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Crisi ucraina, l’accusa di Putin contro Usa e Nato: “Ignorano le nostre richieste”

Il presidente russo incontra l'ungherese Orbán e punta il dito contro Washington, ma si dice pronto al dialogo. Intanto Biden manda 2.000 truppe in Est Europa

Gennaro MansibyGennaro Mansi
Crisi ucraina, l’accusa di Putin contro Usa e Nato: “Ignorano le nostre richieste”

News conference following Russian-Hungarian talks on February 1 (Kremlin.ru)

Time: 3 mins read

Il presidente russo Vladimir Putin ha accusato gli Stati Uniti e la NATO di stare ignorando le richieste russe in merito alla crisi ucraina, pur ribadendo che la posizione di Mosca è improntata al dialogo per avviare una de-escalation con il proprio vicino occidentale.

A margine del vertice tra Putin e il primo ministro ungherese Viktor Orbán, tenutosi martedì a Mosca, il capo di Stato russo ha espresso insoddisfazione per le risposte scritte fornite dall’Occidente alle richieste del Cremlino, lamentando la scarsa attenzione per le esigenze di sicurezza di Mosca. In particolare, la Russia chiede garanzie giuridiche vincolanti sul divieto d’ingresso di Kiev e altre capitali ex-sovietiche nella NATO, oltre all’indietreggiamento dell’Alleanza ai suoi confini pre-1997.

Ciononostante, Putin ha aggiunto che la sua amministrazione sta ancora studiando in dettaglio i documenti inviati da Washington e Bruxelles.

Nella giornata di mercoledì, intanto, il presidente Joe Biden ha autorizzato l’invio di circa 2.000 truppe statunitensi in Polonia e Germania, mentre altri 1.000 saranno dislocati dalla Germania alla Romania. La misura è intesa a rassicurare gli alleati NATO est-europei di Washington del solido supporto statunitense in caso di incursioni russe in Est Europa. La Casa Bianca ha comunque messo in chiaro che nessun soldato statunitense metterà piede in Ucraina (che non fa parte della NATO) in caso di guerra.

NATO Secretary General Jens Stoltenberg speaks during a NATO Foreign Ministers meeting – ANSA/EPA/Francisco Seco /POOL

Secondo la risposta occidentale, una parte della quale è trapelata sul quotidiano spagnolo El País, USA e NATO sono fermamente contrarie a sottoscrivere un trattato bilaterale sulla sicurezza europea con la Russia e a chiudere definitivamente le porte della NATO all’Ucraina. Al contrario, la proposta atlantica è quella di negoziare accordi di disarmo e altre misure di confidence building in seno a OSCE, dialogo strategico di stabilità USA-Russia e Consiglio NATO-Russia.

Gli Stati Uniti, si legge, sono pronti a discutere le restrizioni sul dispiegamento di missili a raggio intermedio e corto in Europa orientale nonché il divieto di schierare missili e contingente militare permanente sul territorio ucraino, ma a condizione che Mosca fornisca garanzie analoghe. In ogni caso, non ci sarà alcun passo avanti se Mosca non dimostrerà coi fatti di volere una de-escalation, e quindi ritiri almeno una parte delle circa 100.000 truppe ammassate al confine con l’Ucraina.

Secondo Putin, la prospettiva di un accesso formale dell’Ucraina nella principale alleanza militare occidentale rischierebbe di mettere a repentaglio non solo la sicurezza russa, ma quella globale. Il presidente russo ha chiesto di immaginare cosa potrebbe succedere se, potendo contare sul sostegno NATO, il Governo di Kiev lanciasse una campagna militare per riconquistare la Crimea o assediare il Donbass. “Dovremmo combattere la NATO? Ci ha pensato qualcuno?” ha detto Putin.

“Dobbiamo trovare una strada per mettere al sicuro gli interessi e la sicurezza di tutte le parti, comprese l’Ucraina, le nazioni europee e la Russia”. Tanto Putin quanto il suo ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, insistono sul concetto di indivisibilità della sicurezza – secondo il quale nessun Paese si può rafforzare a detrimento di altri. La diplomazia moscovita ritiene che tale principio sia stato sancito in tale accezione dall’OSCE, e quindi dalla maggioranza degli Stati occidentali, in almeno due occasioni (1999 e 2010).

Prime Minister of Hungary Viktor Orban at the Kremlin on February 1 (Kremlin.ru)

Nel corso del bilaterale con il premier ungherese si è parlato anche di affari: Orbán ha chiesto a Putin (e a Gazprom) un’estensione temporale delle forniture di gas naturale verso Budapest a fronte dell’impennata dei prezzi dell’energia in Europa. In merito alla questione ucraina, la posizione del Governo nazionalista ungherese è delicata: da un lato, Orbán è il primo leader occidentale ad incontrare di persona Putin dall’inizio della crisi, e Budapest è tra i principali fautori di un approccio più collaborativo con il Cremlino in seno all’UE. Dall’altro, se la NATO acconsentisse alle richieste russe e indietreggiasse realmente ai suoi confini pre-1997, l’Ungheria si ritroverebbe fuori dalla sfera di protezione dell’Alleanza, e quindi con una minaccia geopolitica (potenziale) in più.

A Mosca, peraltro, nei prossimi giorni potrebbe arrivare anche il presidente francese Emmanuel Macron, che lunedì aveva dialogato a telefono proprio con Putin e sta cercando di ritagliarsi il ruolo di interlocutore europeo autonomo del Cremlino nella risoluzione della crisi.

Intanto, lunedì ha fatto il suo arrivo a Kiev il primo ministro britannico Boris Johnson, che nel corso del vertice con il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha riaffermato il sostegno di Londra alla difesa di Kiev. “Vogliamo il dialogo“, ha detto Johnson. “Ma abbiamo le sanzioni già pronte”.

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Gennaro Mansi

Gennaro Mansi

Originario di Battipaglia, nel salernitano, Gennaro scrive di politica e affari internazionali per La Voce di New York. Si è laureato in diritto comparato all'Università di Bologna e ha studiato presso la Scuola Superiore di Economia di Mosca. Scrive regolarmente di politica russa per Osservatorio Russia e Filodiritto. Attratto visceralmente da New York, è stato soprannominato 'Urban Cowboy' Born in southwestern Italy, Gennaro is an analyst of international affairs with a background in comparative constitutionalism. Since completing his legal studies at Bologna and Moscow's HSE universities, he has been writing about Russian politics for a variety of publications. He regards NYC to be his natural habitat and has been thus nicknamed 'Urban Cowboy'.

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