, ha detto Putin a Macron, seduto al capo opposto del lungo tavolo durante l’incontro. Il presidente russo ha inoltre detto di apprezzare gli sforzi dell’Eliseo nel raggiungimento di un compromesso che abbia al centro “una sicurezza equa in Europa”.
Macron ha ribadito che “il dialogo (è) l’unica cosa che aiuterà (…) a costruire un contesto di sicurezza e stabilità nel continente europeo”, affermando comunque la disponibilità della Francia ad “iniziare a sviluppare una risposta efficace”, come riportato dall’Associated Press.

Poche ore prima di incontrare il suo parigrado nelle stanze del Gran Palazzo del Cremlino moscovita, il leader transalpino aveva rilasciato un’intervista al Journal du dimanche preannunciando il contenuto della sua argomentazione con il russo: da una parte, il fermo sostegno alla sovranità e alla sicurezza di Kiev, dall’altra l’ascolto e la comprensione delle preoccupazioni russe sull’avanzamento della NATO. “Possiamo prevenire qualcosa nel breve termine (ma) non credo in miracoli spontanei”, ha aggiunto Macron. Gli ha fatto quindi eco il Cremlino attraverso Peskov: “La situazione è troppo complessa per potersi aspettare una risoluzione dopo appena un incontro”.
Domani il presidente francese farà visita all’omologo ucraino Volodymyr Zelens’kyj a Kiev.

Nelle stesse ore in cui Macron viaggiava da ovest (Parigi) a est (Mosca), per gli stessi motivi il cancelliere tedesco Olaf Scholz faceva invece il viaggio opposto: da est (Berlino) a ovest (Washington). Il neo-capo del Governo socialista ha infatti incontrato il presidente statunitense Joe Biden alla Casa Bianca nel pomeriggio americano.
Al centro del tavolo del summit bilaterale c’è stata la posizione di Berlino nella crisi ucraina, da alcuni osservatori giudicata fin troppo timorosa di esporsi contro Mosca. A pesare sulla “tiepidità” tedesca nei confronti del Cremlino sono soprattutto i rapporti commerciali tra Berlino e Mosca, e in particolare quelli energetici. E c’è il “gasdotto della discordia”, Nord Stream 2, la mega-infrastruttura che rifornisce la Germania di gas naturale russo scavalcando (e privando dei relativi proventi di passaggio) l’Ucraina. Non a caso la ferma opposizione al Nord Stream 2 è stato uno dei pochi punti fermi comuni delle politiche estere di Trump, prima, e di Biden – entrambi ritenendo il Nord Stream seme di zizzania russa in seno all’alleanza tra le due sponte dell’Atlantico e cercando di trovare canali alternativi per rifornire l’Europa.
Nonostante la necessità di mantenere un canale privilegiato Mosca-Berlino, l’esecutivo di Scholz vuole comunque dimostrare di essere un partner affidabile agli occhi di Washington. Per questi motivi la ministra della Difesa tedesca Christine Lambrecht ha annunciato che circa 350 soldati tedeschi verranno stanziati in Lituania come parte di un’unità NATO a difesa dei confini orientali dell’Alleanza. Obiettivo: “mandare ai nostri alleati un segnale di unità molto chiaro”, ha detto la ministra socialista.
Il cancelliere tedesco completerà il suo tour diplomatico visitando Kiev e Mosca la settimana prossima, rispettivamente il 14 e 15 febbraio.

Al momento, la NATO può contare su quattro unità di combattimento multinazionali per un totale di circa 5.000 truppe sparse tra Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia. Non in Ucraina, dove tanto l’Alleanza quanto Washington hanno ribadito di non voler intervenire militarmente in quanto Stato terzo. Ben più alto il numero di truppe russe nella fascia geografica tra confine russo-ucraino e confine bielorusso-ucraino: l’intelligence Usa stima che il numero di effettivi russi potenzialmente pronti a invadere si aggiri sui 150.000.
In un incontro a porte chiuse con alcuni parlamentari tenutosi tra il 2 e il 3 febbraio, il generale Mark Milley, Capo dello stato maggiore congiunto statunitense, avrebbe avvertito della possibilità che i russi prendano Kiev nel giro di 3 giorni. Nel worst-case scenario, Milley avrebbe inoltre previsto un bilancio catastrofico: 80mila morti tra ucraini e russi, oltre a milioni di profughi ucraini in fuga verso l’Europa occidentale.
Ciononostante, il Governo di Kiev ha chiesto a Washington di non dare adito ad allarmismi (pur ringraziando Washington per l’aiuto finanziario e militare), ritenendo la prospettiva di un attacco russo verosimile nel prossimo futuro, ma non immediata.