Spesso, per comprendere l’efficacia delle politiche adottate dai governi, bastano i “numeri”.
Tra i temi più controversi gli effetti dei flussi migratori attraverso le frontiere (in particolare in Europa e negli USA). Ebbene, i dati appena pubblicati dal governo USA relativi al censimento 2020 dimostrano che molte delle politiche adottate non solo non sono servite a nulla, anzi, al contrario, hanno prodotto effetti opposti a quelli sperati.
“Siamo entusiasti di raggiungere questo traguardo di fornire le prime statistiche dettagliate del censimento 2020”, ha dichiarato Ron Jarmin, direttore facente funzione del Census Bureau. “Apprezziamo la pazienza del pubblico mentre il personale del Census Bureau lavorava diligentemente per elaborare questi dati e garantire che soddisfacessero i nostri standard di qualità”.
I numeri dell’ultimo censimento, confrontati con quelli del 2010, mostrano notevoli cambiamenti. Prima di tutto in termini di razza ed etnia: “La popolazione statunitense è molto più multirazziale e molto più etnicamente diversificata di quanto abbiamo misurato in passato”, ha dichiarato Nicholas Jones, consulente senior per la ricerca e la sensibilizzazione in materia di razza ed etnia del Census Bureau. Questo risultato è stato reso possibile dall’utilizzo, per il censimento 2020, di domande separate per l’origine ispanica o latina e per la razza (grazie all’adozione – finalmente – degli standard stabiliti dall’Office of Management and Budget, OMB, degli Stati Uniti nel 1997). Questo ha consentito di avere una visione più nitida anche del modo di auto-identificarsi delle persone.
“Abbiamo modificato il modo in cui vengono misurate razza e etnia delle persone”, ha detto Jones. Il Census Bureau ha utilizzato diverse misure per analizzare la diversità razziale ed etnica del paese. Particolrmente importante il Diversity Index (DI) per misurare la probabilità che due persone scelte a caso provengono da diversi gruppi razziali ed etnici. Il DI è un coefficiente compreso tra 0 e 1. Un valore pari a 0 indica che tutti nella popolazione hanno le stesse caratteristiche razziali ed etniche. Un valore vicino a 1 indica che quasi tutti nella popolazione hanno caratteristiche razziali ed etniche diverse. Il DI indica la possibilità che due persone scelte a caso provengono da diversi gruppi razziali ed etnici. Ebbene, applicando questo sistema ai dati dell’ultimo censimento, la possibilità che due persone scelte a caso provengono da diversi gruppi razziali o etnici è cresciuta dal 54,9% del 2010 al 61,1% nel 2020.
I risultati appena diffusi mostrano differenze nelle distribuzioni razziali complessive “in gran parte dovute a cambiamenti demografici negli ultimi 10 anni”. In altre parole, tutte le misure adottate dal governo Trump, i respingimenti forzati e i muri lungo il confine con il Messico, non sono serviti a nulla. Certamente non a limitare la crescita della popolazione ispanica negli USA.
Se da un lato, è vero che la popolazione “bianca” rimane il gruppo più numeroso come razza o etnia negli Stati Uniti (con 204,3 milioni di persone che si identificano come “bianche”), dall’altro, questo dato mostra un calo rilevante: è diminuito dell’8,6% nell’ultimo decennio. Al contrario, la popolazione multirazziale è cresciuta. E non poco: dai 9 milioni di persone del 2010, nel 2020 avrebbe raggiunto i 33,8 milioni, un aumento del 276%!
Negli USA è in atto un cambiamento radicale: il secondo gruppo etnico rilevato dal censimento è “Some Other Race” (“qualche altra razza”), con 49,9 milioni di individui e un aumento del 129%. Un numero che porta questo gruppo a superare anche la popolazione nera o afroamericana (46,9 milioni). In crescita sono anche gli asiatici, gli indiani americani, i nativi dell’Alaska, i nativi hawaiani e gli altri isolani del Pacifico da soli o in gruppo combinato.
Interessante anche la distribuzione territoriale del cambiamento. In generale, gli stati con i punteggi DI più alti si trovano a Ovest (Hawaii, che ha fonrito il punteggio DI più alto – 76% -, California e Nevada), al Sud (Maryland e Texas; insieme al Distretto di Columbia) e a Nord-Est (New York e New Jersey). Rispetto a un decennio fa, è stato notato anche un aumento conseiderevole della popolazione che vive in aree metropolitane degli Stati Uniti: è cresciuta del 9% dal 2010 al 2020, oggi l’86% degli statunitensi vive in grandi città.
Altro dato interessante quello relativo all’età media degli americani “born in the USA”. Nonostante i cambiamenti etnici e razziali, la porzione di popolazione adulta (dai 18 anni in su) è aumentata del 10,1%, nell’ultimo decennio. “Più di tre quarti, il 77,9%, della popolazione statunitense ha dai 18 anni in su”, ha sottolineato Andrew Roberts, capo del Sex and Age Statistics Branch nella Divisione Popolazione del Census Bureau. “La popolazione adulta cresce più velocemente della nazione nel suo complesso. In confronto, la popolazione al di sotto dei 18 anni, 73,1 milioni nel 2020, mostra un calo dell’1,4% rispetto al censimento del 2010”. un dato, quello realtivo alla percentula di popoplazione giovane, che mostra un trend decrescente preoccupante. La popolazione adulta degli Stati Uniti è cresciuta più velocemente della popolazione totale della nazione dal 2010 al 2020.
Una popolazione più multirazziale, ma anche più anziana che in passato. Dati non secondari e che non potranno non avere conseguenze rilevanti sulle scelte politiche dei prossimi anni.
Anzi, pare che questi cambiamenti siano già cominciati. Secondo molti analisti, basandosi sui dati appena pubblicati, i legislatori americani avrebbero già iniziato a rimodulare i 435 distretti della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti e i distretti statali e legislativi. Una scelta che potrebbe alterare non poco gli equilibri tra democratici e repubblicani: le nuove “mappe” potrebbero “diluire” o “rafforzare” la voce politica degli elettori e di minoranze in crescita demografica negli Stati Uniti.
Cambiamenti che potrebbero far cambiare i “numeri” del paese.